Mentre in Italia si discute se cambiare la Costituzione ed eleggere direttamente il capo del governo, negli USA si è entrati nell’anno caldo in vista delle elezioni presidenziali. Martedì 5 novembre 2024 gli elettori americani saranno chiamati a scegliere chi dovrà governare il paese per quattro anni.
L’ultimo anno in vista del voto è da sempre il periodo più difficile. E le prossime elezioni, le 60esime, non fanno eccezione a questa regola. La lotta a colpi di denunce e richiami in tribunale tra il presidente uscente Joe Biden, membro del Partito Democratico e in corsa per la rielezione, e il suo predecessore Donald Trump, membro del Partito Repubblicano, in corsa per il secondo mandato non consecutivo, ha già assunto toni di sfida.
Secondo un recente sondaggio del New York Times in collaborazione con il Siena College, Biden sarebbe dietro a Trump in cinque dei sei più importanti Stati battleground, quelli in bilico tra Repubblicani e Democratici. Stando all’analisi, l’attuale presidente (che proprio per questo dovrebbe essere avvantaggiato) si trova in difficoltà a causa di diversi motivi. Il primo è legato alle scelte di politica estera: da quando è stato eletto non ha registrato un successo. Dal ritiro incondizionato dall’Afghanistan alla scelta di appoggiare l’Ucraina spendendo miliardi e miliardi di dollari senza ottenere nulla di concreto fino alla decisione di appoggiare a ogni costo Israele nella sua politica di bombardare a tappeto senza alcuna discriminazione donne e bambini nella Striscia di Gaza (si pensi alla decisione di porre il veto alla votazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dove 12 Stati su 15 avevano votato per una tregua e l’invio id aiuti umanitari). Errori che potrebbero costargli molti voti. A questo si aggiungono dubbi sulla sua età (i segni della vecchiaia sono emersi evidenti in diverse occasioni) e una profonda insoddisfazione per la sua gestione dell’economia e dell’immigrazione. Il tutto condito con un cambio di rotta radicale rispetto alle promesse fatte in occasione dell’ultima campagna per le presidenziali. Tutti fattori questi che avrebbero permesso al tycoon repubblicano, pur sotto processo accusato di gravi reati, di avrebbe un margine di vantaggio di diversi punti percentuali in molti Stati, fra i quali Arizona, Georgia, Michigan, Nevada e Pennsylvania. Secondo le stime Biden sarebbe avanti solo in Wisconsin.
Ma la corsa alla Casa Bianca potrebbe non essere una partita a due. Potrebbero essere diversi i protagonisti alle prossime presidenziali. A portare via voti, da una parte e dall’altra, potrebbero essere i due candidati indipendenti: Robert F. Kennedy Jr. e Cornell West. Secondo il sondaggio dell’Università di Quinnipiac, in alcuni Stati Kennedy potrebbe ottenere addirittura il 19% dei voti e West il 6%. Percentuali rilevanti in un più che probabile ballottaggio. Altro outsider Peter Sonsky. Ma non saranno solo questi i candidati alle prossime presidenziali americane. Per i due capofila, il primo problema verrà dai concorrenti interni. Tra i democratici a “rubare” voti a Biden potrebbe esserci anche Marianne Williamson. Tra i repubblicani la situazione è molto più complessa: oltre a Trump a candidarsi saranno anche Ron De Santis, Doug Burgum, Larry Elder, Nikki Haley, Asa Hutchinson, Chris Christie, Mike Pence, Tim Scott, Vivek Ramaswamy e Ryan Binkley. Tutti nomi che (a meno di sorprese) non hanno molte speranze di essere i prossimi inquilini della Casa Bianca, ma che certamente avranno un ruolo determinante nel togliere o concedere voti al proprio partito.
Molto dipenderà da cosa succederà nei 12 mesi che ci separano dalle elezioni: sia Biden che Trump dovranno essere molto attenti a non perdere “fette” del proprio elettorato insoddisfatto. “Trump va in guerra contro il sistema legale americano, mentre Biden lotta contro il conflitto militare su due fronti. Nonostante il vorticoso tumulto, le critiche di parte, e il rancore, i due candidati sono ancora così legati che più non si può”, ha dichiarato l’analista Tim Malloy.
Di certo per entrambi i candidati più forti (sulla carta) la strada è in salita sia sui temi di politica estera che su quelli di politica interna. Legalizzazione dell’aborto, diritti LGBT, educazione, sanità, regolamentazione delle armi da fuoco sono solo alcuni dei temi caldi sui quali i candidati dovranno confrontarsi. Questioni spesso oggetto di promesse in campagna elettorale e mai risolti. A questi si aggiunge un altro argomento spinoso: l’economia interna. Da molti anni la situazione USA non è così rosea come si potrebbe pensare. Da un lato, si fa sentire il peso della concorrenza cinese e dei BRICSxl. Dall’altro, il debito pubblico nazionale continua a raggiungere, anno dopo anno, record impressionanti. E gli USA continuano a perdere spazi di manovra giorno dopo giorno.
Tutti fattori che potrebbero cambiare le carte in tavola nella corsa alla Casa Bianca.