Ogni essere umano è sempre stato cosciente di voler dire qualcosa, di voler esternare le proprie riflessioni, intuizioni, opinioni, ma un tempo non era consentito a tutti imparare a leggere e scrivere, allora si faceva portavoce del popolo il Cantastorie, figura apprezzata che vagabondando di piazza in piazza o di città in città narrava con tono ritmato un avvenimento accaduto, tale avvenimento poteva riguardare un episodio del passato, oppure una notizia del momento. E’ da specificare che questi personaggi contribuirono ad arricchire sia la cultura mitologica che quella spirituale. Non essendo le scuole di musica e poesia alla portata di tutti, e per scuola si intende il luogo dove si apprendevano le sette arti, l’ “artista”(Cantastorie) quasi sempre era autodidatta, egli è l’erede del giullare medievale e di tutti gli artisti di strada nei secoli a venire. Per “DIRE” c’è stato sempre bisogno del ritmo, della musicalità, si ritiene che l’anima essendo vibrazione ha già in sé gli strumenti musicali che emette attraverso la voce. Il discorso parlato , pur servendosi del tono e del ritmo, differisce da quello cantato, perché questi segue un andamento più evocativo, quell’eco che deve essere solenne ed encomiastico. Prima che la poesia prendesse forma, era il RITMO lo schema su cui si basava l’ispirazione. Leggendo le righe del prologo di Giovanni, si intuisce quanto sia contemporaneo alle ideologie che sostengono la potenza delle parole quale forma primordiale della creazione e quindi della realtà.
“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio,
e il Verbo era Dio. Egli era in Principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.”
Il Verbo e Dio sono la medesima cosa, quindi sia DIO che PAROLA, sono inscindibili, la parola è la manifestazione divina che si declina nelle sue varie forme , quindi attuazione del Logos, cioè del pensiero che per concretizzarsi deve coniugarsi alla forma del Dicibile. Tornando indietro, nel Genesi (1, 1-29) si legge: “Dio disse sia la Luce, e la Luce fu.” Fino al versetto 29, c’è scritto “Dio disse”, che è il pretesto che ci fa comprendere l’idea della potenza della parola ; nel testo si entra nel corpus del significato della Parola stessa, che è Creazione per mezzo della espressione esplicita della volontà.
Dal Genesi al Prologo la valenza della parola non viene mai trascurata, intrinsecamente alla parola, però, c’è la volontà, forza propulsiva che guida l’uomo ad agire, se dico : “Voglio un figlio”, non è che il figlio spunta dal nulla, devo azionare una serie di connessioni che mi permettono di procreare. Infatti non si deve cadere nell’equivoco che solamente la parola crea, Dio è Dio, l’uomo è una espressione che ha una forma che per determinarsi ha bisogno di azione. Il Logos è un seme piantato nella coscienza profonda, ma necessita di essere alimentato, se dico ciò che penso, devo assumermi la responsabilità della conseguenza, sia essa buona che meno buona, o affine al nostro animo o in antitesi ad esso, questa premessa è utile perché l’uomo comprenda la Distinzione tra Logos/ Verbo,, ovvero Espressione/Azione/Creazione. Allora è utile l’affermazione di Sigmund Freud che chiarisce il valore della Parola:
“Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice un altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli studenti, con le parole l’oratore trascina l’uditorio con sé e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano reciprocamente.”
Chiarito questo , allora è possibile affermare la interconnessione tra PAROLA e CREAZIONE, fermo restando che tutto ciò è la dinamica del pensiero che , come ha affermato Freud, ha un potere magico, ed è possibile aggiungere che per Magia si intende qualcosa che agisce attraverso il volere, distinguendo sempre la forma prettamente materiale: Se devo nutrirmi devo avere i mezzi sufficienti, se penso al pane, come detto pocanzi, in riferimento al voler essere genitore, non è possibile il solo pensiero e la sola parola, quindi , nel piano della materia è necessaria la pratica, sono necessari dei mezzi, viceversa con il pensiero, molti studiosi sostengono che IMMAGINARE muove una forza superiore che è in grado di permettere ai “sogni” di accadere. Se desidero ardentemente di incontrare una persona, e inizio a meditare su quel pensiero, come per magia, forse nei modi più impensabili accade. Questa è Magia, è la manifestazione di antiche formule che erano la POESIA, nei secoli il poetare ha perso la sua sacralità, ha perso il valore religioso, ha perso tutto ciò che era l’essenza dell’ARTE, riducendosi a gare dove il fondamento storico-culturale non possiede più il lievito madre della PAROLA.
Andiamo a fare un giro tra i territori della Poesia, figlia della Parola e del Ritmo, alcune considerazioni sono state estratte dal libro di Gabriella Sica “ Scrivere in versi”. Alle origini della letteratura italiana prosa e poesia non formano mondi diversi e separati Non sono In opposizione né in alternativa. Entrambi sono un discorso un discorso inversa e in prosa Ed entrambi appartengono alla retorica che è alta scienza del parlare e anche Ars cioè dottrina e Sapienza La retorica aveva del resto improntato di sé in vario modo la vita spirituale dei greci e dei Romani è ancora nel Medioevo la sua influenza e grandissima Infatti Dante nel De vulgari eloquentia non compare il termine poesia, compare l’eloquenza , il parlare a fine educativo e formativo comprende tutto il dire quello d’uso e quello artistico.
La poesia nasce come inno sacro, infatti secondo la tradizione Indù, i DEVA, gli angeli, nella loro lotta contro gli ASURA, i Demoni, si protessero con la recitazione degli inni Veda, e per questa ragione gli inni ricevettero il nome di Chhanda, cioè ritmo. La stessa idea ritorna nella parola Dicker che si applica nelle esoterismo islamico a formulare ritmate di carattere rituale, i Veda, il Vecchio Testamento il Vangelo, o il salterio, e il Corano sono originariamente scritti in una lingua fondata sul ritmo.
Nell’Ottocento Foscolo afferma che la poesia si fonda nelle religioni , nei fasti delle antiche nazioni, in questa tradizione le scritture poetiche sono un riferimento spirituale oltre che letterari, la cultura quindi si trasforma, nel corso dei secoli la poesia è mutata, cosi anche lo stile, e soprattutto i temi di cui essa si fa portavoce.
“Il pensiero moderno ha confiscato la scoperta fatta dagli antichi sull’origine comune dell’amore della religione della poesia si sono istituite terre separazioni prima l’economico polso sociale dunque la soggettività e sembra che il posto del Divino dell’antica natura popolata dagli dei si sia stato occupato nel tempo della posta modernità di essere senza volto l’inconscio la storia Il popolo l’immagine c’è Invece un’unica radice comune dove gli uomini sperimentano il dolore uno strappo continuo e Pur tuttavia la necessità di ricostruire un armonia e anche un legame tra la vita dell’infanzia, del passato, e una vita futura , tra la memoria e il futuro un legame che si consumi o razionalmente nel presente nel qui e ora nell’istante che si vive nell’immagine di una poesia come nell’incontro Amoroso , nella devozione Divina si coniuga quanto di più umano è consentito, si coniuga Infatti il desiderio e volontà di unione. Siamo contemporaneamente frutto e bocca in unità indivisibile scriveva Octavio Paz, l’amante, il poeta e il devoto è sempre l’uomo con tutta la sua innocenza e meraviglia originale nel suo vivere storico e manifestarsi e cercare fuori di sé nel tentativo di riunire quello che gli appare separato, sul Che cos’è la poesia , ognuno ne ha dato una propria interpretazione”.
Gabriele D’ Annunzio affermò che le parole stanno nell’aria è l’uomo che deve trovarle, quindi ha dato una connotazione eterica al senso del poetare, la diversificazione dei metodi di scrittura in versi è avvenuta nel corso dei secoli, infatti ci sono diversi tipi di poesia, dal Sonetto, il cui padre è stato Giacomo da Lentini, alle rime di Dante, Petrarca, e cosi via, dobbiamo arrivare a Leopardi per assistere ad una totale rivoluzione dei versi, grazie al poeta recanatese la poesia è stata meno vincolata dagli schemi del passato, i versi sciolti sono stati battezzati dal Leopardi stesso. Nel romanticismo la poesia è voluta tornare, in parte, alla idea esoterica, per esempio, i canti spirituali di Novalis, sono parole che trascendono l’umano, sono la costante ricerca di cantare lo spirito, l’anima. Negli ultimi venti anni, sicuramente c’è stata una inclinazione verso un poetare esprime la non conoscenza della parola, è come se si leggesse un’accozzaglia di vocaboli , che pur avendo senso, mancano del Valore del vocabolo stesso, le continue ripetizioni hanno creato degli stagni dove non ci sono onde innovative, infatti i Poeti differiscono dai “poeti” per mancanza di conoscenza, di confronto. L’enigma da interpretare non esiste, se si dovesse chiedere cosa è una figura retorica, sicuramente non si avrebbero risposte adeguate, per non scendere nello specifico: antonomasia, ossimoro, litote, sineddoche, etc, è veramente triste definirsi poeta senza conoscere il significato di ciò che struttura un componimento. La Poesia nella sua totalità è indefinibile, non si sa perché il poeta viene rapito dalla ispirazione, sicuramente una risposta la potremmo trovare nella mistica, ma il Poeta, è anche il visionario che traduce in parola tutto ciò che il resto del mondo non comprendere, ma deve renderla in canto, e quindi è necessaria, almeno, la conoscenza sufficiente della creazione del ritmo. Un Poeta è un folle, un’anima che oscilla tra le coordinate di regole e slanci creativi, infatti non ci si siede per scrivere una poesia, l’ispirazione arriva con il suo bagaglio, in modo improvviso, ovunque c’è atmosfera di amore, dolore, ricordo, memoria, se non si è sperimentata la sofferenza non è possibile essere poeti, se non si è vissuta l’inquietudine dell’attimo, è impossibile coniugare la Parola con il Canto dell’anima. Le poesie di questo secolo cantano sì di amore, ma è quello caduco, dei sensi, si legge poco di dolore struggente che si trasforma in Forza Creativa.
Soldati, Ungaretti, Caproni, Zanzotto, Penna, hanno cercato di definire la poesia con pensieri indefiniti, ovvero l’impossibilità di dare un effettiva definizione, e Raboni confermò il detto che la poesia si genera con la poesia, una delle piaghe di questa società è che non si legge più poesia e quindi quella che si genera è solo una lista di racconti, con tutto il rispetto per i sentimenti, però, ad ogni componimento, bisogna anche adattare tutto ciò che gli orbita. I POETI, leggono, analizzano, creano, formulano stili descrivendone la genesi.
Tutto ciò è il voler riportare la Poesia nel mistero del poetare, di interpretare le note che sono nell’anima e forse sono essa stessa, una musica che canta nel momento in cui è sollecitata dalla bellezza che si nasconde dietro tutto ciò che l’occhio insufficiente, definisce banale.
Paolo Gambi, il fondatore di Rinascimento Poetico, sostiene che la Poesia è bellezza, e la bellezza è l’unica via di salvezza, Nino Velotti, il poeta di Nola, grande studioso ed esperto di rime di terza, ha celebrato l’anniversario dello sposalizio tra Poesia e Canto. C’è speranza per la poesia? Assolutamente, la Poesia è viva, è nel sottosuolo di anime che non hanno mai smesso di crederci, pertanto, se pur ancora fragili, si vedono i primi tronchi che diventeranno grandi alberi.