Il 12 marzo del 1992 – esattamente 32 anni addietro – doveva essere una giornata come tante. Eravamo tutti in apprensione, si parlava da mesi ormai della chiusura del giornale L’Ora, glorioso giornale con cui lavoravamo con un contratto di esclusiva. Invece fu una giornata terribile e memorabile allo stesso tempo. Si perchè il primo a dare la notizia fu un trafelato Gaetano Perricone che l’aveva saputo in “presa diretta” dall’allora presidente del Palermo Calcio Ferrara.
“Hanno ammazzato Salvo Lima”! La macchina da “guerra” del giornale si mise in moto. Michele Naccari con la sua Ford Fiesta carta da zucchero già correva a forte velocità verso Mondello, io mi caricai dietro nel sellino delle mia Vespa “Ts” bianca la brava cronista di giudiziaria Sandra Rizza. Le macchine fotografiche sulle spalle come se fossero stati addobbi natalizi di un abete di un metro e settantacinque e rigorosamente senza casco. Nel rettilineo di Mondello la Vespa ci tradisce. Si ferma. Bestemmiando con un calcio la butto per terra e proseguiamo a piedi, di corsa.
Arriviamo in via delle Palme, davanti un villino con un cancello marrone con su scritto “Villa Bianca”. Lima era per terra diritto e a faccia in su. Un lenzuolo bianco troppo corto che lo copriva parzialmente lasciando intravedere i pantaloni ben stirati scuri e i piedi dove spiccavano delle elegantissime scarpe di vernice nera lucida all’inglese. Una enorme chiazza di sangue vivo, quello denso e rosso, quello “depurato” che irrora il cervello, sulla sinistra delle sua candida testa bianchissima tanto che molte fotografie risultarono sovraesposte. Da li capimmo che gli avevano sparato in testa, ormai conoscevamo pure il calibro, dopo tanti delitti documentati avevamo imparato a riconoscerli. Era una calibro 38. era mafia! Eravamo li a fotografare quello che potevamo, aspettando che il lenzuolo venisse tolto. Ma il copione questa volta non segui il suo naturale corso. Il procuratore Pietro Giammanco fece mettere a mò di scudo due camion dei pompieri e il carro funebre ad “oscurare” la scena e fece allontanare i fotografi e le tv prima dell’ispezione cadaverica, come a dire Lima è troppo importante per essere dato “in pasto” ai fotografi e alle telecamere.
Di corsa con l’auto di Michele tornammo in studio a sviluppare e stampare le fotografie che ancora bagnate portammo in redazione. Il Giornale L’Ora uscì con una edizione straordinaria che già alle 13 andava a ruba in edicola. Fu il canto del cigno di quella squadra meravigliosa che componeva quella mitica redazione. Il Partito (comunista) la chiuse “d’imperio” questa redazione due mesi dopo, subito prima delle stragi di capaci e di Via D’Amelio. Il delitto Lima, infatti, apriva ufficialmente la stagione più stragista e sanguinosa che Totò Riina potesse mettere in pratica.
Nell’ultimo numero uscito l’otto maggio di quell’anno, il giornale l’Ora titolava “Arrivederci”.
Un arrivederci che non arrivò e che non arriverà mai più.