Ricordare Dante di questi tempi può sembrare quantomeno evasivo, perché il momento è difficile e coinvolge veramente tutti, anche chi lotta con la penna. Questo virus “democratico” ha messo in crisi molte nostre certezze e reso macabra la definizione di virale, applicata con leggerezza a qualsiasi cosa passi di bocca in bocca. Ha costretto molti ad esprimersi sopra e sotto le righe, nel senso di generare momenti di grande euforia comunitaria, alternati a struggenti casi di solitarie tragedie umane, non solo in ospedale, ma anche in molte case tagliate fuori dal mondo, tante famiglie, praticamente senza medico di famiglia.
Per tutti arriva il momento di uscire dalla tana, il momento del coraggio, partendo da una identità orgogliosamente ritrovata con la forza delle braccia e della poesia, con la mente e col cuore.
Secondo me, vecchio quanto basta per averne viste di tutti i colori meno questa, bisognerà cominciare a darsi da fare, per e con il mondo. Le commemorazioni dantesche hanno un senso solo se tutti ci sentiremo vittime della stessa epidemia e tutti coinvolti nel ribellarci a questo scherzo di cattivo gusto della natura. Insieme vinceremo, solo accettando che perfino scienza e cultura appartengono a questo pianeta e alle creature che vi abbiamo trovato e aggredito, proprio come un virus alieno.
A cominciare dall’Italia e da questa Europa, usiamo i nuovi mezzi tecnologici per comunicare oltre confini posticci un obiettivo, la strada di una nuova civiltà, per una vera next generation. I socialmedia ci aiutano, ma sono pur sempre un mezzo, sforziamoci di usarli meglio.
Personalmente, cerco di coltivare vecchi rapporti internazionali e di farne nascere di nuovi con lingue e culture diverse, arrangiandomi spesso con l’aiuto di un traduttore. Vedo che a molti piace questa nostra lingua, che dicono sia la quarta studiata al mondo, sono curiosi di parole e informazioni anche sulle nostre attività culturali, ci sono vicini e temono di perdere un po’ della storia comune, sono affascinanti dalla nostra resilienza, così come dallo straordinario numero di siti Unesco.
Insomma, fuori dai canali ufficiali alquanto obsoleti, costruiamo, con modestia ma determinazione, la tela dei nostri rapporti con meno intermediazioni, puntando lontano, pur mai dimenticando il nostro libraio di prossimità, autentico focolare di radici culturali, ma anche casella postale di messaggi dal mondo. Preziose saranno in questo senso le scuole e preziosa la specificità di questa nostra “isola felice” al centro d’Europa, possibile modello per un arcipelago di convergenti diversità culturali, nate da una dolorosa storia comune. Alimentiamo una voglia di sane contaminazioni, una coscienza globale e il rispetto per il pianeta che ci vuole in simbiosi e non parassiti.
Resta tanto da dire. Dobbiamo parlarne, scriverne, parole non equivoche che comprese, diffuse, tradotte, come la poesia di Dante, di Shakespeare, di Omero, trasmetteranno emozioni condivise, come dire la vera lingua del mondo.