Sappiamo che nasce sotto il magnifico segno dei Gemelli, che astrologicamente corrisponde alle capacità di Hermes, quindi portatore di messaggi arcani, e quale migliore rappresentazione esoterica dei 14.233 endecasillabi della Divina Commedia?
Nel corso di questi settecento anni si è parlato, si parla, e si parlerà di Dante Alighieri che ha racchiuso la sapienza velata nei versi della grande opera.
Studiosi, pensatori, letterati, linguisti, hanno cercato di ricavare la significazione di ogni terzina, ma se manca la radice del suo cammino, verso la quale molti storcono il naso e la bocca, non possiamo trattare col Vate.
R. Guenon è stato uno dei massimi studiosi delle opere dantesche, dando la esatta chiave di lettura , ovvero quella che detengono solo gli iniziati di una congregazione che hanno accesso ai testi della conoscenza. L’eccesso degli accademismi costruiti intorno alla Sua poetica hanno di gran lunga deviato il vero messaggio originale; si potrebbe affermare con sicurezza che l’espressione poetica stilnovista sia l’epifania dell’esoterismo letterario.
E’ lecito chiedersi cosa c’entra lo stilnovismo? Cavalcanti, Guinizzelli, Lapo Gianni, Cino da Pistoia, Brunetto Latini, erano anch’essi degli iniziati, ed è stato proprio uno di questi che ha introdotto Dante alla comprensione della antica sapienza.
Guido Cavalcanti fa in modo che l’amico Durante entri a far parte di un gruppo segreto, di cui il poeta rimarrà affascinato dalle letture che cambieranno radicalmente il proprio pensiero. I Fedeli d’amore, cui Dante era adepto, ovvero i Catari, sono coloro che hanno ricavato grande sapienza dalla ricerca; la loro dottrina è l’Amore come veicolo per la riunificazione dell’assoluto, infatti ritroviamo echi della filosofia neoplatonica, soprattutto di Plotino, e non mancano riferimenti ad Avicenna ed Averroré; infine bisogna ricordare che il pitagorismo riveste un ruolo importante.
I Catari hanno una visione radicalmente diversa dal cattolicesimo, anzitutto il rifiuto dei sacramenti, eccetto Il Consolamentum, ovvero una sorta di battesimo non praticato con l’acqua, ma solo in forma spirituale, che avveniva attraverso l’imposizione delle mani. Perchè Consolamentum? In greco lo spirito è definito Paraclìto, cioè consolatore.
Il Consolamentum veniva praticato solo agli adulti, e non toglieva il cosiddetto peccato originale, tra l’altro inesistente; era un rito che veniva concesso solo a chi aveva intrapreso un cammino spirituale. I Catari chiamavano Buon Cristiano colui che lo avevano ricevuto, era quindi l’apice del percorso iniziatico. Una testimonianza è conservata nel museo
Maria D’ Austria di Vienna, una medaglia del XXX grado di cavaliere templare con l’effigie di Dante, che denota l’appartenenza del poeta al templarismo, infatti l’ Alighieri era un cavaliere Kadosh (santo). Il suo gran maestro è stato Jacques de Molay, probabilmente Dante assistette alla morte per condanna avvenuta a Parigi nel 1314.
La fase ante-consolamentum avveniva attraverso un percorso: chi riusciva ad oltrepassarla poteva recitare il Padre Nostro in volgare, cosa allora impossibile, perché i cattolici lo ripetevano in latino. Anche le donne potevano aderire al catarismo, ricevere il consolamentum, e impartirlo.
Il Consolamentum permette il ricongiungimento con una parte dell’anima che si trova nella dimensione della Psichè, di cui è fatto l’uomo.
Nel momento in cui Dante scrive la Divina Commedia, inizia la preparazione ad un nuovo momento della sua vita, cioè il raggiungimento dell’illuminazione. Non mancano i riferimenti alla Alchimia, “la selva oscura” il Nigredo è appunto la prima fase della trasformazione. Si inizia dalla materia, che contiene potenzialmente sia lo spirito della vita che la sostanza veicolante, zolfo e mercurio, sole e luna. Per calare nell’atano la prima sostanza bisogna fare un percorso interiore; bisogna scendere nella intimità di sè stessi, percorso doloroso ma è la potenza trasformatrice della vita, Dante inizia a sprofondare (selva oscura), vorrebbe tornare indietro (paura delle tre fiere), ma il Richiamo lo avvia al percorso.
L’inferno non è altro che l’io arrogante insaziabile e Dante lo descrive utilizzando l’atteggiamento dei politici e degli intellettuali che carichi delle proprie convinzioni non riescono a trovare il punto d’incontro della contraddizione. Un Io sempre meno curioso diventa stupido e la stupidità è la causa della distruzione, (M. L. Von Franz), l’ io arrogante tenza trasformatrice della vita, Dante inizia a sprofondare (selva oscura), vorrebbe tornare indietro (paura delle tre fiere), ma il Richiamo lo avvia al percorso.
L’inferno non è altro che l’io arrogante insaziabile e Dante lo descrive utilizzando l’atteggiamento dei politici e degli intellettuali che carichi delle proprie convinzioni non riescono a trovare il punto d’incontro della contraddizione. Un Io sempre meno curioso diventa stupido e la stupidità è la causa della distruzione, (M. L. Von Franz), l’ io arroganteprobabilmente è ottimista, non vede dolore e laddove ne sente l’eco, ne scredita il suo valore pedagogico.
Guenon, ci rivela che manca questa chiave di lettura della commedia,cioè quella metafisico-teologica. Tutti conosciamo solamente tre parti: quella letterale,
quella politico sociale, e quella filosofico teologica, la parte metafisico iniziatica è quella chiave che apre il varco d’accesso alla metafisica. Questa è la lettura base dell’Opera e l’intenzionalità del poeta stesso, quando qualcosa è per pochi la moltitudine crede che sia un veleno diabolico che inficia sulla interpretazione istituzionalizzata, vane allora le esortazioni per la ricerca di un mondo migliore e della verità, probabilmente si preferisce la parte più comoda, meno complessa in modo da risparmiare all’uomo la missione della vita.
Dopo l’avvento delle filo teologie sincretiche, dove l’imposizione al pensiero ottimista è diventata una forma inquisitoria verso coloro i quali ritengono la sofferenza come maestra di vita, ha permesso, a chi non è avvezzo alla continua ricerca, di formulare le ipotesi più strane, senza basi analitiche e logiche. La letteratura nasce dalla psiche, soprattutto le grandi opere rivelano il rapporto Uomo-Psiche, che sarebbe il ritrovamento del Sé.
V.I.T.R.I.O.L. è l’acrostico che riassume il compito dell’uomo, è come un imperativo esortativo, il singolo deve levigare il Golem interiore e riconquistare la sovranità Davidica.
Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem (visita l’interno della terra, operando con rettitudine troverai la pietra noscosta), questo epitome è il segno per il percorso, che ha come fine il matrimonio alchemico; rettificando troveremo l’anima pulita, linguaggio tipico della muratoria che a molti terrorizza, ma Dante era appunto un iniziato, che via via salirà fino ai massimi gradi della scala simbolica.
Il Purgatorio è già un IO che prende coscienza delle proprie ombre che crea i metodi di purificazione della pesantezza della materia, io che dichiara sé stesso attraverso la consapevolezza delle capacità latenti come forme possibili di ascensione. Il Paradiso
è l’ ascensione, e ci vuole duro lavoro bisogna, attendere quel sentire “estraneo” che è archetipicamente espresso con le lingue di fuoco dello Spirito Santo che scendono sugli apostoli dopo 50 giorni dalla morte di Cristo, (la Pentecoste) e quindi Il raggiungimento dell’ Or ( luce-vuoto), dove l’anima si riconosce nel Tutto.
Il Solve et Coagula è il processo a cui si è esposto Dante, la dissoluzione del vecchio io e la ricomposizione della sua vera natura. Dante cerca sè stesso, egli è un uomo in mezzo ad anime, egli SI CONCEDE agli inferi col proprio corpo, ogni svenimento è un passaggio SIMBOLICO, una parte del Nigredo (la prima parte della trasformazione alchemica) si è purificata, lo stato psichico è nell’atto della trasformazione.
Nella psicologia analitica di matrice junghiana, la Nigredo è la zona ombra, i contenuti che l’inconscio ha rimosso, sono quegli aspetti che ognuno respinge a causa della educazione, delle influenze ambientali, ma l’alchimista li affronta, altrimenti non può passare all’ Albedo e poi al Rubedo. L’albedo è la parte luce che riflette sull’ombra, mentre la rubedo è il culmine, i metalli vili che si trasformano in oro, L’io diviene Sè.
Dante è in possesso di nozioni che ancora oggi si fa fatica a vedere, ad accogliere; non è solo il letterato che affascina, ma egli stesso è il modo con cui la poesia si rivela alla natura umana-divina, nonostante i secoli trascorsi e la possibilità di accedere alla dispiegazione dei simboli ed al valore che ne costituiscono l’essenza, la cecità intellettuale non ne permette la giusta locazione, quindi l’intento divulgativo rimane circoscritto, e giustamente difeso, entro le mura di un Tempio
Ma Jung, cosa c’entra nella dimensione dantesca?
Jung è stato colui che ha dato voce all’ inconscio SIMBOLICO; Uno che si frantuma in un tutto che ha come finalità la conciliazione con la parte divina. Bisogna ricordare che già Dante nella Vita Nova, parla di una “Beatrice” che dorme, ovvero quell’aspetto femmineo, delicato, emozionale che soggiace in ogni essere, nella Commedia diviene rivelazione del raggiungimento di questo stadio risvegliato.
Il simbolo di cui parla Jung, è il messaggero di contenuti, per esempio se la forza dell’uomo si esprime con un soggetto che apre la bocca del leone, (carta dei Tarocchi) in realtà si sta rappresentando l’uomo e la sua forza, il Simbolo invece ci dice che rapporto ha l’uomo con la propria forza interiore, pertanto la Commedia è il simbolo del rapporto con la nostra parte più profonda. Jung invita l’uomo ed i “colleghi” a non sottolineare il sintomo come malattia, anzi egli stesso ci dice che è una risorsa che vuole vivere, che ci sollecita a dare voce a ciò che non è espresso. Dante lo ha fatto settecento anni orsono, molti altri artisti hanno scoperto che i sintomi erano un messaggio inconscio che anelava verso la vita. Il conflitto interiore, nel caso del Sommo Poeta, è l’esilio e il volere ritornare a Firenze, quando l’ Io riconosce le ragioni inconsce emerge quindi lo stato di conflittualità, ma è grazie a questa dinamica si crea il nuovo, l’uomo innovativo vive diversi conflitti, ma dopo la tesi e l’ antitesi, emerge la sintesi, cioè la conciliazione degli opposti diventa forma unificartrice (simbolo) , è il risultato della unione tra inconscio e conscio, è queste due forze generano vita.
Tutto si esprime attraverso il linguaggio simbolico, in questi anni lo studio della Semiotica ha dato un grande contributo alla analisi linguistica, soprattutto del linguaggio non verbale, dove si cela la completezza del messaggio.
Perché Paolo e Francesca sono condannati all’inferno? Il loro rapporto è conflittuale, non c’è presa di coscienza, lei imputa sempre qualcosa o qualcuno : il libro galeotto, il marito, la bellezza di Paolo, ecc… non rivela mai il proprio amore verso Paolo, invece Cunzia da Romano e Sorbello, che pur hanno infranto le regole del sacramento del matrimonio, sono collocati in paradiso, perché? (…ma lietamente a me medesima indulgo la cagion di mia sorte, e non mi noia, Paradiso IX c. vv 34-35).
Cunzia è consapevole di ciò che ha fatto, la forza inconscia si è unita alla forza cosciente, e non c’è nessun imputato.
La Psichiatria Junghiana è promotrice della bellezza interiore dell’uomo, ma è l’uomo stesso che si autocondanna sottomettendosi al sintomo.
Quale via intraprendere?
Il quesito è il carburante utile a far procedere la macchina della Psiche, che non è altro dall’umanità se non sé stessa che tende a rappresentarsi con forme illusoriamente esterne.
Partiamo ogni giorno da noi, dobbiamo saper benedire il vino contenuto nella coppa di dolore,
il coraggio è saper bere, e trasformare quel contenuto in forza dinamica.