Luca Vincenzo Simbari: l’Uomo-Poeta della Natura della Libertà

Articolo di Bartolomeo Di Giovanni

Scorrendo i versi del poeta pare trovarci seduti sopra una roccia e di fronte guardare tutta la manifestazione della natura. Versi di freschezza bucolica che demoliscono il senso fittizio del progresso riportandoci proprio dove siamo stati scagliati, sulla nuda terra con cimeli di emozioni da ravvivare con i primordiali elementi della natura. Ciò che potrebbe sorprendere agli acuti lettori è la costante presenza dell’elemento fuoco.

Cosa rappresenta il fuoco? Una domanda che trova spazio nel quadrivio di risposte simboliche.

Luce-Ombra

Vita-Morte.

Il culto del fuoco e il simbolismo dello stesso risalgono alla preistoria, fuoco che rappresentava la natura spirituale della luce.

I romani adoravano il fuoco come una divinità e veniva raffigurato da una Vestale presso un altare sopra il quale ardeva il fuoco, oppure una donna che teneva un vaso pieno di fuoco. Fu’ Numa Pompilio ad istituire il culto del fuoco, dedicato “focolare”, le vestali dovevano alimentare continuamente la fiamma nel tempio circolare senza lasciare mai che il fuoco si spegnesse, qualora accadeva dovevano pagare con la loro vita. Di questo fuoco eterno I Filosofi Siriani e Caldei erano soprannominati i filosofi del fuoco.

Lo Zoroastrismo era la religione del fuoco. Essi avevano per questo elemento un rispetto che sembrava essere una specie di culto, del quale del resto si trovano tracce in tutta la mitologia e poesia dell’Asia e dell’Europa. Nel mito e nei racconti epici il fuoco è simbolo di ascia, spada, lancia o freccia acquisendo così la sua caratteristica di genere maschile. Il fuoco del mito è quello che Prometeo rubò alla divinità, che Vulcano usava per creare i fulmini di Giove e le armi degli dei. Il fuoco è da sempre considerato come il più straordinario elemento della natura soprattutto per il suo potere di forgiare e trasmutare i metalli.

Il Fuoco ha le tendenze impetuose dell’energia maschile: incita alla collera e sarebbe portatore di distruzione, se non fosse moderato dagli altri Elementi combinati. Alla forza ascensionale del Fuoco si oppone infatti in primo luogo l’Acqua, che scorrendo verso il basso va a riempire ogni spazio vuoto o cavo. Rinsalda quel che il Fuoco dilata. La sua azione è dunque centripeta o costruttiva; invece di elevarsi verticalmente come il Fuoco, si espande in orizzontale. Tende cosi al riposo, alla calma, il che consente di accostare la sua passività alla dolcezza femminile.

L’unione del Fuoco, triangolo con la punta in su, e dell’Acqua, triangolo con la punta in giù, forma il simbolo dell’anima umana. Lo Spirito, fuoco interiore nell’Umano è nello stesso tempo conoscenza penetrante dell’intelletto individuale, é illuminazione spirituale o distruzione dell’involucro. Si dice ardere d’amore , perché il fuoco è anche la passione che unisce i due che si fondono per divenire un solo elemento.

Il sole misterioso/aiuta sempre l’ape innamorata/che col suo dono proverbiale/fa slittare nettare/dai colori d’ombra.

C’è un ape/che ogni giorno /alla stessa ora/viene a farmi visita/[…]il suo ronzio/mi fa ricordare/[…]Venezia.

Queste strofe di due diversi componimenti hanno in comune l’ape, l’autore stesso ci dice che è la rappresentazione della libertà che non può essere oltraggiata, l’ape metafora della libertà ci rivela il suo essere intoccabile, cioè se offesa nel suo “svolazzare” può essere pericolosa, allora la sacralità si veste di Giudizio insindacabile e usa il suo velenoso pungiglione.

La libertà pertanto ha i suoi principi intoccabili, l’adesione ad essa richiede la massima attenzione ed il massimo rispetto. Ciò mi fa pensare alla Merini che si definì Piccola Ape furibonda, infatti non bisogna pensare di provare ad ostacolare l’elegante insetto perché si corre il rischio di ricevere la dolorosa puntura.

Bernardo di Chiaravalle richiama la simbologia dell’ape per rappresentare lo Spirito Santo Paraclito, difensore della filiazione tra Padre e figlio, difensore della libertà di esserci e manifestarsi. L’ape scompare in inverno ma rinasce in primavera, il Kristos che muore e risorge. Rappresentazioni del poeta che si concludono con la strofa del campo bruciato dove la natura inizia il suo percorso grazie alla Luce.

L’opera di Luca potrebbe definirsi un contrasto propositivo e performativo tra Mistero e Parola, stasi e movimento, osservazione e riflessione. Nel momento in cui l’uomo-poeta si pone come elemento di mediazione tra il Cosmo e la Natura, è già verso la via della gnosi intuitiva che si acquisisce tramite il rapporto intimo con il miracolo della vita stessa.

Gli elementi che si susseguono, all’interno dei versi, sono ricerca incessante dell’arché della totalità del Bello e Sublime,

il nodo che si evince di strofa in strofa è il mistero del poeta che preferisce esternare col silenzio dei versi.

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