Il mandato d’arresto per Putin

Articolo di C. Alessandro Mauceri

La notizia è stata diffusa sui media di tutto il pianeta: la Corte penale internazionale dell’Aia ha emesso un mandato d’arresto internazionale per il Presidente russo Vladimir Putin e per Maria Alekseyevna Lvova-Belova, Commissaria russa per i diritti dei bambini.

Secondo la Corte penale internazionale dell’Aia, Vladimir Vladimirovich Putin, sarebbe “presumibilmente responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale della popolazione (bambini) e del trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Federazione Russa (ai sensi degli articoli 8(2)(a)(vii) e 8(2)(b)(viii) dello Statuto di Roma]. I crimini sarebbero stati commessi nei territori occupati ucraini almeno dal 24 febbraio 2022”. Inoltre per la Corte “Vi sono ragionevoli motivi per ritenere che Putin abbia la responsabilità penale individuale per i suddetti crimini, (i) per aver commesso gli atti direttamente, congiuntamente con altri e/o attraverso altri (articolo 25, paragrafo 3, lettera a), dello Statuto di Roma), e (ii) per la sua incapacità di esercitare adeguatamente il controllo sui subordinati civili e militari che hanno commesso gli atti, o consentiti per la loro commissione, e che erano sotto la sua effettiva autorità e controllo, in virtù di una responsabilità superiore (articolo 28 (b) dello Statuto di Roma)”.

Procedura analoga per Maria Alekseyevna Lvova-Belova “presumibilmente responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale della popolazione (bambini) e del trasferimento illegale di popolazione (bambini) dalle zone occupate dell’Ucraina alla Federazione russa [ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), punto vii), e dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera b), punto viii), dello Statuto di Roma]. I crimini sarebbero stati commessi nei territori occupati ucraini almeno dal 24 febbraio 2022”. Anche in questo caso vi sarebbero “ragionevoli motivi per ritenere che la sig.ra Lvova-Belova abbia una responsabilità penale individuale per i suddetti reati, per aver commesso i fatti direttamente, congiuntamente con altri e/o tramite altri [articolo 25, paragrafo 3, lettera a), dello Statuto di Roma]”.

L’accusa riguarderebbe la deportazione di migliaia di bambini e ragazzi ucraini nei campi di “rieducazione” in Russia a partire da febbraio 2022. Secondo la Corte Penale dell’Aia sarebbero stati trasferiti illegalmente più di seimila minorenni ma si teme che il numero reale possa essere molto maggiore (secondo fonti ucraine, oltre sedicimila).

La cosa non sembra aver preoccupato molto Putin che si è concessa una “gita” in Crimea. Com’è possibile una tale indifferenza? Cos’è che i media hanno dimenticato di dire?

A guardare bene sono molte le cose molti hanno “dimenticato” di dire ai propri lettori o ascoltatori.

La Corte Penale Internazionale istituita con lo Statuto di Roma nel 1998 è diversa dalla ben più blasonata Corte Internazionale di Giustizia. In base all’art. 13 della Convenzione di Roma, la Corte Penale Internazionale può procedere su richiesta di uno degli stati aderenti alla Convenzione, si richiesta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o per iniziativa del Procuratore della Corte penale internazionale. Ebbene, i paesi che aderiscono allo Statuto di Roma sono poco più di 120. una trentina hanno firmato ma non ratificato il trattato. E tra questi, ci sono la Russia e gli USA (che hanno più volte dichiarato di non voler firmare la ratifica). Dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle NU, ben tre non hanno aderito USA, Cina e Russia. Quanto all’Ucraina ha sottoscritto lo Statuto di Roma, ma non ha mai ultimato le procedure di ratifica per difficoltà interne di ordine costituzionale(!). Pur non essendo diventato uno Stato Parte, ha dichiarato più volte di voler accettare la giurisdizione della Corte ai sensi dell’art. 12, comma 3.

Anche l’istruttoria pare mostrare qualche lacuna. L’accusa di aver portato migliaia di bambini in Russia sarebbe supportata dalle prove trovate durante le tre visite in Ucraina effettuate (con il supporto di diversi stati tra cui Italia, Francia, Regno Unito che avrebbero inviato squadre della polizia scientifica a supporto delle autorità ucraine) dal procuratore capo della Corte Penale Internazionale Khan. 

Peraltro, non è la prima volta che l’Ucraina cerca di far processare la Russia. Nel 2014, aveva depositato la richiesta per accettare la competenza della Corte per i crimini commessi dalla Russia sul proprio territorio nel periodo dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014. Nel 2015, ci provò di nuovo. Ma senza grossi risultati. E allora, nessun giornale dedicò così tanta enfasi alla notizia. L’accusa in quell’occasione era di “aggressione”. In base agli accordo di Kampala del 2010, il crimine di “aggressione” è stato inserito attraverso emendamenti alla Convenzione, ma con particolari limitazioni alla giurisdizione della Corte Penale. Mentre per i crimini di guerra, per il genocidio e per i crimini contro l’umanità, c’è la possibilità che uno Stato che non fa parte della Convenzione dichiari di accettare la competenza della Corte, (come ha fatto l’Ucraina), lo stesso non avviene per i crimini di aggressione. “Con riferimento a uno Stato non Parte del presente Statuto”, (art. 15 bis paragrafo 5) “la Corte non esercita il proprio potere giurisdizionale su un crimine di aggressione quando quest’ultimo è commesso da cittadini di tale Stato o sul suo territorio”. E dato che la Russia non fa parte dei Paesi che aveva ratificato la Convenzione tutto finì in un buco nell’acqua. Ora l’Ucraina è tornata alla carica.

Immediata la risposta delle autorità sovietiche: il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov ha dichiarato che Mosca non riconosce l’autorità del Tribunale.

L’aspetto più importante di tutta la vicenda (ma anche di questo i media non hanno parlato) è che la Corte Penale Internazionale non eseguirebbe processi in contumacia. Questo significa che, a meno che Putin e la sua coimputata non decidessero di presentarsi volontariamente ai giudici dell’Aia, i processi non andranno avanti. Rimarranno quello che sono già ora: un attacco mediatico al leader russo e alla Russia in generale.

A ben guardare, sarebbero molti i reati che dovrebbero dare vita a processi per mano della Corte Penale Internazionale. Tra i crimini contro l’umanità ci sono gli atti elencati all’art. 7 della Convenzione, commessi nell’ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell’attacco: omicidio, sterminio, riduzione in schiavitù, deportazione, imprigionamento, tortura, stupro, violenze sessuali, persecuzione contro un gruppo per ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di tenore sessuale, sparizione forzata di persone, apartheid, e infine tutti gli altri atti “inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all’integrità fisica o alla salute fisica o mentale”. Basta leggere questo elenco per farsi un’idea di quante procedure dovrebbero essere avviate: dalle persecuzioni tribali in Africa e in Oriente al trattamento riservato ai rifugiati in molti paesi. Secondo alcuni, anche la maternità surrogata a pagamento, un processo estremamente diffuso in Ucraina già prima dell’inizio del conflitto con la Russia potrebbe rientrare tra questi crimini: violerebbe apertamente la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e della Convenzione dei Diritti del Fanciullo. Ma di tutto questo nei registri della CPI non c’è traccia. E i media preferiscono non parlarne.

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