Interlinea è un benemerito editore di poesia che nel centenario della nascita di Luciano Erba (1922 – 2010) – uno dei più grandi poeti del Novecento, ancora poco studiato – ristampa L’ippopotamo in una pregiata edizione commentata da Samuel Fioravanti, utile per capire molti significati reconditi della lirica composta dal professore della Cattolica di Milano. L’ippopotamo viene scritto da Erba all’età di sessantasette anni, edito prima da Scheiwiller (collana Il Pesce d’Oro), quindi da Einaudi nella collezione di Poesia, dopo il tramviere metafisico e a quarant’anni dal suo esordio con Guanda (Linea K). Un’opera che assorbe testi e titoli dalle raccolte precedenti, Il cerchio aperto (1983) e Il tramviere metafisico (1987), quest’ultimo vincitore del Bagutta, continuando la ricerca sul ruolo e sul valore del segno, sulla sua capacità di rappresentazione o sul pericolo della sua inefficacia. L’ippopotamo, come il resto della poesia di Erba, non suggerisce risposte, ma interrogativi, come indicano i versi dedicati a una Milano al tramonto, vista dal terrazzo di casa, a trenta metri dal suolo, quando interroghi l’alfabeto delle cose / ma al tuo non capire niente di ogni sera / sai la risposta di un mazzo di rose? Sono gli identici interrogativi che si pone il tramviere senza rotaie che cerca la verità ma non viene premiato da nessuna verità. Luciano Erba pensa che ci sia qualcosa di superiore, oltre la fisica, quello che chiama gli eterni invisibili. Roberto Cicala scrive una prefazione colta e profonda, così come sono interessanti le pagine di note a margine su poesie a prima vista semplici e descrittive, al punto che pare quasi incredibile poter commentare in modo così ampio pochi versi. Tornare a leggere Erba, poeta novecentesco autore di testi semplici e colloquiali, ma profondi e intensi, è importante, persino doveroso riscoprire una lirica composta di piccole cose quotidiane che portano a scoprire i grandi interrogativi dell’esistenza. Sono un lettore innamorato della poesia e credo che la lirica non vada spiegata, ma letta e assaporata, per questo pubblico alcuni versi di Luciano Erba che possono invogliare il lettore ad approfondire il tema della ricerca umana, tra natura, attese e sogni, rappresentato da un ippopotamo che si trova nel folto della giungla e tenta (con fatica) di aprirsi una galleria.
Grafologia di un addio
Questo azzurro di luglio senza te
è attraversato da troppi neri rondoni
che hanno un colore di antenne
e il taglio, il guizzo della tua scrittura.
Si va dal caro alla firma
dal cielo alla terra
dalla prima all’ultima riga
dai tetti alle nuvole.
Istria
Pietra su pietra
poveri muri a secco senza calce
pazienza di secoli
frutti color delle foglie
doline color dell’amore
con quel po’ d’acqua che basta
perché attorno al tuffarsi delle mantidi
si allarghino perfettissimi cerchi;
nelle ore calde della giornata
la gente sta seduta
l mani in mano sulla porta di casa,
un gatto gioca col topo
nella polvere delle strade di Albona,
una donna cala il secchio nel pozzo
lo ritira fin quasi a metà
lo riaffonda di nuovo …
Non pensavo che si potesse fare una lettura
dei segni di questa terra assonnata.
Quartiere Solari
Milano ha tramonti rosso oro.
Un punto di vista come un altro
erano gli orti di periferia
dopo i casoni della Umanitaria.
Tra siepi di sambuco e alcuni uscioli
fatti di latta e di imposte sconnesse,
l’odore di una fabbrica di caffè
si univa al lontano sentore delle fonderie.
Per quella ruggine che regnava invisibile
per quel sole che scendeva più vasto
in Piemonte in Francia chissà dove
mi pareva di essere in Europa;
mia madre sapeva benissimo
che non le sarei stato a lungo vicino
eppure sorrideva
su uno sfondo di dalie e di viole ciocche.