Guido Ceronetti e Flavia Biondi, dov’è la poesia?

Articolo di Gordiano Lupi

Provo a leggere Guido Ceronetti, ché tutti mi dicono leggilo è originale, vedrai scopri la vera poesia, ecco leggendolo capita che mi chieda, pagina dopo pagina, chi mai decida fuor da ogni dubbio che cosa sia vera letteratura. Guido Ceronetti non lo capisco, e quando leggo voglio capire, dopo venti pagine lo chiudo, abbandonando assurde astruserie, incomprensibile persino quando scrive una prefazione a se stesso, il massimo della boria; un’esperienza simile m’è capitata tempo fa leggendo Alessandro Piperno, pure lui premio Strega, autore da leggere e compagnia cantante, infatti ho dato una volta, poi ho smesso. Per fortuna ho con me anche un libro più leggero, un graphic-novel di Flavia Biondi, una ragazza di Castelfiorentino (luogo a me caro per partite di calcio del passato), toscana come me, solo (buon per lei) molto più giovane; un’intensa storia di partenze e ritorni, incomprensioni familiari, ricongiungimenti dopo tanta assenza, sentimenti che si modificano nel tempo. Ecco, in quel fumetto scopro la poesia, altro che Guido Ceronetti con le sue insolite parvenze di versi spezzati! Il fumetto (riduttivo chiamarlo così, è un romanzo grafico) di Flavia racconta il ritorno a casa d’un ragazzo gay che prova un senso di fallimento dopo un’esperienza milanese che non l’ha cambiato, ma giorno dopo giorno capisce d’esser fuggito dal padre e da un se stesso che non accettava. Al paese della sua infanzia il ragazzo si ritrova, recupera il suo io più recondito e tutti gli affetti, comprende quel che non andava, finalmente si accetta, capisce di far parte d’una generazione dove ogni mela che cade dal ramo è un tassello dell’albero. Flavia Biondi commuove, fa vera poesia con un libro intitolato La generazione, edito da Bao Publishing, rende il lettore partecipe d’una storia che forse lo tocca, perché storie simili le viviamo un po’ tutti, finisce che la lacrima scende, bagna le finte poesie di Ceronetti, che devo stare attendo, il libro non é mio, lo devo riportare in biblioteca. Capita che penso, dopo la lettura, che il problema non è mica Ceronetti, non è Piperno, non è Baricco, non è Scarpa, non è Nove, non è neppure Santacroce, come non lo sono molti letterati di un’Italia che non sa più fare letteratura, non sa più fare cinema, non sa più fare niente. E poi forse son solo le mie cose che si stancano di me, mentre io mi stanco di tutto, mi stanco del tempo che deve ancora venire, di quello passato, di un infinito presente che è stanco di me. Ma nel frattempo cerco letture che confortano questi spazi di vita e spesso le incontro nei luoghi più impensati.

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