Quel giorno, era il 21 luglio del 1992, c’erano più di quattromila uomini tra poliziotti, carabinieri e finanzieri, armati e disposti a cerchi concentrici in un raggio di un chilometro intorno alla cattedrale di Palermo. Non bastò filtrare severamente gli ingressi alla cattedrale. Il popolo spezzò quella cintura e come un fiume in piena che rompe gli argini, riempì come un uovo la grande chiesa per assistere ai funerali dei cinque agenti di polizia che scortavano il giudice Borsellino. I funerali del magistrato si tennero il giorno prima, in forma privata per protesta contro quello Stato che non aveva fatto nulla per proteggere quel giudice. Alla fine della Messa in memoria dei cinque agenti massacrati dalla bomba di via D’ Amelio, un minuto dopo la benedizione delle bare del cardinale Pappalardo, esplose la rabbia degli uomini delle scorte. “Li avete uccisi voi”. E giù calci, schiaffi e sputi contro il capo della polizia Parisi, contro il primo ministro Amato e contro lo stesso Scalfaro, nominato appena due mesi prima Capo dello Stato. Tra l’abside e la navata centrale echeggiarono cori da brivido. “Assassini”. “Fuori la mafia da qui”. “Venduti”. Dall’altare maggiore qualcuno fece volare un pesante sgabello in legno verde con le insegne del Vaticano all’indirizzo del capo della polizia che era sconvolto. Solo un gesto da cestista dell’NBA di Ayala evitò che Parisi si spaccasse la testa. Dai banchi vennero scagliate un paio di bottiglie d’acqua minerale. Poi tutto finì con una fuga codarda e precipitosa attraverso un’uscita laterale delle più alte cariche dello Stato. Fu il giorno della rivolta a Palermo. Da quel momento partì l’insurrezione contro un governo “che è stato sempre complice delle cosche”. La Sicilia era stremata, esasperata, rabbiosa. Lo Stato appariva allora, assieme a Cosa Nostra, come un nuovo nemico. Solo dopo questa “scossa” quello stesso Stato che aveva consentito che tanti suoi servitori venissero “macellati” si svegliò. E fu solo merito dei palermitani esasperati e stufi di quello stato di cose.
21 luglio 1992: una Sicilia stremata, esasperata e rabbiosa
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