Nanni Moretti torna a girare un suo film, un lavoro personale, impregnato di vita e cinema, ma anche di musica e ricordi, un’opera singolare e atipica nel panorama cinematografico italiano, un lavoro commovente e nostalgico che molto bene lo rappresenta. Il sol dell’avvenire piacerà a chi ama Moretti senza mezzi termini, a chi pretende di vederlo onnipresente sulla scena, egocentrico e ingombrante come pochi, intento a cantare la sua musica preferita mentre guida un’auto o a comporre una coreografia basata su ritmi anni Ottanta (Sono solo parole, Voglio vederti danzare). Il sol dell’avvenire è cinema sul cinema, dove Moretti spiega come si dirige una troupe, come vengono le idee e come si realizzano usando la macchina da presa. Un altro film – perfettamente intersecato nella finzione cinematografica – racconta la vita privata del regista Giovanni (una tantum non si chiama Michele), con un matrimonio in crisi, una moglie (Buy) che è in cura da uno psicanalista per darsi la forza di lasciarlo e lui che non vorrebbe far morire una storia che va avanti da quarant’anni. Il regista sta girando un film che vede protagonista un direttore dell’Unità (Orlando) ai tempi dell’invasione dei carri armati russi in Ungheria, mentre il Circo Budavari (citazione da Palombella Rossa) mette in scena uno spettacolo in un quartiere periferico romano. La base dei comunisti italiani sarebbe contraria all’invasione ma Togliatti ha deciso che non si può rompere il rapporto con l’Unione Sovietica e quindi l’aggressione va giustificata. Il regista decide in corso d’opera di cambiare il finale del film, non più il suicidio del direttore, ma un soffio di speranza con una fantascientifica rottura tra Partito Comunista Italiano e madre Russia. La storia non si fa con i se … ma chi l’ha detto? Forse tutto sarebbe potuto cambiare e l’utopia di Marx ed Engels sarebbe potuta diventare realtà. Bellissimo il finale con una sorta di Terzo Stato composto da tutti gli attori morettiani che sfilano come in un quadro di Pellizza da Volpedo lungo la strada dei Fori Imperiali. La storia personale del regista viene presentata con flashback intensi e bergmaniani, il più azzeccato vede Moretti e Buy immersi nella scena intenti a spiare l’inizio della loro relazione in un cinema del passato, dove sono andati a vedere La dolce vita. Il film contiene anche tutti i riti prima di iniziare a girare un film come la visione di Lola in famiglia davanti a una coppa di gelato, così come vediamo la reazione di un padre di fronte alla decisione di una figlia di sposare un uomo molto più vecchio di lei. Il film è intriso di tutte le idiosincrasie e i temi morettiani (mancano giusto la Nutella e la Sacher), troviamo le scarpe (Bianca), il rifiuto del cinema commerciale condito di violenza gratuita (Harry pioggia di sangue in Caro Diario), la contrarietà al puro intrattenimento, la lotta politica, il ricordo del passato, l’antistalinismo, la diversità antropologica del comunismo italiano. Bellissima e condivisibile la critica alla poca cultura diffusa da Netflix che vanta di essere vista in 190 paesi, mentre i dirigenti parlano con termini commerciali anglofoni e Moretti sbarra gli occhi. Un tempo avrebbe gridato: Ma come parli? Le parole sono importanti! Il sol dell’avvenire è un buon lavoro che scorre senza grandi sussulti, svela i trucchi del cinema, come si realizzano le scene e come si guidano gli attori più invadenti, alternando vita privata a vita pubblica, grandi temi sociali e piccoli momenti di esistenza coniugale. Nanni Moretti riesce a citare persino Ecce Bombo, inserisce il sogno del regista di girare un film pieno di canzoni italiane di cui non sa decidere il finale, ma anche la storia di un nuotatore che passa di piscina in piscina. Moretti è così bravo da impaginare musica romantica come La canzone dell’amore perduto di De Andrè, Voglio vederti danzare di Battiato, Think di Aretha Franklin, Sono solo parole di Noemi (quasi un’abiura del suo credo: Le parole sono importanti!), Lontano lontano di Tenco e una colonna sonora originale di Piersanti per raccontare una storia che termina in un finale collettivo, tra bandiere rosse, sorrisi, sogni e speranze. Moretti non vuol piacere a tutti, se Dio vuole! Ha il coraggio di schierarsi e di essere sempre se stesso, qualità mica da poco in un mondo di voltagabbana che restano sempre in piedi e cambiano bandiera al mutare del vento. Sarà per questo che mi piace così tanto, al punto di vivere ogni suo film come un’esperienza sensoriale.
Regia: Nanni Moretti. Soggetto: Nanni Moretti. Sceneggiatura: Nanni Moretti, Francesca Marciano, Federica Pontremoli, Valia Santella. Fotografia: Michele D’Attanasio. Montaggio: Clelio Benevento. Musica: Franco Piersanti. Costumi: Silvia Segoloni. Effetti Speciali: Paolo Galiano. Trucco: Esmè Sciaroni, Alice Gandolfi, Francesca Buffarello. Produttori: Nanni Moretti. Domenico Procacci. Case di Produzione: Sacher Film, Fandango, Rai Cinema. Genere: Commedia, Drammatico. Durata: 95’. Distribuzione (Italia): 01 Distribution. Interpreti: Nanni Moretti (Giovanni), Margherita Buy (Paola), Silvio Orlando (Ennio), Barbara Bobulova (Vera), Flavio Furno (Edoardo), Mathieu Amalric (Pierre), Zsolt Anger (Direttore del circo), Jerzy Stuhr (ambasciatore polacco), Teco Celio (psicanalista), Valentina Romani (Emma), Elena Lietti, Blu Yoshimi, Benjamin Stender, Beniamino Marcone, Francesco Brandi, Enrico Cerretti, Francesco Rossini, Rosario Lisma, Laura Nardi.