Ci siamo mai veramente chiesti dove, come, quando e perché nasce il presepe? Quando pensiamo a un presepe, cosa ci viene in mente? Certamente la risposta più plausibile sarà: Gesù Bambino in una mangiatoia con Maria, Giuseppe, un bue, un asinello, qualche angelo e una stella.
Con la lettura di questo articolo verrete sicuramente a conoscenza di molte cose sul presepe che prima forse non sapevate. Comincerei allora proprio da Isaia, 1,22-23, in cui si leggono testuali parole: “Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio che chiamerà Emmanuele”. Il profeta parla evidentemente di ciò che sarebbe accaduto con la nascita di Cristo per mezzo della Vergine Maria che avrebbe concepito e partorito il figlio di Dio e Dio stesso. D’altro canto è necessario soffermarci sull’etimologia stessa della parola: derivante dal latino, praesaepe, vale a dire più generalmente mangiatoia o più precisamente, essendo la parola formata da due pezzi – prae e saepes – luogo chiuso, recintato. Ebbene, sappiamo quanto la terminologia pastorale è sempre stata cara a Gesù e quanto oggi lo è alla sua Chiesa. La mangiatoia di Betlemme, dunque, sarà il luogo simbolo del Natale e della Pasqua stessa del Signore che, istituendo l’Eucarestia, si farà pane per essere, per l’appunto, mangiato.
Addentandoci ora nella storia, sappiamo che la prima rappresentazione presepiale, così come ci insegna la tradizione, fu pensata e messa in atto da San Francesco d’Assisi nel 1223, in Lazio, un anno prima del suo Dies Natalis, di ritorno dal suo viaggio in Terra Santa, ma dobbiamo chiederci se fu la prima in assoluto oppure no, considerando il presepe come rappresentazione dal punto di vista di statuine o dal punto di vista umano, inteso come presepe vivente. La cosa certa è che l’esperienza grecciana non è stata la prima dal punto di vista di immagini poiché la primissima raffigurazione di primordiale presepe, inteso come illustrazione di Gesù Bambino stretto nelle braccia della Madre in quella che può essere tranquillamente la grotta di Betlemme sovrastata da una stella indicata dal profeta Balaam, ci arriva dalle Catacombe di Priscilla, a Roma, lungo la Via Salaria, e risale all’anno 240, quindi circa mille anni prima l’opera pia di Francesco d’Assisi anche se poi è proprio con questo frate stigmatizzato che la rappresentazione sacra più gioiosa del mondo, raccontante la nascita di Dio che sceglie di venire tra gli uomini nella tenerissima e innocentissima carne di un bambino – niente di più tenero nella storia dell’umanità e della divinità – si è diffusa in tutto il globo arricchendosi sempre di più di varie figure che, chiamati dal coro angelico, si affrettano dinnanzi alla grotta per adorare il Dio Bambino.
Qualche chilometro più a Sud qualcosa cambia come nel caso di Napoli, dove l’esagerazione è all’ordine del giorno, che in quest’arte è diventata maestra irripetibile e inimitabile.
Già Goethe, durante il suo Viaggio in Italia, sul finire del ‘700, venendo a Napoli, scrisse sul suo Diario: “Accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe… Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna… e lì ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che si librano in aria… Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo, in cui s’incornicia il Vesuvio coi suoi dintorni”. Ma quando nasce effettivamente il presepe nella città partenopea?
Facciamo luce su questo dato dicendo che chi guarda con attenzione un presepio napoletano, soprattutto nella famosa Via San Gregorio Armeno, capisce subito, dagli indumenti dei pastori, che l’epoca rappresentata non è l’antichità né tantomeno la modernità. Si tratta, infatti, di un periodo assai riconoscibile e specifico: il Settecento. L’arte presepiale di Napoli nasce, quindi, nel ‘700?!
Va subito detto che è in un istrumento dell’XI secolo – siamo in ambito notarile – che per la prima volta si fa menzione ad un presepio con la nomina di una chiesa: Santa Maria ad praesepe; pertanto la suddetta menzione sarebbe anche antecedente alla prima rappresentazione presepiale di Greccio. Più tardi, nel XIV secolo, un altro documento notarile menziona una cappella del presepio ad Amalfi e sempre allo stesso periodo, precisamente al 1340, risale una statua della madonna, appartenente sicuramente a una rappresentazione presepiale, che oggi è conservata e possiamo ammirare nel museo nazionale di San Martino, nella città partenopea. Tale statua fu, con ogni eventualità, un regalo di stampo presepiale che la regina Sancia d’Aragona fece a un gruppo di suore clarisse. Spostando le lancette del tempo in avanti, arriviamo al 1478, anno a cui risale una natività in marmo che oggi si conserva a Napoli, a Sant’Anna dei Lombardi, in piazza Monteoliveto. Questa data è effettivamente posteriore al presepe di San Francesco quando ormai la tradizione di una rappresentazione della Sacra Famiglia nella grotta di Betlemme aveva già preso piede in tutto lo Stivale. Dagli inizi del XVI secolo, a Napoli, si hanno moltissime rappresentazioni d’arte presepiale in legno o in marmo. Tra le più famose vi sono le 28 statue scolpite dal bergamasco Pietro Belverte per San Domenico Maggiore in cui, per la prima volta, vi è l’ambientazione in una grotta di pietre vere ed è arricchito con una primissima formula di taverna con oste. Quando poi il santo vicentino, Gaetano Thiene, (1480-1547) venne a Napoli, il presepe divenne, si può dire, dominio di tutti, anche dei privati che iniziarono a montare la natività nelle proprie case con l’avvicinarsi del Santo Natale per poi non toglierlo più – spesso venivano conservati sotto campane di vetro – perché fu solo verso la metà del XVII secolo che i presepi venivano montati e smontati in prossimità dell’inizio e della fine della Festività. Anno dopo anno, decennio dopo decennio, non solo si affineranno le modalità di montatura del paesaggio, ma anche quelle di costruzione dei pastori che, se all’inizio erano dei manichini con l’intero corpo in legno ad altezza naturale, verso il 1650 essi venivano fatti sempre ad altezza naturale con testa e arti di legno, ma con un corpo fatto di fil di ferro per avere delle pose dinamiche. Agli inizi del ‘700 il presepe a Napoli diventa qualcosa di teatrale perché ritrae quello che i napoletani vivono giornalmente nel teatro della vita di tutti i giorni. In questo periodo i pastori iniziano a non essere più a grandezza naturale e non più in legno, ma fatti a mano in terracotta e posizionati su un paesaggio fatto di carta pesta, di legno leggero, di ogni altro materiale. Essi impersonano diversi mestieri e professioni, il sacro, il profano, il popolo minuto, rappresentanti della nobiltà e della borghesia. Nel presepe iniziano a comparire anche ogni sorta di animale, ruderi di templi pagani e strutture di chiese consacrate. Di anno in anno diventano delle costruzioni che rappresentano perfettamente specifiche vie della città, viuzze, corti, palazzi, castelli, piazze, strade, ruscelli, fiumi, viali, prati e distese per il pascolo. Negli ultimi tempi sui presepi napoletani non possono mancare, qui il genio di un popolo tanto spiritoso quanto serioso, i personaggi famosi tra cantanti, attori, politici, attrici, calciatori come Raffaella Carrà, Maradona, Bud Spencer, Sophia Loren, Giuseppe Conte, facendo del presepio napoletano il teatro dove sacro e profano si mischiano fino a confondersi proprio come realmente accade da duemila anni nella città di Napoli.
In ultima analisi possiamo certamente dire che le prime citazioni riguardanti dei presepi le troviamo in documenti notarili napoletani risalenti all’anno Mille; che tra le prime illustrazioni presepiali c’è quella di Roma, nelle Catacombe di Priscilla del III secolo, a testimoniare che già alle primissime comunità cristiane era cara l’immagine del Bambin Gesù e di sua Madre; che a Napoli il presepio è la rappresentazione della vita stessa dei napoletani. Tuttavia resterà sempre il caro presepio di Greccio, quello di San Francesco, a segnare l’inizio della storia del presepe.