La strada della parità di genere è davvero ancora in salita

Articolo di Francesco Pira

Analisi e dati ci fanno comprendere che ancora c’è tanto da fare. Anche se i pareri tra uomini e donne non sono concordi. “Il tema su cui il livello di parità è maggiormente avanzato è quello dell’accesso all’istruzione universitaria (sufficiente per il 79 per cento delle donne), mentre su tutti gli altri aspetti professionali lo squilibrio appare ancora molto alto”.

“Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente” con queste parole Rita Levi Montalcini, Neurologa, Accademica e Senatrice a vita. Premio Nobel per la Medicina 1986, ha spiegato quanto sia importante la mente rispetto al corpo.

La società contemporanea ci propone la continua centralità del corpo che di fatto comporta delle conseguenze. I media sono diventati uno spazio di negoziazione simbolica. La dimensione onlife e nuovi spazi di costruzione identitaria aprono a nuove sfide. Tante sono le prove che le donne devono affrontare per raggiungere la parità di genere.

Il ricercatore Enzo Risso ha scritto un articolo, pubblicato su Il Domani, in cui riporta i dati dell’osservatorio Fragilità del centro studi Legacoop e Ipsos. Le percentuali mostrano che: “La valutazione complessiva del livello di pari opportunità è per l’universo femminile ancora decisamente insufficiente (63 per cento). Per gli uomini, invece, è maggioritariamente sufficiente (66 per cento). Per l’universo maschile ormai è stato raggiunto il diritto delle donne di sentirsi libere e di esprimere sé stesse (72 per cento). Una valutazione che nell’universo femminile è decisamente più calmierata: 43 per cento”. E ancora: “Il 65 per cento delle donne denuncia sia la difficoltà nel sentirsi libere di porre fine ad una relazione senza temere conseguenze, sia la difficoltà di vedere rispettato da parte degli uomini il loro diritto a dire ‘no’”.

L’indagine rivela anche che: “Il tema su cui il livello di parità è maggiormente avanzato è quello dell’accesso all’istruzione universitaria (sufficiente per il 79 per cento delle donne), mentre su tutti gli altri aspetti professionali lo squilibrio appare ancora molto alto”.

A confermare questo report anche il sito d’informazione agenziacult.it: “secondo una ricerca dell’European institute for gender equality (EIGE) anche il settore dell’IA nell’ambito della parità di genere presenta delle disparità importanti che sono in parte anche correlate ai dati sulla parità di genere nell’ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics)”.

La strada per la parità di genere appare ancora in salita. Inoltre, viene evidenziato che: “Nel corso degli ultimi anni, per le donne, sono andati peggiorando il diritto di veder rispettati i ‘no’ (-21 punti), il diritto di sentirsi libere di porre fine a una relazione senza temere conseguenze (-24 punti) e la sicurezza nella vita quotidiana (-16 punti)”.

A complicare la situazione anche l’odio sul web che rappresenta una nuova forma di violenza. Gli hater, sappiamo dalle ricerche che sono state fatte, prendono di mira le donne, utilizzando profili falsi che non sempre sono facilmente rintracciabili.

Tanti sono i fenomeni che possono portare le vittime al suicidio: il revenge porn, il sextortion, il sexting e tanti altri ancora. In Italia, nel 2023, sono state uccise 120 donne. In 64 casi, più della metà, l’assassino era il marito, il fidanzato, il compagno o l’ex.

Il Ministero dell’Interno ha comunicato che: “Relativamente al periodo 1 gennaio – 3 marzo 2024, sono stati registrati 60 omicidi, con 20 vittime donne, di cui 18 uccise in ambito familiare/affettivo; di queste 8 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner”. Numeri davvero agghiaccianti: “quasi una donna uccisa ogni quattro giorni”.

Risso conclude il suo articolo scrivendo che: “La società si è de-patriarcalizzata e de-maschilizzata solo superficialmente, ma al fondo delle dinamiche relazionali il mondo maschile mostra non solo di non aver introiettato le dinamiche liberatorie dell’universo femminile, ma cerca anche di riprendersi, con la forza, ciò che formalmente ha dovuto rendere”.

Allora, cosa bisogna fare? Tanto è stato fatto, ma tanto rimane da fare. Stiamo vivendo un momento di grande analfabetismo emotivo e non riusciamo a controllare le nostre emozioni o le interpretiamo in modo sbagliato. Bisogna parlare ai giovani, perché comprendano l’importanza della vita e delle persone. Occorre una rivoluzione culturale e antropologica, perché si dia spazio ad un nuovo “Umanesimo”, ai valori e ai sentimenti.

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