La patata bollente (1979) è il terzo incontro tra Steno e la Fenech (La poliziotta, Dottor Jekyll e gentile signora) per un film che coglie nel segno, si merita il grande successo di pubblico e una certa attenzione da parte della critica. Il soggetto è di Giorgio Arlorio che lavora alla sceneggiatura insieme a Steno e a Enrico Vanzina. Le musiche molto trash sono di Totò Savio degli Squallor e compongono buona parte della colonna sonora. Indimenticabile il Tango diverso, sulle cui note (cantate da Tamara) nel finale Ranieri e Pozzetto si esibiscono in una danza sfrenata sulla pista della festa del Primo Maggio, frequentata da tutti gli operai. Renato Pozzetto è l’operaio verniciatore Bernardo Mambelli detto il Gandi, Edwige Fenech è la sua bellissima fidanzata e Massimo Ranieri il ragazzo gay protagonista della vicenda. Ottimi i comprimari Mario Scarpetta, Clara Colosimo, Adriana Russo, Loris Bazzocchi, Umberto Raho, Giorgio Vignali, Sergio Ciulli e Luca Sportelli. Il film è importante perché è la prima pellicola comica che affronta una situazione gay senza metterla in ridicolo ma cercando di farci sopra ragionamenti sensati. Niente a che vedere con Il vizietto (1978) di Edouard Molinard con Tognazzi e Serrault dove si scherzava soltanto, pure se lo si faceva bene. Renato Pozzetto è un operaio comunista un po’ ingenuo (come sempre i suoi personaggi) che affronta a muso duro sia il padrone che i fascisti prepotenti. Ha una fidanzata molto bella come Edwige Fenech e la sua vita scorre normale tra casa, fabbrica, passione comunista e ricordi da ex pugile. Un bel giorno si trova a dover difendere Claudio (Ranieri), un ragazzo malmenato dai fascisti, e alla fine lo ospita in casa sua. La pellicola racconta la nascita di un’amicizia profonda tra i due uomini, a un certo punto l’operaio pare addirittura preferire il gay alla fidanzata. Quando la notizia si sparge cominciano i problemi per il verniciatore tutto d’un pezzo e vengono fuori i pregiudizi morali della sinistra storica in fatto di sesso. Steno non spinge oltre la situazione, i tempi non sono maturi, ma mostra la reazione sincera di un operaio comunista di fronte alla diversità. Edwige Fenech è meno nuda del solito, a parte una scena cult dove offre uno striptease per riconquistare il fidanzato perduto, ma recita molto bene una parte comica. Il tema della diversità è il filo conduttore ma è presente pure una certa ironia sul comunismo viscerale dell’operaio medio anni Settanta. Pozzetto dorme con il ritratto di Berlinguer, vince un viaggio a Mosca da dove torna munito di colbacco e foto di Lenin. Le contraddizioni della sinistra storica nei confronti dei gay e la difficile accettazione di un mondo erotico definito diverso sono contenute nell’atto d’accusa finale di Ranieri a Pozzetto, anche se lo scopo è solo quello di riabilitare l’amico agli occhi dei compagni. Per Morando Morandini si tratta di “un film civile, onesto, efficace nel prendere di petto il tema dell’omosessualità”. Il film è davvero buono, diverte e fa pensare, la comicità è molto elementare, va incontro ai gusti della platea del sabato sera (di quei tempi) senza sconfinare nel becero attacco verso i gay. Visto oggi il film fa sorridere, ma va storicizzato a dovere per capire che affronta un argomento tabù per una certa parte della sinistra storica. Tra le curiosità del film la targa VS esibita da tutte le auto, inesistente, ma sono le iniziali del regista (Vanzina Stefano, in arte Steno). Altra sequenza storica: Pozzertto che imita Lama (osservando il suo ritratto) vestendosi come lui e fumando la pipa, anche se non gli si addice, come fa notare Ranieri. Da rivedere senza pregiudizi.
Per rivederlo: https://www.la7.it/film-e-fiction/rivedila7/la-patata-bollente-18-08-2023-498835