Umberto Lenzi (Massa Marittima, 6 agosto 1931- Roma, 19 ottobre 2017), nasce da una famiglia modesta, il padre fa il macellaio a Massa marittima, lui cresce tra letture avventurose, ama Salgari – che porterà sul grande schermo – e da ragazzino frequenta il cinema di seconda visione della sua cittadina. Umberto vede Forza bruta di Jules Dassin al Cinema Roma di Massa, nel 1947, ed è subito amore per la settima arte; studia al liceo classico, il viareggino Angelo Gianni è l’insegnante che contribuisce alla sua formazione cinefila, perché non si limita a insegnare italiano. Angelo Gianni proviene dal Centro Sperimentale, trasmette al giovane studente la sua passione, porta in provincia registi come Renè Clair ed Ejzenstejn. Gianni fa proiettare a Massa Marittima The Lodger (Il pensionante), un noir su Jack lo squartatore diretto da John Brahm, spiegando il montaggio come l’anima del film. Il giovane Umberto Lenzi è tra i fondatori del circolo del cinema a Massa, collabora con Carlo Cassola e Luciano Bianciardi, conosce Vasco Pratolini, presentano film insieme nella città mineraria. Lenzi frequenta giurisprudenza a Pisa, poi si trasferisce a Roma per frequentare il Centro Sperimentale, sostiene un esame con Mario Verdone, va a scuola di sceneggiatura da Giorgio Prosperi e di regia da Alessandro Blasetti, per diplomarsi regista nel 1956 con un corto intitolato I ragazzi di Trastevere, una storia molto pasoliniana sui giovani della borgata. Il breve film si ispira alla lettura di Ragazzi di vita ed è il reperto di una Roma popolare che non esiste più, frutto anche di un incontro con Pier Paolo Pasolini che rivedrà in Marocco nel 1969. Scrive di cinema su Bianco e Nero, subito dopo confeziona un cortometraggio di ambientazione maremmana: Dalle tenebre al mare (1955), fotografato da Angelo Sciarra, aiutato per la regia da Cesar Merolo junior, un brasiliano, collega al Centro Sperimentale. Il corto fa intuire potenzialità sociali per un regista che invece si dedicherà al cinema di pura azione, sia per la grande attenzione verso il paesaggio delle colline metallifere che per la documentazione fotografica della più lunga teleferica mineraria d’Italia, capace di portare il prezioso elemento dal sottosuolo al mare. Notevole la colonna sonora – sigla di testa e di coda – che riproduce i versi popolari di Maremma amara, parole e musica tradizionali, tristi e suadenti. Ricordiamo il Duomo di Massa Marittima, le donne ai lavatoi, il lavoro nei campi con buoi e aratro, quindi l’ingrata giornata dei minatori massetani e il trasporto del minerale alle navi con la teleferica. Una buona prima prova, che segue il saggio di diploma sui borgatari di Trastevere, anticipando di poco il vero debutto alla regia in un lungometraggio di produzione greca: Vacanze ad Atene (1958), non distribuito in Italia. Poco prima presenta a Massa Marittima Il ferroviere, insieme a Pietro Germi e al musicista Rustichelli e recita una particina in Amore e chiacchiere (1957) di Blasetti. Lavora in Raw Windin Eden di Richard Wilson, girato tra Castiglion della Pescaia e Punta Ala, interpretato da Esther Williams e Rossana Podestà, un’esperienza importante anche se il film non va bene. Lenzi viene invitato ad Atene da un produttore greco di origini toscane, dove gira quello che ha sempre definito un reperto archeologico della mia filmografia: Mia ItalidaStinEllada (1958), di cui abbiamo parlato poco prima e che viene tradotto come Vacanze ad Atene, una futile commediola turistica allora di moda. Protagonista Wandisa Guida, molto nota come attrice di peplum e di melodrammi insieme a Claudio Villa, un buon successo in Grecia, nessuno l’ha mai vista in Italia. Lenzi fa l’aiuto regista e lo sceneggiatore ma anche l’assistente per piccoli film commerciali come La moglie squillo, Apocalisse sul fiume giallo, Costantino il grande di Lionello De Felice, alcuni musicarelli di Piero Vivarelli. Il terrore dei mari di Domenico Paolella lo vede aiuto regista in un film di pirati, addirittura sostituisce il regista sul set quando deve affrontare problemi di salute. Fortunato Misiano della Romana Film lo vede in azione e gli piace molto il suo stile deciso, al punto che lo scrittura per dirigere Le avventure di Mary Read (1962), un puro cappa e spadache tanto piaceva ai ragazzini, pagandolo due milioni e cinquecentomila lire. Lenzi abbandona il sogno di fare cinema d’autore e si trova sul lago di Garda a girare un film di pirati con Lisa Gastoni e un giovanissimo Fabio Testi. Poco Lenzi gira Duello sulla Sila,un tentativo di realizzare un western all’italiana, ambientato nell’800, nel Regno delle Due Sicilie, girato nella Tuiscia viterbese, a Ronciglione. I corsivi sono parole del regista che a proposito del successivo Caterina di Russia ricorda: Ebbi a disposizione centinaia di comparse, bellissimi costumi d’epoca e grandiose scenografie. Negli anni Sessanta, tutta la prima parte della sua carriera, si apprezza un puro cinema avventuroso, soprattutto una rilettura di Emilio Salgari prima di Sergio Sollima. Giorgio Venturini nel 1963 gli propone un dittico salgariano, titoli che abbiamo visto molti anni fa nei cinema di seconda visione: Sandokan, la tigre di Mompracem- interpretato da Steve Reeves, controfigurato da Giovanni Cianfrigliain tutte le scene d’azione- e I pirati della Malesia, girato durante la guerra civile tra Singapore e la madre patria malese. Ricorda Lenzi: Reeves aveva un fisico perfetto, una muscolatura da dio greco e una faccia molto bella con gli occhi azzurri. Era un culturista da peplum. Come attore un bamboccione, legnoso, inespressivo, si muoveva come un robot”. Il primo film viene girato in una poco ospitale Ceylon, il secondo a Singapore; Lenzi porta solo Ciangfriglia nei luoghi pericolosi, quindi fa i primi piani di Reeves a Roma.
L’attore aveva una moglie polacca – GenevieveGrad – che lo controllava in ogni movimento, era gelosissima. Nel secondo film la sua controparte femminile era la bellissima Jacqueline Sassard che Lenzi ricorda per gli occhi da cerbiatto e i lunghi capelli neri, così come ricorda che il miglior film di questo periodo è La montagna di luce, girato in piena guerra civile. Sono interessanti i lavori a imitazione del fenomeno James Bond, film di spionaggio come A 008 operazione sterminio, Superseven chiama Cairo e Le spie amano i fiori, che scrive e sceneggia. Non amo questi film, di pura imitazione, fatti per un pubblico di bocca buona. Salvo solo le scene d’azione e le musiche del maestro Angelo Francesco Lavagnino, ricorda Lenzi. Kriminal (1966) è un giallo stile spy-story, in parte thriller, ma anche cinema – fumetto, a nostro parere la sua prima opera di un certo interesse. I film bellici, invece, sono per Lenzi la cosa che più apprezza tra i lavori di questo periodo, perché rispecchiano la mia grande passione per la storia contemporanea, che risale alla mia gioventù, sono specchio delle mie letture e dei miei approfondimenti, perché avrei voluto fare il docente di storia, se non avessi fatto il regista. I film di guerra diretti da Lenzi sono concepiti con una forte connotazione avventurosa e sono privi di ruoli stereotipati. La legione dei dannatisi avvale della collaborazione di un giovane Dario Argento (al tempo critico di cinema di Paese Sera) e di un soggetto ispirato a I cannoni di Navaronedi Stefano Rolla (aiuto regista), morto a Nassiriya nel 2003, durante un attentato contro la base militare italiana. Un intenso Jack Palance è il protagonista di un buon film, che in Spagna esce come La brigada de loscondenados e nei paesi anglofoni come DesertCommandos. Ricordiamo anche Attentato ai tre grandi e Il grande attacco, che vede interpreti Henry Fonda, Helmut Berger, John Huston ed Edwige Fenech. Hank Milestone, regista di Contro quattro bandiere, coproduzione italo – franco – spagnola è Lenzi sotto falso nome. La storia è la passione di Lenzi, la sua ragione di vita, al punto che nel tempo libero si occupa di guerra civile spagnola, colleziona tutto quello che trova sul mercato riferito a tale argomento. Lenzi vede i luoghi della guerra, legge molti libri, soprattutto Hugh Thomas (Storia della guerra civile spagnola) e vorrebbe girare un film su quella che considera la sola vera rivoluzione sociale del Novecento, ma non trova adeguati finanziamenti. Il suo pensiero libertario e anarchico è figlio della guerra civile spagnola, di Enrico Malatesta e di Luciano Bianciardi.
Una svolta nella carriera di Lenzi si registra sul finire degli anni Sessanta, quando avviene il suo incontro con il giallo duro, l’hard boiled americano, ma anche con il giallo psicologico alla Simenon. Il nostro regista ama il noir americano (Dashiell Hammett, Raymond Chandler) e vorrebbe realizzare al cinema atmosfere simili, cosa che viene naturale dopo aver incontrato Carrol Baker. Il vero nome della diva di Hollywood è Karolina Piekarski (nata il 28 maggio del 1931), donna affascinante, ex ballerina, ha appena interpretato Babydoll di Elia Kazan e L’uomo che non sapeva amare di Edward Dmytryk. L’attrice si trova a lavorare in Italia in seguito a contrasti economici con la Paramount, stanca di interpretare donne belle e fatali, incontra Marco Ferreri e gira con lui L’harem, primo film italiano. Carrol Baker diventa il volto iconico del giallo psicologico di Lenzi, en sex-symbol che posa senza veli, quando il caso lo richiede, cosa insolita per una diva di Hollywood. Ricorda Lenzi: Quando me la presentarono legammo subito. Era molto professionale. Accettava di girare scene più spinte per il mercato estero, infatti dei suoi film circolano due versioni, quelle italiane sono più caste, mentre nelle altre si partiva con il motto giù le mutande! I suoi gialli riscuotono un grande successo, insoliti e provocanti sin dai titoli, soffusi di erotismo e sensualità. Orgasmo è il mio miglior film, di sicuro il mio miglior giallo, dice Lenzi. Ugo Moretti collabora per la scrittura. Il giallo è un genere che lo vede molto attivo – soprattutto nel thriller erotico – con i fondamentali Orgasmo, Così dolce … così perversa e Paranoia, seguiti da thriller argentiani come Un posto ideale per uccidere, Sette orchidee macchiate di rosso,Il coltello di ghiaccio,Spasmo e Gatti rossi in un labirinto di vetro. Il regista ricorda questo ultimo film perché Martine Brochard riesce a recitare per tutto il film con un occhio fisso, che simulava un occhio di vetro. Nel periodo in cui Lenzi si dedica al giallo psicologico ottiene il divorzio da una regista greca con la quale si era sposato da giovane e può sposare quella che sarà la compagna di una vita, la madre di sua figlia, la croata Olga Pehar (Zagabria, 1938 – Roma, 2015), che rappresenta una lunga storia d’amore. Ricordiamo la Pehar come sceneggiatrice (Karate rock, Sulle tracce del condor, Paura nel buio, Il ragazzo dal kimono d’oro, Navigatori nello spazio …) – non solo per i film del marito – ma anche attrice in Paura nel buio (1989), Il ragazzo dalle mani di acciaio (1990), Caccia allo scorpione d’oro (1991).
Non esiste genere che Lenzi non abbia frequentato, dal poliziesco al giallo, passando per horror e fantastico, avventuroso puro e bellico. Comincia l’era del poliziottesco. Napoli violenta (1976), interpretato da Maurizio Merli, girato nel cuore di Napoli con inseguimenti alla Lenzi, vera cifra stilistica del regista, frenetiche scorribande nel cuore di Napoli, per le vie cittadine e persino sulla funicolare di Montesanto, in una sequenza spettacolare girata di giorno e dal vero, con la struttura temporaneamente chiusa. Io e Merli rischiammo la vita abbarbicati sul vagone e con i fili dell’alta tensione a un metro dalla testa, ricorda Lenzi. A Napoli riscuote un successo strepitoso: 55 milioni di lire in due cinema nel primo week end di agosto, in un periodo storico in cui il biglietto costava 1.800 lire. Da Corleone a Brooklyn (1978), interpretato da Maurizio Merli e Mario Merola, è il poliziesco a cui Lenzi è più affezionato. Merola è un boss mafioso che sfugge oltre oceano alla polizia italiana, per questo in parte viene girato a New York. Ricorda Lenzi: Merola conosceva l’amante di un noto boss, François Tieri, un suo grande ammiratore, che aiutava i cantanti e gli attori italiani, era una vera potenza nel suo quartiere. Ordinò feste in onore di Merola e della troupe alle quali era impossibile sottrarsi, inoltre grazie al boss fu possibile girare alcune scene in luoghi proibiti e in costosi ristoranti. Nel periodo 1977 – 1980, Lenzi gira due kolossal di guerra grazie ai produttori Luciano Martino e Mino Loy; il primo è Il grande attacco, scritto con Cesare Frugoni, il secondo Contro 4 bandiere, prodotto da Edmondo Amati. Sono film dotati di cast notevoli che Lenzi apprezza e ricorda con affetto: Furono buoni successi all’estero ma non in Italia dove il cinema di guerra non ha mai avuto presa sul grande pubblico. Il poliziottesco lo rende famoso (Roma a mano armata, Milano odia: la polizia non può sparare), ma si occupa anche di horror (La casa 3, Le porte dell’inferno), inventa il genere cannibalico (Il paese del sesso selvaggio) e si dedica su commissione a produzioni formato esportazione. Tomas Milian è il protagonista simbolo di un sottogenere basato sul personaggio de Er Monnezza (Il trucido e lo sbirro, La banda del gobbo) che inaugura un sodalizio abbastanza duraturo con il regista maremmano, nonostante siano due uomini dai caratteri difficili che si lasceranno per il tradimento di Milian che interpreterà un film diretto da Stelvio Massi (La banda del trucido). Maurizio Merli è un altro attore importante per Umberto Lenzi, guidato in lavori basilari del poliziottesco come Napoli violenta e Il cinico, l’infame, il violento. Un genere tutto italiano che conferisce al regista toscano buona notorietà, al punto che Tarantino lo cita come fonte d’ispirazione per il suo noir eccessivo e metropolitano. Lenzi non ama l’horror ma negli anni Ottanta frequenta il genere girando con prodotti dignitosi, tra i quali spicca Incubo sulla città contaminata, un cult per Tarantino, ispirato a Zombi di Romero ma dotato di una ben precisa originalità. Un genere originale come il cannibalico – che Lenzi definisce alimentare – lo vede in primo piano con e Mangiati vivi!(1980) e Cannibal ferox (1981), censurati e disprezzati da tutti, persino dal regista. I cannibalici sono i suoi film da lui meno amati: I cannibalici li ho fatti per motivi alimentari. All’estero sono piaciuti molto, facevano la fila per vederli; devo dire che ci ho campato di rendita per dieci anni, ma erano una cazzata. Finisce sempre così: le cose che amiamo di più non sono quelle che amano gli altri. Mi vergogno di aver girato quei film. Cannibal ferox e Mangiati vivi! scatenarono polemiche con gli animalisti e tra Lenzi e la scrittrice Anna Maria Ortese, seguace del movimento, una radical chic che probabilmente girava in pelliccia e mangiava porcellini arrosto ma aborriva le scene realistiche girate nella giungla. Negli anni Ottanta Lenzi dirige pellicole atipiche per il suo stile come un apocrifo Pierino la peste alla riscossa e il comico Cicciabomba. Cinema di chiara imitazione è La guerra del ferro – Ironmaster, un polpettone indigesto basato sulla scoperta del ferro da parte di una tribù primitiva. Protagonista Sam Pasco, un culturista americano. Un film fantasy con scene memorabili guirate in South Dakota, Nel Custer State Park, in mezzo a natura incontaminata per 287 Kmq, vicino al Monte Rushmore con le teste dei quattro presidenti americani scolpite nella roccia. Alcune scene le riprendemmo in mezzo a un’enorme mandria di bisonti con l’aiuto dei ranger locali, ricorda il regista. Alla fine degli anni Ottanta comincia la crisi produttiva del cinema popolare. Lenzi è tra i primi a subirne le conseguenze, sotto l’avanzare delle TV commerciali e i prodotti Home Video che decretano la chiusura delle sale di periferia. Prendono campo le fiction televisive, i multisala, gli spacci di coca-cola e pop-corn … si chiedono prodotti innocui per la televisione, emendati di sangue e sesso, privi di violenza. Per me il digitale è aberrante, il monitor esautora il regista, inoltre non esistono più i produttori, si può fare cinema solo con l’aiuto di Rai e Tv private che finanziano, dice Lenzi.
Ricordiamo ancora alcuni bellici: I cinque del Condor, Un ponte per l’inferno e Tempi di guerra. Tra i suoi ultimi lavori citiamo Nightmare Beach, Rage, furia primitiva, La casa 3 – Gohostouse, Paura nel buio e Le porte dell’inferno. Horror televisivo per Rete Italia in un ciclo presentato da Lucio Fulci sulle case maledette: La casa del sortilegio e La casa delle anime erranti. Cinema di esportazione girato senza interesse tra fine anni Ottanta e inizio Novanta: Obiettivo poliziotto, Caccia allo scorpione d’oro e Demoni 3, il migliore, pure se è un Demoni apocrifo. Il suo ultimo film è Hornsby e Rodriguez – Sfida criminale(1992), mentre Sarajevo inferno di fuoco (1996) – afferma Lenzi in un’intervista a Cineblog – è un’invenzione dei produttori, uscita in Home Video, costruita con inserti e scarti presi dai precedenti Obiettivo poliziotto e da Un ponte per l’inferno, per cavalcare l’evento mediatico della guerra nei Balcani. Una volta fuori dal mondo del cinema Lenzi si dedica alla scrittura di romanzi gialli (Delitti a Cinecittà, Spiaggia a mano armata, Cuore criminale …) e collabora con Nocturno, curando una rubrica di cinema. Un libro a carattere biografico esce nel 2016, poco prima della sua morte: Una vita per il cinema. L’avventurosa storia di Umberto Lenzi regista, curato da di Silvia Trovato e Tiziano Arrigoni. Abbiamo estrapolato da quel testo (interessante e documentato) molti dei corsivi qui riprodotti con le affermazioni autentiche del regista. La nostra operazione vuole essere del tutto diversa dal testo citato, visto che il taglio – come sempre nei lavori che curiamo – è puramente cinematografico. Umberto Lenzi muore a 86 anni, dopo un breve ricovero all’ospedale di Ostia, a Roma, il 19 ottobre 2017.
Umberto Lenzi era un ottimo regista, un intellettuale anarchico appassionato di storia, capace di lottare per le sue idee e di non tirarsi indietro di fronte ad alcuna difficoltà. Non era uomo dal carattere facile. Sono un estimatore del suo cinema ma non posso dire di essere stato suo amico, ché la sola volta che ci siamo visti – a un Joe D’Amato Horror Festival che si teneva a Livorno – abbiamo finito per litigare. Lenzi non aveva peli sulla lingua, diceva quel che pensava, la diplomazia non era il suo forte. Devo dire che in parte siamo molto simili. Questo lavoro sul suo cinema avevo iniziato a farlo insieme a un gruppo di colleghi, circa dieci anni fa, ma sono stato costretto a interromperlo perché Lenzi non gradiva il nostro interesse per horror puro e cinema cannibalico, che considerava il peggio del suo lavoro. Il Maestro maremmano amava in modo particolare il cinema bellico, proprio quello che trascureremo, convinti come siamo che sia il settore meno memorabile in cui ha espresso il suo talento. Raoul Walsh e Samuel Fuller erano i suoi miti, gli esempi da seguire, il cinema migliore di Lenzi va cercato nelle pellicole di pura azione, poliziottesco e thriller, giallo e horror. Citiamo alcuni pseudonimi anglofoni: Hank Milestone, Bob Colins, Humphrey Humbert, Harry Kirkpatrick (pure se quest’ultimo esisteva).