Creare storie non vuol dire creare parole nuove, quelle sono sempre esistite, molto prima di te e della tua mania di inventare tutto. Reinventare, invece, è possibile, dando a parole di uso quotidiano nuove connotazioni. Ed è questo ciò che farai ogni volta che ne cercherai una per metterla nel posto giusto, con la consapevolezza che solo una è quella che serve a te, altrimenti starai giocando a Scarabeo.
In letteratura, così come nella vita, tutto dipende dal peso che riuscirai a dare ad ogni singola parola, dalle più leggere a quelle più pesanti, e alla tua capacità di intuire, non tanto per te stesso, ma per chi ti sta davanti, quali bisogna considerare leggere e quali pesanti. A volte ti servirai delle prime, a volte delle altre, a seconda dell’uso che dovrai farne. Il problema, però, è che ogni parola può appartenere sia alla prima categoria che alla seconda. Per semplificare, ti direi che tutto dipende dal contesto. Per complicarti la vita, ti dirò invece che imparare a scegliere la parola giusta è un processo che inizia mentre leggi, non mentre scrivi. La lettura, dunque, risolverà metà dei tuoi problemi.
Quando scriviamo, siamo portati in generale ad essere sinceri almeno con noi stessi, abbiamo più tempo per organizzare e argomentare il nostro discorso senza interruzioni. Quando parliamo, questo è più difficile, continuiamo a usare le frasi degli altri, a citare i titoli leggiucchiati qua e là, aggrediamo per non essere aggrediti, perché non troviamo le parole giuste nel momento giusto e non riusciamo a spiegare cosa diavolo vogliamo. Tiriamo avanti come se il mondo fosse un libro meraviglioso, una specie di lago ghiacciato, e noi continuassimo imperterriti a pattinare sulla copertina.
Leggendo libri impariamo a leggere meglio il mondo e, quindi, a descriverlo con più onestà. In altri termini, impariamo a dare il giusto nome e la giusta importanza ad ogni cosa. Inoltre, riscopriamo la bellezza di ascoltare ed ascoltarci, arricchendo quella parte spirituale di cui siamo composti e di cui non si parla spesso perché non va più di moda.
Non devi essere un esperto con le bilance per saper pesare le parole e usare solo quelle necessarie: è questione di empatia. Scrivere è un atto comunicativo. Chiediti però con chi stai comunicando, cosa vuoi dirgli o dirle o dir loro, e fallo nella maniera più appropriata; ciò significa che non ci sono due modi uguali di parlare con qualcuno, ogni interlocutore ti richiederà uno sforzo differente.
Tutte queste comunque sono solo chiacchiere. Adesso vediamo nella pratica quanto è importante mentre scrivi una storia scegliere le parole giuste. Proviamo a trascrivere più volte la stessa scena, quella in cui il protagonista entra in un bar e spia le ragazze sedute di fronte a lui, scegliendo diversi punti di vista: a) quello del maniaco, b) quello della ragazza giapponese, c) quello delle due ragazze irlandesi e d) quello di un narratore impersonale.
a) Da quella posizione potevo vedere bene tutto il bar, le poltroncine soffici di velluto non avevano più segreti per me; vedevo anche sotto le gonne delle ragazze sedute in fondo, due irlandesi con i capelli rossi, e nella scollatura della giapponese che mi sedeva davanti. Secondo me, la giapponese sapeva che la stavo fissando e le faceva piacere.
b) Era la prima volta che andavo in Italia. A dire il vero, era la prima volta che i miei mi lasciavano viaggiare da sola. L’Europa era un sogno che gli europei sembravano non saper interpretare. Al loro posto, avrei ringraziato il cielo ogni giorno della mia vita. Il bar era grande e elegante, mi ricordava le fotografie della Belle Époque che mi aveva mostrato mia madra, fuggita dal regime fascista prima di sposarsi con mio padre, a Tokyo. Mi sedeva di fronte un giovane di bell’aspetto, aveva le mani in tasca perché doveva essere di sicuro molto timido, e questo, per me, era un pregio.
c) Senti un po’, ma chi ti ha detto che in questo posto hanno la Guinness? Me lo hai detto tu!, mezz’ora fa, non te lo ricordi? Io?!, quando?! Proprio due minuti fa, e anche l’altro giorno; a proposito, quella che stai bevendo è una Guinness. E quello chi è? Quello chi? Il tipo vestito di nero che è appena entrato. Non lo so, sembra un maniaco. A me piace… A te piace perché sei ubriaca!!!
d) La città era bagnata ed eccitata. Quando entrò nel bar, la vide subito, ce n’erano altre come lei, giovani e belle, come piacevano a lui insomma, ma la ragazza giapponese aveva qualcosa che, proprio in quel momento, lui stava cercando…
Ci sono tanti modi diversi per scrivere la stessa storia, infinite combinazioni di narratori e personaggi, tra i quali puoi costruire il rapporto che vuoi. A decidere che tipo di storia raccontare, da quale punto di vista, con quale ritmo, con quale tono, con quale intensità, eccetera, sei sempre tu. Perché, se non lo hai ancora capito, è una questione di scelte, scelta delle parole, ma non solo, anche scelta di ritmo di lavoro, di soggetti, di stile. Nessuno può insegnarti a scegliere, sarebbe come volerti insegnare ad amare. Ognuno ama come gli pare.
È tutto. Che cosa ti aspettavi? Credevi sul serio che leggendo uno stupido articolo di scrittura creativa intitolato Leggere aiuta a risolvere i problemi di erezione, imparassi a scrivere un romanzo?! Soltanto leggendo romanzi si impara a scrivere romanzi. Cercali là dentro gli insegnanti di scrittura creativa, soprattutto se sono autrici e autori già morti, almeno per due ragioni: la prima, non ti chiederanno soldi; la seconda, i morti hanno il dono prezioso di saper ascoltare, confidandoti con loro troverai le parole giuste. (illustrazione di Francis Masse. Radiografia di un membro del PSSI, Partito Scrittori Senza Idee, che mostra il rischio in cui si incorre se non si legge almeno un libro a settimana.)