Trasmettere Nebbia in agosto in occasione del Giorno della Memoria è stata un’idea originale dell’emittente satellitare Cielo, invece di passare i soliti film visti un numero indefinito di volte. Si cambia persino prospettiva, non si parla di ebrei, ma di soluzione finale allargata, di eutanasia di Stato, imposta con un ordine dall’alto nei confronti di malati incurabili, afflitti da malattie nervose. Tutto nasce da una storia vera e da un romanzo di Robert Domes che ha inserito alcuni personaggi di fantasia per raccontare le vicissitudini del giovane Jenisch Ernst Lossa, ucciso con due iniezioni letali dal personale medico di un istituto psichiatrico. Kai Wessel è un regista tedesco di impostazione televisiva, ma in questo film realizza uno spaccato veritiero e crudele di aberrazioni naziste da non dimenticare. Il quattordicenne Lossa è uno zingaro (uno jenisch, per i nazisti una razza inferiore come gli ebrei), che potrebbe uscire dall’ospedale se il padre avesse fissa dimora, ma è costretto a restare nella struttura perché la legge impone una residenza per i minori. Proprio lui e una coraggiosa suora si renderanno conto di quel che sta accadendo in clinica, prima con la deportazione di molti malati, quindi con lo sterminio sistematico a base di sciroppi avvelenati e di iniezioni letali. Una storia d’amore adolescenziale funge da cornice per uno spaccato di vita senza speranza, che termina nel solo modo credibile, ma che il regista stempera con una poetica sequenza finale di grande valore metaforico. Sebastian Koch è l’attore più famoso del film, visto in molte produzioni televisive e in un recente lavoro di Spielberg (Il ponte delle spie, 2015), è il cattivo della situazione, il medico incaricato di sopprimere i malati che rappresentano un peso per la società. Molto bravo anche il piccolo Ivo Pietzcker nei panni del ragazzino zingaro che scopre le magagne dell’istituto psichiatrico e s’innamora di una coetanea che protegge con tutto se stesso. Il merito del film è di avere il coraggio di affrontare un aspetto meno noto del delirio nazista, il programma di eutanasia per minori e disabili, messo in scena con una fedele ricostruzione della vita ospedaliera, tra toni grigi e cupi, momenti onirici e fredde sequenze di morte. Nebbia d’agosto pare quasi un horror realistico che si stempera in un clima da tragedia, in una suspense che non lascia scampo, con un finale che fa filtrare una flebile luce di speranza. Visto in Italia al Giffoni Film Festival, dove è stato premiato, non è mai passato in sala, se non nei circuiti Fice e in alcuni cinema d’essai. Per la ricostruzione dei crimini nazisti legati al programma di eutanasia clinica, il regista si è avvalso della consulenza storica del professor Michael von Cranach, direttore della Clinica psichiatrica Kaufbeuren.
Titolo Originale: Nebel im August. Lingua Originale: Tedesco. Paese di Produzione: Germania. Anno: 2016. Durata: 126’. Genere: Drammatico, Bellico. Regia: Kai Wessel. Soggetto: Nebbia in agosto di Robert Domes. Sceneggiatura: Holger Karsten Schmidt. Fotografia: Hagen Bogdanski. Montaggio: Tina Freitag. Musiche: Martin Todsharow. Costumi: Esther Amuser. Produttore: Ismael Feichtl, Ulrich Limmer. Casa di Produzione: Collina Filmproduktion, Dor Film Produktionsgesellschaft. Interpreti: Ivo Pietzcker (Ernst Lossa), Sebastian Koch (Dr. Werner Veithausen), Thomas Schubert (Paul Hechtle), Fritzi Haberlandt (Oberschwester Sophia), Henriette Confurius (Edith Kiefer), Branko Samarovski (Max Witt), David Bennent (Oja), Jule Hermann (Nandl), Niklas Post (Josef), Karl Markovics (Christian Lossa).