Daniela Giordano nasce a Palermo il 7 novembre del 1946. Muore il 16 dicembre del 2022, nella stessa città, a 74 anni, per le conseguenze di un male inesorabile quanto improvviso. Le sue ceneri sono state sparse in mare davanti a Mondello, nello steso luogo così amato dove aveva lasciato cadere le ceneri del marito, l’amato Emilio Latini, fotografo dello spettacolo, compagno di una vita. Daniela non avrebbe voluto clamore sulla notizia della sua morte, né diffusione sui social, il suo carattere riservato è rimasto tale fino in fondo. Ma io voglio ricordarti così, cara Daniela, con la fascia di Miss Italia, dopo aver vinto il concorso in Sicilia, la Miss Italia più intelligente e colta che abbia mai conosciuto. Quando muore un’attrice resta una scia di sogni interrotti, rimangono tante pellicole non fatte, scarti di celluloide che chiedono ancora d’esser viste. Quando muore un’attrice piange anche chi non l’ha conosciuta, chi avrebbe voluto vederla, chi l’ha sognata dopo un film. Cara Daniela, ti mando un bacio, l’ultimo, metaforico ricordo, resta il nostro libro, restano ancora i sogni, non tutti si sono avverati, ma noi ci proviamo, anche per te, per il nostro cinema, per quel pugno di pellicole che non faranno storia. Adesso sei con Mario Bava che potrà dirigerti ancora in milioni di film …
Per questo motivo, dopo aver pubblicato un libro (Io Daniela, Il Foglio Letterario Edizioni), voglio ripercorrere le tappe della sua carriera, il solo modo intelligente per ricordarla.
Daniela Giordano entra nel mondo del cinema quasi per caso, una sera di metà agosto, sulla stupenda spiaggia di Mondello, quando Daniela vince un concorso fatto in casa, organizzato tra amici e conoscenti, e viene nominata Miss Mondello. La Giordano ha 19 anni e dopo aver ballato con gli amici alla Sirenetta viene incoronata come la ragazza più carina della festa. Il caso vuole che lo zio di Daniela, capo redattore del Giornale di Sicilia, decida di pubblicare un reportage dettagliato dell’evento mondano e – caso ancor più fortuito – che queste foto finiscano nelle mani di chi stava organizzando le selezioni per Miss Italia. Daniela Giordano viene nominata Miss Palermo senza vincere alcuna gara, forse perché la commissione resta estasiata da tanta bellezza, forse perché la procedura selettiva è in ritardo e serve una candidata sicula. Va da sé che la famiglia non approva, ma dopo qualche discussione di rito Daniela – ancora minorenne per la legge del tempo – ottiene il consenso e partecipa al concorso di bellezza più prestigioso d’Italia. “Sarà soltanto un gioco. Tanto non vincerà mica lei…”, dicono i genitori. In realtà Daniela vince il titolo di Miss Sicilia ed è pronta per affrontare la sfida decisiva, tra l’incredulità e la preoccupazione dei familiari. Firma un contratto dove c’è scritto che in caso di vincita di una selezione dovrà partecipare alla successiva e i genitori non sono così convinti di quel che sta accadendo. Viene incolpato lo zio di tutto quel caos imprevisto, perché galeotto fu l’articolo, quindi è incaricata la zia di accompagnare Daniela a Salsomaggiore. Daniela Giordano affascina la giuria per eleganza, sorriso e fattezze mediterranee di ragazza sicula. Non è la classica maggiorata. “Ero magrissima e piccolina rispetto alle altre concorrenti. Rientravo a malapena nelle misure standard richieste dal concorso. Nel 1966 andavano ancora di moda le ragazze formose. Per fortuna quell’anno ci fu un clamoroso cambio di tendenza. Iniziavano ad andare di moda le barbie, alte e magre”, racconta. Viene eletta Miss Italia 1966 ed è obbligata a partecipare al concorso per Miss Europa. Daniela è stanca del gioco, vorrebbe smettere e tornarsene in Sicilia, ma non può abbandonare. Daniela Giordano comincia a occupare le copertine dei rotocalchi e la sua fama si diffonde. È la volta della madre a fare da accompagnatrice a Nizza, per la finale del titolo europeo. Prima della serata conclusiva Daniela compie una tournée negli Stati Uniti e in Canada, questa volta accompagnata dal padre che chiede un permesso speciale alla direzione della banca. In tale occasione viene avvicinata dalla William Morris, importante agenzia cinematografica che la vorrebbe interprete di un film: I barbieri di Sicilia.
La famiglia non è contenta neppure di questa possibilità di entrare nel cinema e cerca di osteggiare la scelta, ma Daniela è irremovibile. Per fare il film decide di rinunciare a Miss Europa e soltanto per questo motivo arriva seconda alla selezione, perché la giuria voterebbe per lei quasi all’unanimità. Daniela si raccomanda al patron del concorso di essere esclusa perché vincendo il titolo dovrebbe partecipare alle selezioni per Miss Mondo, perdendo la possibilità di interpretare il suo primo film. Vince Miss Spagna e la nostra Miss Italia arriva seconda, non terza come dicono molti testi e alcuni siti Internet. Il primo film della Giordano è I barbieri di Sicilia (1967) di Marcello Ciorciolini, dove interpreta un ruolo da coprotagonista, perché è la bella Rosina – sicula come lei – che fa innamorare sia Franco che Ciccio ed è controllata da un’orribile zia, custode della sua verginità. Non è facile per Daniela calarsi nella realtà di un cinema farsesco, non molto considerato dalla critica, ma popolare tra il pubblico, perché proviene da un ambiente alto borghese. Daniela aveva vissuto per dieci anni a Milano, conseguito il diploma al British College, insegnava inglese privatamente. Insomma, era la classica figlia di buona famiglia. Il suo rapporto con Franco Franchi non fu dei più idilliaci e ci furono situazioni in cui il comico – da sempre innamorato delle belle donne – si prese dei vivaci rimproveri per aver osato troppo. Molto meglio il rapporto con Ciccio Ingrassia, più professionale e serioso. Daniela Giordano è al primo film e mostra tutti i limiti di una recitazione improvvisata, anche se la sua bellezza e la presenza scenica sono dirompenti. Daniela viene subito chiamata per un nuovo film: Play boy (1967) di Enzo Battaglia, noto anche come Non ti scordar di me, dal titolo della canzone di Caterina Caselli, interprete con Sergio Leonardi, altro cantante di successo, di un musicarello scritto e sceneggiato sulle note di un motivo che farà successo. “Una commedia gialla con canzoni, girata su una nave da crociera”, lo definisce Daniela Giordano. È la famosa Crociera Beat organizzata dalla rivista Giovani. Ci sono anche Lucio Dalla, Mal dei Primitives, Patty Pravo, I Califfi, i Roll’s 33, altri cantanti popolari, giornalisti come Ivano Davoli, di Paese Sera e molti esponenti del mondo della moda. Il terzo film è Il lungo giorno del massacro (1968) di Alberto Cardone (si fa chiamare Albert Cardiff), con cui comincia l’epopea western di Daniela Giordano, ritenuta adatta a simili pellicole per due motivi. Prima di tutto è siciliana e può interpretare ruoli che prevedono volti da messicana, bruciati dal sole, dal colorito olivastro; in secondo luogo conosce l’inglese ed è avvantaggiata in certe coproduzioni dove non si deve recitare in italiano. Daniela impara persino ad andare a cavallo, ma devono legarle le gambe alla sella per non cadere. La carriera procede a colpi di western con Joe… cercati un posto per morire (1968) di Giuliano Carnimeo, pure lui sfoggia l’anglofono Anthony Ascott, meglio spendibile negli States ma anche con il pubblico italiano, da sempre esterofilo. Daniela Giordano ricorda che le sue scene vengono dirette tutte da Hugo Fregonese – accreditato per la regia internazionale -, al punto che c’è da credere che sia lui il vero regista del film, perché la Giordano lo ricorda anche nei provini, e che Carnimeo sia nei titoli per meri motivi di coproduzione. Nel film Daniela suona persino la chitarra e per farlo realisticamente prende lezioni, interprete principale è Jeffrey Hunter (Gesù ne Il re dei re), un mito per la nostra bella attrice. Un episodio divertente sul set è un malinteso con Jeffrey Hunter, che si prende un calcio nelle parti basse per aver aperto la roulotte – camerino mentre Daniela si sta cambiando. Arriva anche un erotico, uno dei quattro della serie Susanna, con Edwige Fenech protagonista: Susanna… e i suoi dolci vizi alla corte del re (1968) di Franz Antel (ma si firma François Legrand), film introvabile in italiano che si deve vedere nella versione tedesca. Un film coprodotto da Italia, Ungheria e Austria che vede nel cast anche Rosemarie Lindt, Jeffrey Hunter e Pascale Petit. Daniela litiga con il regista, che si comporta in modo poco professionale e va spesso fuori dalle righe, e finisce per dormire in un altro albergo da sola a Budapest, senza avere più molti rapporti con il resto del cast. Un nuovo erotico, la commedia sofisticata Quante volte… quella notte di Mario Bava, girata nel 1969, ma troppo avanti per i tempi al punto che uscirà soltanto tre anni dopo. Un Rashomon all’italiana, Bava che interpreta Kurosawa, la grande occasione in un film d’autore, poco sfruttata per i noti problemi distributivi. Captain Coignet (1969) di Jean Claude Bonnardot è un lavoro che è quasi impossibile recuperare, realizzato per la televisione francese. Un esercito di 5 uomini (1969) è un film attribuito a Don Taylor e Italo Zingarelli, ma riferisce Daniela Giordano che “Don Taylor lo vedemmo solo per un giorno”, quindi il vero regista sembra Italo Zingarelli, e la nostra attrice si aggiudica la parte perché conosce bene l’inglese. “In realtà non era una gran parte, dovevo dire solo una parola: No, ma doveva essere un No all’inglese”, ricorda divertita. Il suo ruolo è quello di Maria, che si ribella all’uccisione del suo uomo, ma il film si ricorda per la sceneggiatura di Dario Argento e la colonna sonora di Ennio Moricone. Nel cast ci sono Bud Spencer, Nino Castelnuovo, Peter Graves (il primo interprete di Mission Impossible), James Daly e Tetsuro Tamba. Vedo nudo (1969) di Dino Risi è cinema comico d’autore ma nell’economia di un film a episodi con Manfredi e Koscina il suo ruolo è secondario. Ombre roventi (1970) di Mario Caiano è un gran bel film, il regista romano è uno degli autori con cui la Giordano si trova meglio, Giannetto De Rossi è un truccatore capace, Erico Menczer, un famoso direttore della fotografia, William Berger un fantastico compagno di scena. Un film da protagonista, girato al Cairo, ruolo da prima donna conquistato sul campo, dopo che Gianna Serra litiga con la produzione. Non facile la lavorazione del film perché impazza la guerra e spesso capita di dover abbandonare l’albergo per colpa dei bombardamenti. Un episodio curioso anche in questo film, avvenuto tra lei e Antonio Cantafora, durante una scena erotica di per sé molto casta, perché l’attore si becca un sonoro schiaffone quando interpreta in modo troppo realistico la sequenza di un bacio. Alcuni testi riportano tra i film del periodo anche … e vennero in quattro per uccidere Sartana! (1969) di Demofilo Fidani, ma l’attrice è convinta di non averlo mai interpretato, infatti la sua filmografia ufficiale non lo riporta e anche dopo la nostra visione non abbiamo reperito traccia della bella attrice palermitana. Bolidi sull’asfalto – A tutta birra! (1970) di Bruno Corbucci, invece è un suo film da protagonista, al fianco niente meno che del mitico Giacomo Agostini, campione di motociclismo. Agostini è molto famoso e al tempo si giravano certi film motoristici che adesso risultano difficili da guardare. La Giordano ricopre il ruolo di fidanzata di Agostini e il compito principale di Corbucci è quello di non far vedere che l’attrice è molto più alta del campione di motociclismo. Daniela Giordano torna al western con Buon funerale amigos!…paga Sartana (1970) di Giuliano Carnimeo e La sfida dei Mackenna (1970) di Leon Klimovsky, girato a Tirrenia nel 1969, nel periodo dello storico sbarco sulla Luna che la troupe segue in albergo. Un piccolo ruolo televisivo per Un’estate, un inverno (1971), ancora diretta da Mario Caiano. Daniela torna al western, questa volta comico demenziale, prodotto da Elektra Film di Bernardi & Spataro con Il suo nome era Pot … ma lo chiamavano Allegria (1971) di Lucio Giachin (Dandolo) e Demofilo Fidani (lo pseudonimo anglofono è Dennis Ford) e Scansati… a Trinità arriva Eldorado (1972) di Dick Spitfire (Diego Spataro, in realtà regia di Aristide Massaccesi). Un piccolo ruolo in entrambi i film, da messicana, per le fattezze mediterranee che si prestano. Lucio Giachin (Dandolo) resta un mistero, forse di lui sa qualcosa Massimo Bernardi, ma Daniela ricorda solo un clima di grande amicizia sul set, quasi di goliardia, dove recita per poco o niente, per stare in compagnia di persone con cui si trova bene.
In questo periodo Daniela Giordano è in rotta con la famiglia che non approva la scelta di fare l’attrice, soprattutto il padre funzionario di banca che le taglia i viveri e le impone di mantenersi da sola. Servono almeno tre film l’anno per raggiungere l’indipendenza economica, così per un certo periodo Daniela arrotonda le entrate assemblando pezzi e inventando una nuova linea di abat-jour che offre a diversi negozi e scrivendo articoli come freelance writer. Il cinema resta la prima entrata, comunque, e alla fine diventa l’unica, perché Daniela si rende conto che le cose vanno fatte in maniera professionale. Il genere western va di gran moda e lei è richiesta come messicana e come attrice anglofona. Interpreta I quattro pistoleri di Santa Trinità (1971) di Giorgio Cristallini, girato alla De Laurentiis, d’inverno, ma sono un problema gli esterni realizzati in mezzo alla neve. Peter Lee Lawrence è il protagonista, un attore affascinante che piace molto a Daniela, anche se per lui “è soltanto una ragazzina”. Altro western iberico: Una tomba aperta… una bara vuota (La casa de las muertas vivientes) (1972) di Alfonso Balcazar Granda. Piccolo ruolo nel thriller Il tuo vizio è una stanza chiusa e solo io ne ho la chiave (1972) di Sergio Martino. Di nuovo western con Trinità e Sartana figli di… (1972) di Mario Siciliano, con Harry Bird e Robert Widmark (Alberto Dell’Acqua!). Violenza contro la violenza (1972) di Rolf Olsen e Lee Payant è un noir efferato e violento, scritto dal regista con la collaborazione di Fernando di Leo, interpretato da Gianni Macchia e Raymond Harmstorf, famoso in Italia per Il richiamo della foresta e Zanna Bianca. Un film spietato, poco compreso dalla critica ma da rivalutare, precursore di Quel pomeriggio di un giorno da cani. Le avventure del Barone Von der Trenck (1973) di Fritz Umgelter è una piccola prova per la televisione tedesca. Nel 1973 si ricorda una stagione teatrale di 6 mesi per una commedia di Mario Landi: Che brutta époque, con Antonella Steni, Elio Pandolfi e Massimo Dapporto, prima al Teatro Sistina di Roma. La casa della paura (1974) di William L. Rose – un regista nordamericano alla sua unica prova – è un film noto anche come The Girl in room 2A, prodotto da Dick Randall.
Daniela Giordano viene ingaggiata come protagonista perché sa parlare inglese, sua carta vincente, visto che il suo carattere non era molto conciliante e spesso litigava con registi e agenti che pretendevano cose che lei non voleva fare. “Se non avessi saputo l’inglese avrei lavorato molto meno!”, dice. Film girato a Roma, una storia d’amore dal taglio esoterico, in una villa periferica. Rosalba Neri è un’incappucciata, ma ci sono anche Raf Vallone e Angelo Infanti, mentre John Scanlon (detto sellerone) è il poco convincente coprotagonista, fidanzato di Daniela (che lo sopporta poco). La cameriera (1974) di Roberto Bianchi Montero – “regista paziente e professionale” – e Malocchio – Eroticofollia (1975) di Mario Siciliano, due commedie sexy, la prima girata a Gallipoli, nelle quali la Giordano riveste un ruolo importante. Roma violenta (1975) di Marino Girolami (Franco Martinelli) è un poliziottesco di gran ritmo che incassa molto e contribuisce all’affermazione del genere, ma Daniela Giordano ci lavora soltanto una settimana. Bravissimo Maurizio Merli, ma soprattutto il regista è un signore, che insegna molte cose alla giovane attrice. Il vizio ha le calze nere (1975) di Tano Cimarosa è un giallo all’italiana in salsa sicula con John Richardson e Dagmar Lassander, debutto alla regia per l’attore comico Cimarosa, qui anche interprete con Ninetto Davoli, Magda Konopka e Giacomo Rossi Stuart. Un film molto tagliato dalla censura che vede protagonista una killer in gonnella che uccide a colpi di rasoio prostitute e donne infedeli. Piccolo ruolo per la Giordano. Il fidanzamento (1975) di Giovanni Grimaldi, testo di Goffredo Parise, girato a Catania, interprete principale Lando Buzzanca, attore con cui la Giordano si trova molto bene. “Un ritorno a casa” ricorda “ma tanta stanchezza per il ritmo convulso delle riprese, al punto che prima della scena del matrimonio mi misi a dormire in un confessionale e dovettero venire a cercarmi”. L’infermiera di mio padre (1976) di Mario Bianchi è girato a Santa Maria di Leuca dal figlio di Roberto Bianchi Montero, che Daniela ricorda “più superficiale del padre, meno professionale e meno sensibile, ma in fondo un buon direttore di attori”. Karamurat, la belva dell’Anatolia (1976) di Herb Al Baurr (Natuk Baytan) e Ernst Hofbauer è un film storico, d’avventure, su una sorta di eroe nazionale turco, che vede protagonista George (Cüneyt) Arkin, star del cinema turco. Daniela Giordano è una bajadera che viene rapita e poi salvata dall’eroe, ma ricorda con grande dispiacere questa esperienza turca, perché “la donna non esiste nella loro cultura, tutti mi guardavano e facevano dei risolini, poi nessuno sapeva parlare italiano o inglese”. L’adolescente (1976) di Alfonso Brescia e La portiera nuda (1976) di Luigi Cozzi, due nuove incursioni nel genere sexy, ma se nel primo Daniela è la protagonista indiscussa, nel secondo riveste un ruolo marginale. Le impiegate stradali -Batton Story (1976) di Mario Landi e Un toro da monta (1976) di Roberto Mauri sono ancora commedie sexy, la prima di un certo livello, piuttosto raffinata. Starcrash – Scontri stellari oltre la terza dimensione (1977) di Luigi Cozzi è il solo fantascientifico in carriera, ma la sua parte viene soppressa in fase di montaggio. “Sono appassionata di fantascienza e Luigi Cozzi è un mio caro amico”, confessa. Aggiunge subito dopo: “Si potrebbe eliminare Starcrash di Luigi Cozzi dalla filmografia. Ho lavorato circa dieci giorni in quel film. Una settimana in Calabria con Caroline Munro e Judd (suo marito) e qualche giorno in teatro di posa a Roma. In fase di montaggio Cozzi ha tagliato tutto, non so perché, il film probabilmente era molto lungo. Di conseguenza non appare il mio nome da nessuna parte, se non per sbaglio”. Inquisición – Inquisizione (1978) di Paul Naschy (Jacinto Molina) è un film importante interpretato dallo stesso regista insieme a Riccardo Merino, Monica Randall e Antonio Casas. Daniela Giordano è la protagonista femminile e sotto la guida di Molina s’innamora del cinema, acquistando consapevolezza del ruolo, ma il film non circola in Italia pure se in Spagna riscuote molto successo. Si deve vedere doppiato in castigliano, per fortuna una lingua che conosco piuttosto bene. Un film in costume con la Giordano che diventa strega per amore, tenta di uccidere l’Inquisitore, finisce per innamorarsi di lui e viene messa al rogo insieme al suo uomo. Girato a Madrid con cura maniacale per i dettagli, una vera stanza delle torture, un vero teschio con i vermi, un film formalmente perfetto che cura nei minimi dettagli la realtà storica. Nonostante questo film in costume, senza sesso ma girato con molto rispetto per lo spettatore, Daniela non ottiene altre proposte importanti e resta coinvolta nella crisi generale del cinema. Soltanto due i lavori che restano da citare. Il braccio violento della mala (1979) di Sergio Garrone – amico di Daniela – è un film noir di un certo interesse con la Giordano che gira la sua parte in Spagna, nei dintorni di Madrid, dove lavora per circa un mese. Le segrete esperienze di Luca e Fanny (1980) di Roberto Girometti e Gérard Loubeau è l’ultimo film, un modesto erotico psicologico, ma si tratta di quattro o cinque pose. L’agente di Daniela – Felicioni, figlio del produttore della Scalera Film – lascia l’attività e anche l’attrice si ritira dalle scene. Resta a Roma fino al 1986 dove tira avanti facendo traduzioni, quindi torna in Sicilia a vivere con il marito giornalista, incontrato sul set de L’adolescente, dove era stato inviato per scrivere un servizio. Ricordiamo en passant Help Me Have No Human Ways (2015) di Chris Milewski, dove Daniela si limita a doppiare in italiano un paio di frasi di un filmino di trenta minuti realizzato da un fan e poi caricato su YouTube. Un vero film è Erba celeste (2016) di Valentina Gebbia, dove la Giordano recita qualche posa, girato e montato nel 2015, ha ottenuto il visto censura nel 2016. Un tema difficile come l’uso terapeutico della marijuana.
Daniela Giordano ci dice che non vedeva quasi mai i suoi film. “
“In realtà solo due o tre film ho visto al cinema o in TV nel tempo in cui erano stati realizzati (almeno un anno dopo) e solo per caso. Non c’era nessuno che mi avvertiva che era uscito un mio film. Nemmeno il mio agente del momento. Né potevo controllare le uscite sui giornali ogni giorno. E comunque, spesso ero all’estero e i miei film stavano fuori tre – quattro giorni in circuiti secondari. Né venivano presentati alla consueta prima privata alla fine della realizzazione. L’unico in cui c’è stata una prima, e anche con un fotografo, fu per La cameriera. Una delle leggi non scritte era quella che alle attrici (o agli attori, ma sopratutto alle attrici) non si doveva mai far vedere il consueto girato a fine settimana o, a secondo del regista, ogni tre – quattro giorni. Perché le attrici avrebbero potuto lamentarsi del trucco, dei vestiti, o altro. Comunque, non si doveva mettere bocca, perché se no si sarebbe perso un sacco di tempo a discutere o a correggere qualcosa. Quindi, io non mi sono mai vista – né prima, né dopo anche se per motivi diversi. Questa legge all’inizio mi stava bene. Era possibilissimo che vedendomi sullo schermo non mi sarei piaciuta e questo mi avrebbe tolto l’unica cosa meritevole che ritengo di avere: la spontaneità. Ma quando ormai avevo metà della mia carriera alle spalle e mi rendevo conto, anche senza vedermi sullo schermo, che c’erano delle cose che non andavano bene, a questo punto la ‘legge’ mi veniva un po’ stretta e avrei voluto sì discutere o anche litigare, perché no. Comunque, solo alle attrici di un certo rilievo veniva concesso di vedere il girato, e io non ero tra quelle”.