di José A. Franchini
J.A. Franchini: “Oggi 24 Marzo 2023 ripropongo questo mio scritto, in ricordo del Golpe del 24 Marzo 1976, che instaurò la Dittatura Militare di Jorge Rafael Videla e dei suoi scagnozzi, l’evento peggiore che abbia mai subito l’Argentina”.
Non è facile, lo hai detto tante volte e ha ancora un senso.
L’aria è dura, secca. La stufa accesa mitiga il freddo, e i dubbi e le inquietudini e i fantasmi che entrano dalla fessura della finestra. E la nitidezza di un messaggio – un sms – ricevuto dal cellulare.
L’ostilità, l’aggressività, la chiusura… il muro.
Quel muro alto di pietre, con il verderame che lo rende scivoloso, quel muro dietro il quale ci sono i settari, i seguaci della gerarchia, i cinici, la fratellanza che gode senza condividere, che si oppongono ai Tradizionalisti, senza neppure sapere a cosa serva.
Di notte si sente l’abbaiare dei cani e il rumore delle automobili lungo la strada.
Sì, lo so che si tratta del mistero dello Specchio, di quello che c’è dietro, il buio insondabile, il Mistero di cui parlano Papa Francesco e la Chiesa Cattolica, l’Energia Spirituale, la Trascendenza.
Ma la barriera è del Male, non è del Bene, è quella Forza contro cui i Jedi hanno combattuto all’indomani di Star Wars. Qualcosa accade, ma non si accontentano, altrimenti la farebbero franca, altrimenti reprimerebbero la libertà, reagirebbero alle nostre avances.
Non disertare, Abelardo, mi dice il Super-io, non possiamo semplicemente arrenderci. “Bisogna continuare a non abbassare la guardia / andare avanti / non aspettare, io non ti insegnerò a vivere…/ un amore come un sentimento o una canzone/ o altro che mi aiuti a svegliarmi”. Una canzone eseguita da Gian Carlo Baglietto.
Il ronzio dell’orologio, il taccuino che mi ha regalato Liliana e la volontà di cercare un modo, nonostante i contrattempi e le sconfitte, come dice la canzone Per la semplicità della mia gente di Sergio Denis, combattendo, giocando in contropiede, contrattaccando.
Un altro colpo ricevuto… ascolti The Cure – Robert Smith -.
Una sera d’inverno, José, hai fatto un passo indietro e sei tornato al tuo posto, ma ancora barcolli, è stato un momento difficile ed è difficile riprendersi.
La luce bianca opaca, le pareti e i mobili che ti circondano, seduto sul letto, mentre scrivi con fervore, con angoscia, cercando, aspettando che qualcuno legga queste righe, desiderando arrivi un domani, sì, anche contro l’indolenza di José, contro l’apatia atavica, contro gli schematismi, contro la mancanza di civiltà, contro le meschinità ignoranti. Fantasmi e brutti ricordi, e poi… la suggestiva voce di Robert Smith… British Pop… tanto apprezzata e considerata in Argentina.
Difficile liberarsi delle difficoltà, come fare, dove andare?, in una cavità bianca, forse, dalle pareti morbide – come già scrivevo -, o in qualche satellite come la Luna, o in una Stella del Cosmo… Scappare, fuggire, correre su un prato vicino a un bosco della Vestfalia, cercando nel Reno i Nibelunghi, i personaggi mitico-mistici evocati da Richard Wagner nella sua Opera… Bayreuth… i miti germanici… Dove sarai Odino? Riesci a capire il mio dolore, Dio-Guerriero? E penso a Jorge Luis Borges e al suo culto delle leggende e delle storie britanniche. E penso a Franz Kafka, alla sua angoscia e alla sua fredda, ascetica descrizione esistenzialista di momenti, atmosfere e personaggi… dove sarai Franz? Sicuramente San Pietro ti ha fatto posto in Paradiso, e di tanto in tanto scenderai di là, per vagare tra le strade e le case di Praga o di Berlino.
E i pomeriggi con Maria Sackler, a decifrare Erich Fromm nel Parquecito della sua casa di Escobar, nel quartiere Lambertucci, lungo la via Estrada. Spero che tu stia bene Maria, ti dedico un pensiero. Non ci hai pensato molto, tu, Nelly Sosa, di Villa General Belgrano… il limite culturale, lo schematismo-egoismo sono una pessima consigliera.
Andare, tornare, arrivare, finire, ricominciare, vivere un Controgolpe come diceva il titolo di un articolo del Clarin su Eduardo Duhalde negli anni ’90, durante il Menemismo.
Questo non è un buon momento per mollare José, sarò altrimenti un perdente irritato come dice la canzone di Franco De Vita. Troverò un modo, non potranno battermi, sono loro, se non stanno cercando di ingannarmi, a voler semplicemente vincere, a farla franca, sono i localisti-sciovinisti, i chiusi, i reazionari. E penso ad Allan García che si è suicidato per una vicenda di corruzione, quella di Odebrecht, la società di costruzioni brasiliana, la manovra fraudolenta realizzata durante il suo governo. Non avrebbe dovuto dare il braccio da torcere, lui sapeva di essere innocente e se non lo era, avrebbe dovuto affrontare il processo con dignità e confessare la sua colpa. Per me era una brava persona.
Sì, stanno dietro la finestra, al buio, con i loro occhi rossastri e i denti aguzzi, ridono e sussurrano sottovoce… per Karina Botta, per lei e per altre brave persone, andrò avanti. Vado a letto, cercherò di dormire in questa notte d’autunno.
(traduzione di Paolo M. Rocco)
In foto Josè Abelardo Franchini: Spazio della Memoria a Buenos Aires