Un anno fa ci ha lasciato il professore Nicolò Mineo, Presidente della Società Giarrese si Storia Patria e Cultura, Professore emerito di Letteratura italiana, docente di Filologia e critica dantesca, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania per due mandati (1999-2002 e 2002-2005), ci ha lasciato un’eredità culturale incommensurabile che dobbiamo conservare, valorizzare, restituirla, in ogni possibile modo, alle nuove generazioni.
Il professore Mineo, nato ad Alcamo nel 1934, si laurea in Lettere presso l’Università degli Studi di Catania nel 1956. Consegue il perfezionamento in Filologia moderna presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Per un decennio circa insegna nei licei, a Catania e per quarant’anni Letteratura italiana, succedendo nella cattedra a Carlo Muscetta, e formando generazioni di studenti, di insegnanti, di studiosi. Dante Alighieri è stato l’autore oggetto di ininterrotto studio, con esiti sempre di altissimo livello, a partire dalla fondamentale monografia Profetismo e apocalittica, del 1968, al volume Dante (1970) edito nella Letteratura italiana Laterza diretta da Carlo Muscetta. Nelle sue innumerevoli pubblicazioni, quasi trecento tra volumi, saggi in riviste e atti di convegno, ha privilegiato in particolare i periodi storici di transizione e rinnovamento, soprattutto la letteratura e cultura del Settecento e dell’Ottocento, e autori come Alfieri, Monti, Foscolo, Verga. Nella collana Letteratura italiana Laterza ha pubblicato: Cultura e letteratura dell’Ottocento e l’età napoleonica (1991), Da Foscolo all’età della Restaurazione (con A. Marinari, 1989), Giusti e il teatro del primo Ottocento (con G. Nicastro, 1985).
D.: Professore Giuseppe Torrisi come e quando ha incontrato il professore Nicolò Mineo?
R.: Nei primi anni Novanta ero preside nella scuola «Ungaretti» di Macchia di Giarre e l’ho contattato per chiedergli di fare il presidente di Giuria in un concorso intitolato al poeta e indirizzato alle scuole del territorio. Mi colpì subito la sua generosa disponibilità nel presiedere la giuria, da pari a pari. La correzione degli elaborati divenne per noi della giuria una serie di lezioni su Ungaretti. Parlò di Ungaretti ai ragazzi con semplicità e acutezza, spiegando come la meraviglia della «parola cercata e trovata» genera poesia.
Negli incontri periodici mi colpiva la nitidezza del suo pensiero, la sua fine critica, la sua ironia ed autoironia, la sua generosità nel donare cultura senza la superbia che, a volte, accompagna i pensatori. Aveva una grande capacità di sintesi con la quale riusciva a «tirare le somme» a conclusione di conferenze e dibattiti. Restammo amici e scambiavamo spesso opinioni. Dopo qualche anno, ho cominciato a collaborare con lui in qualità di segretario della Società Giarrese di Storia Patria e Cultura in un lungo percorso culturale offerto al territorio ionico-etneo.
D.: Quale ritratto dei personaggi danteschi dello studioso Mineo la ha sempre attratta, affascinata?
R.: Nicolò Mineo affrontava tutti i personaggi danteschi con la sua «umanità». Tra i personaggi trattati da Mineo amo molto le sue note su Francesca da Rimini per la “pietas” con cui traccia la donna. È, inoltre, molto interessanti, nella critica di Mineo, la proposta di Maria come punto di contatto tra mondo terreno e mondo celeste, contatto che si sviluppa, attraverso le tre Cantiche, nelle quattro funzioni della devozione mariana: teologica (Maria è capace di “frangere” il duro giudizio di Dio), adiuvante (mater divinae gratiae), liturgica (Maria implorata nelle preghiere) ed estetica (Maria ammirata nella sua gloria). Il tal modo Dante, secondo Mineo, sfrutta la devozione mariana senza per questo sminuire la figura centrale di Beatrice. Mineo riesce, in tal modo a farci comprendere come è possibile che l’armonia celeste possa diventare speranza, aspirazione utopica di armonia terrena. L’interpretazione di Mineo travalica interpretazioni accattivanti ma limitate di un Dante anticipatore dell’unità nazionale. Mineo, in altre parole, considera Dante profeta e quindi poeta attuale. E la contemporaneità ha bisogno di profeti, usava dire. Il laico Mineo coltivava in fondo al suo cuore una spiritualità conquistata e, sicuramente, nutrita dalla “Commedia” di Dante.
D.: Quale messaggio la figura del professore Mineo ci ha lasciato?
R.: Ci ha lasciato in eredità la curiosità, la voglia di conoscere, l’impegno civico e politico per la città di Giarre, la generosità, il senso dell’amicizia, la “pietas” profonda dei veri umanisti. In un suo ultimo scritto, ancora inedito, il professore sperava in “un mondo in cui cultura, educazione, istruzione, economia, politica, ideali, religioni non solo convivano, ma si armonizzino, verso una nuova pienezza”.