Il testamento di Zio Giorgio: fede, speranza, carità

Articolo di Bartolomeo Di Giovanni

Illustrazione di Claudio Lopez

Zio Giorgio, così lo chiamavano gli amici più cari, ormai ottantaquattrenne, era solito ogni pomeriggio passeggiare sul viale dove era sita la sua particolare casetta. Dopo la passeggiata entrava nella veranda, e si sedeva sulla poltrona, canticchiava, recitava qualche verso della Divina Commedia, sul tavolo rotondo vi era una radio-mangianastri, nonostante la tecnologia fosse avanzata, preferiva il vintage.

La matita e il quaderno non dovevano mancare, dopo una vita da docente di lettere non voleva perdere certe abitudini, alcuni suoi ex alunni, diventati anche essi insegnanti, gli facevano recapitare dei compiti da correggere, oltre che per la passione mai tramontata, cercava sempre di tenere la sua mente allenata . Da quasi 15 anni viveva da solo a volte si perdeva dentro i suoi stessi pensieri, ricordava i primi anni della sua relazione burrascosa, i dieci lunghi anni di separazione e poi il ritorno di quella fiamma che non si era mai spenta. Tra sé e sé diceva: tutto sommato la mia vita, la mia storia, sono state le più belle favole scritte dal cielo. Le delusioni, le cadute, le rialzate, sono il segno di una vita vissuta, di un vivere che lascia il segno da dove ricavare la saggezza, la vita senza difficoltà è come disperdere i significati profondi della esistenza stessa.

Quando riceveva qualche amico parlavano degli anni trascorsi e soprattutto della età che avanzava, quindi dell’essere più vicini alla fine del soggiorno terreno.

Zio Giorgio diceva che si arriva sulla terra per un certo periodo e non c’è motivo di temere la fine che fa parte dell’esperienza di ogni essere, spesso declamava qualche verso della livella di Totò, per ricordare ai cari amici che la morte pone fine alle differenze dell’ ego.

Un giorno, dopo la solita passeggiata e dopo essere rientrato nella veranda, si sedette sulla poltrona e fu colto da un sonno profondo, iniziò a sognare.

Un bambino stava davanti all’imbocco di tre vicoli, zio Giorgio gli chiedeva indicazioni su quale fosse la via giusta per ritornare a casa e il bimbo gli rispondeva che doveva incamminarsi nel viale delle tre Acacie.

Giorgio imboccando proprio dove gli era stato indicato non trovò nulla, solo una strada senza uscita e dove c’era una palazzina disabitata con i segni del tempo, il numero civico era tre, andava avanti e indietro, il bambino rideva e zio Giorgio sempre più nervoso, si accorse che tutti e tre i vicoli avevano lo stesso nome. Dopo un po’, con voce severa chiese al bambino perché lo stesso prendendo in giro, allora il piccolo lo prese per mano e gli mostrò tutti e tre i viali, tutti uguali con la stessa casa e lo stesso numero civico. Giorgio gli chiese se poteva salire sulla palazzina che aveva visto per prima, naturalmente! Rispose Il fanciullo, salendo per le scale entrando nella prima stanza si accorse che tutto era composto, il pavimento a scacchi senza un graffio, le sculture bassorilievo sui muri come nuove. Ecco, mi hai chiesto se potevi salire e io ti ho accompagnato, intanto zio Giorgio si affacciava dalla finestra e si accorse che da una stanzetta poteva accedere attraverso una scalinata di legno sul giardino, proprio quello che si intravedeva oltre quel muro, Il giardino, ovviamente, faceva parte della casa.

il bambino lo ringraziò per la fiducia, e gli rammentò che era lo stesso sogno fatto cinquanta anni prima, se allora mi avessi chiesto di salire sulla casa, avresti compreso che oltre i muri c’è sempre qualcosa e nulla è senza via di uscita, ti saresti risparmiato anni di vita dispersi. Vedi, continuò ancora il bambino, l’uomo è libero fino ad un certo punto, deve sempre ascoltare la sua voce interiore, siccome sei stato un uomo buono, soprattutto caritatevole sei riuscito a recuperare la saggezza insista in ogni essere; sei riuscito a conquistare le parti profonde del tuo sé, io non mi sono mai mosso dal tuo fianco, dobbiamo avere il coraggio di esplorare l’interno perché è li che troviamo sempre cose nuove, è la materia che subisce il tempo, non la nostra anima.

Avevi bisogno di capire che la vita è una continua esplorazione. il ragazzino lo accompagnò fino alla poltrona e si congedò dicendo: la vita appartiene alla vita, esistono solo decisioni ma qualcuno ci porta sempre dove siamo destinati, l’importante è capire la nostra missione. Zio Giorgio aprì gli occhi e si guardò attorno, si soffermò guardando nel vuoto, aveva ricordato quel sogno dell’ anno 2008.

A volte le decisioni fanno giri diversi però ci portano sempre dove dobbiamo essere, Giorgio non riusciva a trovare vocaboli per descrivere la pace interiore che provava. Trascorsa un settimana invitò i pochi cari amici per una bella cena, a seguito della quale volle brindare, mentre alzava il calice di cristallo colmo di prosecco, ripeté tre volte: fede speranza e carità, questo è il segreto della vita.

Il giorno successivo, dopo la solita passeggiata si sedette sulla poltrona, accese il mangianastri con la sua musica preferita; verso sera Thomas si recò, come di consueto, a casa di zio Giorgio per sapere se avesse bisogno di qualcosa, ma egli

con un accenno di sorriso e gli occhi chiusi era seduto sulla sua amata poltrona,

Le note di Satie sembravano espandersi in quel luogo, tutto sembrava immobile!

Zio Giorgio aveva concluso il suo soggiorno terreno.

Fede, Speranza e Carità, questo il testamento che lasciò agli amici, ai nipoti ed alla vita.

Quella casa adesso è diventata un ritrovo e rifugio di artisti, furono seguite alla lettera le sue volontà. Meno di un mese più tardi arrivò la cospicua somma di danaro che attendeva da tempo, Trecentosessantacinque mila euro, una parte fu suddivisa tra i nipoti e i due amici più cari, il resto venne depositato come fondocassa per la Casa dell’arte.

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Il racconto vuole evidenziare la condizione di un essere umano, che simbolicamente rappresenta tutti, l’uomo non è del tutto libero, ci sono dei confini da rispettare, ma soprattutto è la vita a porre le direttive di una eventuale decisione. L’intuizione è rappresentata dal bambino che spesso l’umanità trascura preferendo l’analisi eccessivamente razionale.

Non ci si può sottrarre agli eventi della vita e a tutte le esperienze che sono connesse.

L’importanza delle tre virtù teologali, la Fede, non sempre in Dio, ma verso la vita che ci conduce dove siamo destinati, la speranza è il motore del nostro animo che ci spinge a realizzare i sogni, e la carità, che è l’amore.

Amare senza chiedere nulla dovrebbe essere il modo con cui poter costruire un mondo migliore.

Perché L’acacia? Questa pianta simboleggia la speranza della continuità della vita dopo il trapasso terreno.

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