Il difficilissimo mestiere del fotoreporter

Articolo di Franco Lannino

Facile dire oggi “faccio fotogiornalismo”. Con lo smartphone se ti trovi al momento giusto e al posto giusto puoi fare una bella foto di cronaca. L’incidente stradale, il fulmine che si abbatte su di un monumento, i panorami con la sabbia del sahara su Palermo, più raramente uno scatto di una rapina o di un arresto in diretta di un furfante.

Ma che ne sapete voi del fotogiornalismo pionieristico? Quello che vedete a destra in fotografia è il boss mafioso Gaetano “Tano” Badalamenti da Cinisi. Si colui che ordinò l’uccisione di Peppino Impastato nel 1978 cercando di farlo passare per un’ incidente occorso ad un comunista – terrorista che stava piazzando una bomba sulla linea ferrata Palermo Trapani.

Chi ha scattato la foto fu Nino Sgroi, un fotoreporter di “razza”, il mio Maestro di fotografia di cronaca. Era il 1971 e da poco era stato assassinato il magistrato Pietro Scaglione che morì sotto i colpi di killer mafiosi del clan dei corleonesi poco tempo prima in via dei Cipressi a Palermo assieme al suo autista, l’agente Antonio Lorusso. Era uso a quei tempi, non trovando tracce certe per risalire del killer durante le indagini, “acchiappare” a caso una ventina di boss mafiosi conclamati e obbigarli al confino in isole allora sconosciute e sperdute nel mediterraneo. In questo caso Tano Badalamenti (Tano seduto, come lo apostrofava dalla sua Radio

Aut Peppino Impastato), fu mandato in esilio a Linosa, nelle isole Pelagie. Nino fu mandato dall’Ansa a documentare questo fatto. Pensateci un attimo: il fotoreporter in questione prende il suo apparecchio fotografico – parliamo di anni settanta, una macchina fotografica vistosa con pellicole e pochi scatti sul “caricatore” – sale sulla nave assieme ai boss ed ai loro accompagnatori mescolandosi coi normali passegeri di quel vaporetto. Approda sull’isola assieme ai boss, fa finta di nulla, sfodera l’apparecchio fotografico e documenta quel che può. Lo vedete chiaramente in questa foto dove Badalamenti che è accompagnato dal figlio Vito che gli porta le valige, è infastidito dal fotografo. Ma Nino deva fare il suo dovere, deve portare a casa il “porco” (la foto, il servizio). E la notte dorme accampato come può nell’isola per l’indomani all’alba salire sul primo vaporetto disponibile e tornare a Palemo, in sede, dove poi ha dovuto sviluppare le pellicole e stampare le fotografie per trasmetterle con il belinografo alle redazioni dei giornali.

Ecco, provateci voi a fare i fotoreporter in queste condizioni!

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