Da anni, lo strumento che i Paesi occidentali hanno adottato per contrastare la Russia è stato limitarne gli scambi commerciali. O almeno cercare di farlo. L’ultima misura adottata dal presidente USA Biden è stata minacciare sanzioni alle banche e agli istituti finanziari responsabili di essere “facilitatori finanziari della macchina da guerra russa”. FACT SHEET: Biden Administration Expands U.S. Sanctions Authorities to Target Financial Facilitators of Russia’s War Machine | The White House La nota firmata dal presidente Biden il 22 dicembre 2023 prevede sanzioni e politiche più stringenti sulle banche, gli istituti finanziari e in generale tutti gli enti che supportano celatamente il finanziamento e il traffico illecito di armi, equipaggiamento, tecnologia e componenti per la produzione militari alla Russia, agendo contrariamente ai vari pacchetti di sanzioni lanciati contro Mosca in questi quasi due anni di guerra. Una misura parte di una strategia concordata con i Paesi del G7. Una delle cosiddette “sanzioni secondarie” che hanno lo scopo di minare la stabilità russa attaccandola indirettamente. Nel comunicato condiviso dalla Casa Bianca si legge come “coloro che stanno fornendo beni o portando avanti transazioni che supportano materialmente l’industria di base militare russa sono complici della brutale violazione da parte della Russia nei confronti della sovranità e dell’integrità territoriale ucraine”. Per questo motivo, queste organizzazioni saranno punite e correranno il “rischio di perdere accesso al sistema finanziario statunitense se promuovono transazioni significative in relazione alla industria militare russa”.
Non è la prima volta che l’amministrazione Biden prova a destabilizzare Putin agendo in maniera trasversale. Da anni, gli USA esercitano pressioni su altri Paesi chiedendo di ridurre gli scambi commerciali con la Russia. Ma, finora, questi tentativi si sono rivelati inefficaci. Le misure restrittive promosse da USA e dai Paesi europei non sono servite a molto.
Il punto è che gli stessi Stati Uniti d’America se da un lato hanno boicottato gli scambi con la Russia, dall’altro, senza tanto clamore, continuano a fare affari con le aziende russe. A ottobre scorso, dopo un anno e mezzo, gli Stati Uniti hanno ricominciato ad importare petrolio dalla Russia. A rivelarlo è stato il giornale russo “RIA Novosti”, che ha effettuato una analisi eseguita in base ai dati dell’Istituto di Statistica americano. A marzo 2022 il governo USA aveva imposto il divieto sulle importazioni di petrolio e altri prodotti energetici dalla Russia come parte di un nuovo inasprimento delle sanzioni. Ma a ottobre dello scorso anno, gli Stati Uniti hanno acquistato 36,8mila barili di petrolio dalla Russia per un valore intorno ai 2,7milioni di dollari.
Nel 2022, secondo i dati ufficiali del Tesoro, le importazioni dalla Russia degli USA ammontavano a oltre 14,4 miliardi di dollari. Di questi oltre cinque miliardi di dollari in settori strategici come il petrolio, il cemento e alcuni minerali.
Ma il settore più sorprendente per le importazioni dalla Russia agli USA è quello del nucleare. All’ultima COP gli USA si sono presentati come capofila (insieme alla Francia) di una coalizione di Paesi che vorrebbe convertire nel prossimo futuro parte dell’energia prodotta con i combustibili fossili, con energia prodotta da centrali nucleari. Ma per alimentare queste centrali servono materiali che gli USA sono costretti ad importare da tre Paesi ex sovietici alleati: Russia, Kazakistan e Uzbekistan. È da questi tre Paesi che proviene quasi la metà dell’uranio arricchito per alimentare le centrali nucleari made in USA. E a due anni dall’inizio del conflitto, non sembra che Biden sia ancora riuscito a trovare una valida alternativa. Il punto è che se l’uranio è disponibile in molti Paesi, quello “arricchito” è controllato sostanzialmente da un’azienda russa. E gli Usa continuano ad acquistare uranio arricchito dal “nemico” russo per utilizzarlo nelle centrali nucleari made in USA. Secondo il Wall Street Journal, nell’ultimo anno le imprese statunitensi americane hanno acquistato uranio arricchito russo per circa un miliardo di dollari! https://www.wsj.com/articles/nuclear-power-makes-a-comeback-underpinned-by-russian-uranium-24ed8e12
Quanto all’Europa, anche qui molti governi hanno adottato misure per ridurre gli scambi con la Russia. Ma questi non sono mai cessati. Nell’ultimo periodo gli scambi si sono ridotti considerevolmente: tra febbraio 2022 e settembre 2023, il valore delle esportazioni verso la Russia è diminuito del 62%, mentre le importazioni dalla Russia sono diminuite dell’81%. EU trade with Russia – latest developments – Statistics Explained (europa.eu) E il disavanzo commerciale dell’UE con la Russia, che aveva raggiunto il picco di 18,6 miliardi di euro nel marzo 2022, è sceso a 1,0 miliardi di euro nel settembre 2023. Ma rimane a favore della Russia. A questo si aggiunge che mentre per alcuni settori gli scambi si sono arrestati quasi del tutto, per altri, come il settore energetico, sono ancora attivi. A settembre 2023, il volume di gas naturale importato dalla Russia era ancora notevole. Da aprile 2022, le importazioni di gas naturale dell’UE sono diminuite ma non si sono mai arrestate. Se per prodotti come il petrolio il calo è stato netto, per altri si è registrato un aumento delle importazioni: a settembre 2023, l’indice di valore delle importazioni di fertilizzanti dalla Russia è aumentato di 19 punti percentuali rispetto a gennaio 2021.
Secondo i dati di 38 Paesi compresi i 27 Paesi UE, la China, gli USA, la Corea del Sud, il Giappone, l’India, il Regno Unito, la Turchia, la Svizzera, la Norvegia, il Brasile e il Kazakhstan, da 2019 ad oggi le esportazioni della Russia sono rimaste praticamente invariate. Segno che le misure tanto sbandierate da Biden e molti altri leader occidentali non sono servite a nulla. Russian foreign trade tracker (bruegel.org)
Dopo i primi mesi, il loro effetto è andato via via sempre più scemando e Mosca è risorta più forte di prima, riuscendo a compensare il calo delle esportazioni verso alcuni Paesi occidentali con un aumento dell’export verso Paesi che si sono dichiarati neutrali.
In cambio, a crollare sono state le importazioni della Russia dai Paesi UE. Ma questo significa che a subire i danni maggiori dell’embargo non è stata la Russia, ma i Paesi che le hanno introdotte. E tra questi, gli USA che da una parte minacciano sanzioni alle banche che dovessero finanziare la produzione di armi in Russia, ma, dall’altra, continuano a comprare uranio arricchito proprio da questo Paese.