Tutto nasce dal romanzo di Brian Garfield del 1972, un successo epocale che nel 1974 dà origine a un grande film di Michael Winner interpretato da un gelido Charles Bronson, il primo ad affrontare il tema della violenza urbana e della vendetta personale nei confronti della delinquenza, che produce quattro sequel negli anni Settanta – Ottanta. Il giustiziere della notte di Winner è una pietra miliare del cinema di genere, anche in Italia dà il via a una serie di film di pura imitazione abbastanza riusciti che si prendono l’assurda accusa di cinema fascista (Il cittadino si ribella di Enzo G. Castellari, interpretato da un ottimo Franco Nero, su tutti). Il remake di Roth approfondisce gli aspetti psicologici dei personaggi e modifica il quadro di fondo, perché il protagonista non è ingegnere ma medico, ma conserva la tematica del giustiziere che da timido e pacifico borghese diventa carnefice di delinquenti. Doveva essere Sylvester Stallone l’interprete del ruolo principale, il nuovo Paul Kersey, in un progetto abortito del 2006, in effetti ne avrebbe avuto il fisico e lo spessore, ma anche Bruce Willis risulta interprete efficace. Il regista avrebbe dovuto essere Joe Cameron, si era pensato ad altri protagonisti come Benicio Del Toro e Liam Neeson, infine è arrivato Eli Roth per dare una sua impronta al progetto, contando sulla sceneggiatura di Joe Carnahan e su un budget di 30 milioni di dollari. La trama è nota. Un medico chirurgo conduce un’esistenza tranquilla, quando una rapina in villa gli sconvolge la vita perché i banditi uccidono la moglie e mandano in coma la figlia. L’uomo passa un periodo di crisi, finisce in analisi, quindi si procura una pistola e si trasforma nel Tristo Mietitore incappucciato, si mette in proprio a caccia degli assassini della compagna e fa giustizia di crimini di ogni tipo commessi nei bassifondi cittadini.
Il giustiziere della notte è un film ad alta tensione, girato secondo le regole del cinema di genere nordamericano, caratterizzato da fotografia notturna, montaggio sincopato, sceneggiatura a orologeria, panoramiche e primissimi piani, ambientato in una metropoli cupa e angosciante. Roth e Carnahan modernizzano il contesto, inserendo i video su Internet, i social, la passione statunitense per il calcio femminile, lasciando il tema del farsi giustizia da soli quando la polizia è impotente. Finale molto nordamericano con una morale non del tutto condivisibile, la solita di sempre, che la bontà non paga, che sia giusto farsi giustizia da soli quando la polizia non riesce e che possedere un’arma, in fondo dia sicurezza. Parlando di cinema di genere, che non segue alcuna regola morale, Eli Roth riesce molto bene ad attualizzare un caposaldo del cinema anni Settanta. Un film da vedere senza pregiudizi.
Titolo Originale: Death Wish. Pasese di Produzione: Stati Uniti, 2018. Durata: 107’. Genere: Azione. Regia: Eli Roth. Soggetto: Brian Garfield (romanmzo). Sceneggiatura: Joe Carnahan. Fotogrtafia: Rogier Stoffers. Montaggio: Mark Goldblatt, Yvonne Valdez. Musiche: Ludwig Göransson. Scenografia: Paul Kirby. Distribuzione Italia: Eagle Pictures. Interpreti: Bruce Willis (dr. Paul Kersey), Vincent D’Onofrio (Frank Kersey), Dean Norris (detective Kevin Raines), Kimberly Elise (detective Leonore Jackson), Elisabeth Shue (Lucy Rose Kersey), Camila Morrone (Jordan Kersey), Beau Knapp (Knox), Ronnie Gene Blevins (Joe), Jack Kesy (The Fish), Kirby Bliss Blanton (Bethany), Wendy Crewson (dott.ssa Jill Klavens), Mike Epps (dott. Chris Salgado), Stephanie Janusauskas (Sophie).