Le ore di grande apprensione caratterizzate da un grande dispiegamento di forze alla ricerca della verità, hanno disvelato un finale che non poteva essere peggiore. Purtroppo sin dall’inizio di questa brutta storia sussistevano tutti gli elementi per temere di trovarci di fronte all’ennesimo femminicidio. Terribile parola, sempre più ricorrente, per sintetizzare a cosa può portare il male che alberga in alcuni uomini. Femminicidio termine che peraltro odio al pari di ciò che rappresenta.
La fine di un’esistenza, dei sogni, dei desideri, della voglia di vivere e di esserci di ogni donna impotente di fronte alla furia omicida alimentata, a livello ancestrale, dal senso del possesso, dall’invidia, dalla gelosia, dalla competizione. Una narrazione, simile a tante altre, che si inserisce in una dinamica ripetitiva e terribile, una doppia biforcazione che prevede l’assassinio d’impeto oppure l’assassinio premeditato e poi l’epilogo che prevede il suicidio o il tentativo, come nel caso della povera Giulia Cecchettin, di fuga da parte dell’assassino.
Si parla tanto di contromisure, di prevenzione, perché tutto questo non accada più e resto dell’idea che non esiste una soluzione univoca, ma il convergere compatto di una serie di elementi verso una opportuna educazione che permetta di instillare sani principi e sani valori.
Famiglia, scuola, società, spiritualità, meditazione, preghiera, attuazione delle leggi, repressione, comminazione delle pene carcerarie, diffusione dell’arte e della cultura, frutto di creatività e amore.
In una recente presentazione di una mia raccolta di poesie ho espresso un concetto che ribadisco in questa sede, ovvero l’importanza che può assumere la ricerca della conoscenza nei vari campi dello scibile umano, con particolare riferimento alla letteratura, alla poesia. Un ragionamento che mi porta a pensare che l’assassino di Giulia Cecchettin avrebbe potuto allontanare i suoi cattivi pensieri leggendo un buon libro, un racconto, una raccolta di poesie. Non si tratta, a mio parere, di una semplice richiesta d’aiuto all’esterno, ma di cercare di darsi la possibilità di elaborare al meglio la sofferenza determinata dal distacco, dall’abbandono, dalla consapevolezza di non essere all’altezza della situazione. Un processo, quello dell’allontanamento dei cattivi pensieri, che avrebbe salvato la ragazza e lui stesso da un epilogo della loro esistenza smisuratamente triste.
Non sono uno psicologo ma uno scrittore e gli scrittori non possono prescindere dal tentativo di capire l’animo umano e in tale veste ritengo che dovremmo insegnare alle nuove generazioni il concetto di fuga. Fuga dai cattivi pensieri, fuga dalle cattive azioni attraverso la ricerca di un percorso virtuoso che metta in primo piano il bello della vita, molte volte espresso al meglio, dall’arte in generale e come dicevo prima dalla lettura di un bel libro. Fuga dalla stessa persona oggetto di odio, volgendo lo sguardo verso altre direzioni, coltivando amicizie, interessi e nuovi sentimenti. Analizzando al meglio chi siamo e dove possiamo arrivare.
Come un fiume che si ingrossa a partire dal momento in cui nasce, i pensieri si ingrossano nel tempo e nel tempo diventano azioni che, come scrivevo prima, possono essere di carattere impetuoso o premeditato. Pensieri che sfuggono all’analisi della società, degli enti preposti, lo rivelano i dati degli ultimi anni in Italia. Attenzione gli enti preposti devono continuare a monitorare la situazione e ad aiutare dall’esterno chi ha bisogno di un aiuto per fuggire. Ciascuno di noi ha, nel contempo, la responsabilità di aiutarsi a fuggire dai cattivi pensieri, dalle cattive azioni e non fuggire dal mondo, dalla società, da se stessi come ha tentato di fare l’assassino di Giulia Cecchettin, dopo che le aveva vigliaccamente spento il bel sorriso che aveva.