In un villaggio vivevano undici persone, avevano nomi un po’ strani, il governatore si chiamava Daat, ma non compariva quasi mai, poi c’era il capo Keter, a seguire Binà, komak, Gevurà. Hesed, Tiferet, Hod, Nezah, Yesod, e per ultimo Malkut.
Ogni tanto Daat li richiamava all’ordine, perché ognuno di loro con un io gonfiato, elencava le proprie capacità, Keter si vantava di reggere la corona del re, di esserne il custode, quindi si riteneva importante,
Binà e Komak si vantavano di essere i detentori della intelligenza e della sapienza, Gevurà ed Hesed sminuivano gli altri perché loro erano la forza e l’amore su cui si regge il mondo, Tiferet diceva di essere la bellezza, mentre Hod e Nezah replicavano che senza di loro non avrebbero conosciuto lo splendore e , l’eternità. Yesod, che era il custode del fondamento, non si vantava di nulla, anzi cercava di richiamare i fratelli e di mantenere l’ordine dovuto, e svolgere i lavori che Daat gli aveva affidato. Il villaggio era piccolo, ma il territorio era vasto e quindi dovevano essere l’esempio di rettitudine verso gli altri abitanti.
Malkut, non parlava mai, svolgeva il suo lavoro, portava le notizie al re Daat, e dopo gli ordini, si congedava e iniziava a lavorare. Un giorno fu interpellato, dai nove confratelli, tranne Yesod, che era dalla sua parte, e li iniziarono ad elencare una serie di offese che nessuno poteva restare indifferente. Daat, ascoltava, e Yesod, esortava tutti a ragionare, e pensare alle gravi parole che stavano dicendo.
Malkut, tu sei il nulla, non abbiamo bisogno di te, sei ruffiano, stai sempre a lavorare e fare l’ambasciatore, a noi non servi, noi abitiamo la parte alta del villaggio e tu stai nella parte bassa, sempre prossimo alla strada di passaggio.
Daat, osservava e sorrideva, Yesod, sentiva sulla pelle i brividi della mortificazione.
Senza dire nulla, Malkut, decise di andare via, Daat, chiamò Yesod, e gli disse di non fermarlo.
Intanto passarono i giorni e nel villaggio non si iniziò a capire più nulla, ognuno aveva perso la sua missione, non si ricordavano nulla, e sembrava che tutto fosse in bilico, l’armonia vacillava, ma nessuno si poneva il perché. Tutti sentivano che mancava qualcosa, intanto Malkut, svolgeva sempre il suo lavoro, oltre il villaggio.
Daat, convoco tutti, ed iniziò a raccontare la storia di un candelabro.
“C’era una volta un bellssimo candelabro a nove braccia, e con la base dorata, che sorreggeva le nove braccia, un giorno, la proprietaria decise di lucidarla, finalmente! Esclamarono le nove braccia, siamo senza la base e libere di essere poggiate ovunque. La base fu lucidata, ma doveva stare un po’ sotto al sole, perché si asciugasse per bene, quel candelabro non aveva pace, poggiato di qua e di là rischiava di rompersi, e quindi le braccia stesse iniziavano ad infastidirsi. Finalmente fu avvitato sotto la colonna principale, e fu esposto nuovamente. Insomma, non poteva essere tale senza base, e tutte quante le nove braccia, poterono tornare a splendere con la luce delle candele”
Avete capito adesso?
Tutti rimasero senza parole, avevano capito, che la base, quella che è la parte più bassa, e quindi ritenuta umile, in realtà sorregge tutta la bellezza della vita.
Malkut è necessario, grazie a lui potete splendere.
Io lo farei tornare, ma se non avete appreso in cuor vostro la lezione, andrà in un altro villaggio. Io credo che voi dovete depurarvi dalla vostra superbia, altrimenti nessun’altro potrà reggervi e presto sarete smembrati per altri luoghi. Anzi, andate, ed esplorate la vita, da oggi Malkut, siederà sulla mia sedia, e voi lo servirete.
A poco a poco iniziarono a comprendere che tutti siamo utili a tutti, ed ognuno ha un ruolo ben preciso.
Malkut, che era doveroso, volle tornare al suo posto, fu riscattato dalla vita, e da quel giorno nessuno osò mostrare ostilità, anzi, Keter stesso gli chiedeva sempre consigli.