Quando per la prima volta venne presentata la canzone Pedro, Raffaella Carrà si trovava in Argentina per la registrazione del film Barbara (1980). L’Unione Sovietica, allora, dato il successo della suddetta in Europa, Giappone e America Latina, chiese alla televisione italiana di strutturare un programma che avesse al centro le canzoni di Raffaella cantate in una sorta di giro turistico per le strade della città. Nacque così, per Rete2, un curioso e innovativo programma, Millemilioni, che ondò in onda nel 1981 da ben 5 capitali mondiali: Buenos Aires, Città del Messico, Londra, Roma e Mosca. La Carrà, già pioniera in molte cose, con questa esperienza si cimentò in uno dei primissimi esempi di televisione internazionale. Perché questo preambolo?
Perché, così come ha fatto per tutta la sua intera vita, spesa per lo spettacolo italiano e internazionale, ancora oggi Raffaella Carrà non smette di sorprenderci. Anche stavolta, infatti, è il caso di esclamare quella frase emblematica che ha caratterizzato un ventennio dello show italiano e ha anche arricchito il vocabolario della nostra lingua: Carràmba! Che sorpresa. Infatti, a quasi tre anni dalla sua luminosa dipartita, Raffaella si rivela ancora una pioniera insuperabile. Proprio in queste ore la showgirl bolognese è diventata (It Parade) la prima donna italiana solista ad entrare nella top 50 Mondiale di Spotify con un brano in italiano dal titolo spagnoleggiante: Pedro.
Pedro è una canzone del 1980 prodotta da Gianni Boncompagni – conduttore radiofonico, paroliere, autore televisivo, compositore e regista – che racconta la storia di una turista in vacanza a Santa Fe de la Vera Cruz, in Argentina, dove incontra questo Pedro che, dapprima, si offre come guida turistica per poi diventare il suo focoso amante. Nel videoclip, su un balcone di Buenos Aires, con tanto di pappagallino e mollette per i panni, si vede l’indimenticabile Raffaella che, sotto al suo famosissimo caschetto biondo e in un succinto vestitino rosso di Luca Sabatelli, completo di boa di piume, tacchi e borsetta, canta e balla con il suo gruppo di professionisti, tra cui Sergio Japino: “Altro che ragazzino, che perbenino, sapeva molte cose più di me. Mi ha portato tante volte a veder le stelle, ma non ho visto niente di Santa Fe”. Comunque il successo di questa canzone, così come tante altre di Raffaella – a dispetto del fatto che appaiono come canzoncine di poco conto, ma che in realtà conservano tutto il sapore di una fondamentale rivoluzione per i diritti di tutti, in primis delle donne e della comunità LGBTQI+ – è stato segnato da altri avvenimenti importanti: nel 1999 la showgirl ne propone una versione dance in italiano e spagnolo negli album di remix Fiesta – I grandi successi e Fiesta – Grandes Éxitos; nel 2008 viene introdotta nel cofanetto Raffica – Balletti & Duetti; nel 2022 il brano acquista successo grazie alla piattaforma TikTok; nel 2023, in Spagna, i socialisti l’hanno utilizzata per celebrare il politico Pedro Sanchez e la sconfitta dei fascisti a prova del fatto che Raffaella Carrà permane come simbolo della libertà di espressione, così come lo fu quando finalmente il Franchismo fu debellato tanto che gli spagnoli videro in lei la loro nuova e sospirata democrazia.
Raffaella Carrà, insomma, fu la faccia di quella giovane vittoria democratica su Franco.
Infine, in questo 2024, DJ Jaxomy e Agatino Romero ne producono una versione techno.
Quest’evento musicale, che vuole essere un inno all’immortale spirito della Carrà, è solo uno dei tanti che negli ultimi tempi si stanno susseguendo come segno di profonda riconoscenza alla cantante, ballerina, attrice, conduttrice e autrice televisiva.
Risale al mese di ottobre 2023 lo straordinario murales in Argentina, in cui si vede una sorridente Raffaella che balla il tango con Diego Armando Maradona. Un murales che vuole apparire come invito alla pace mentre dall’altra parte del mondo infuria una guerra terribile e sanguinosa. “Se non altro balla un tango insieme a me e vedrai che qualche cosa cambierà. Stringimi più forte che si può…”, sembra voler suggerire ai potenti che altro non pensano che ai propri interessi, sminuendo continuamente la vita. Un altro gigantesco murales di Raffaella, questa volta in Italia, è stato fatto da un artista francese a Sanremo, durante il Festival 2024. La Carrà calpestò più volte le tavole del teatro in questione come ospite fino al 2001 quando fu lei a presentarlo. Era la prima volta in assoluto, in più di cinquant’anni, che una donna tenesse il timone del più grande spettacolo della musica italiana. La sigla era “È la mia musica”, cantata dalla stessa Raffaella. Inoltre solo poche settimane fa, a Montecastrilli di Terni, in Umbria, è sorta una bellissima piazza che porta il suo nome: Piazza Raffaella Carrà. Le foto e il video di inaugurazione del luogo stesso hanno già fatto tante volte il giro del mondo. Sono in primis i suoi fans che, orgogliosi, innalzano la bandiera dell’allegria e della leggerezza, insegnate dall’unica e immortale Raffaella, dinnanzi alla vita già difficile di per sé. La piazza si presenta con una bellissima fontana al centro dalla quale si staglia una modernissima sagoma della Carrà degli anni ’70 quando, andando prepotentemente contro i benpensanti del Paese, mostrava fiera l’ombelico.
Le canzoni di Raffaella, così come tante altre volte ho scritto su questa figura importantissima per la storia italiana, spagnola e sudamericana, sono ricche di significato ed effettivamente sono state rivoluzionarie per l’epoca. Ecco perché non bisogna sorprenderci se ancora oggi canzoni come Pedro vengono annoverate tra quelle più ascoltate dalle nuove generazioni. Non bisogna nemmeno sorprenderci se le sue canzoni hanno fatto parlare e ballare tutti, sin da sempre, dai bambini agli adulti; da gente comune a persone influenti. È palese, quindi, che il genio della Carrà attraverserà intere generazioni così come è già successo in 60 anni di storia del Costume italiano.
Mi sa proprio che, da buona bolognese, la Carrà del telefono di Pronto, Raffaella? – a continuazione del primo bolognese inventore stesso del telefono, Guglielmo Marconi – farà ancora molto parlare di sé perché, come lei stessa disse a Discoring il 13 febbraio 1983, durante la presentazione di Ahi e di Soli sulla luna: “Tornavo, lo sapevo che tornavo e, infatti, sono tornata. Sono molto contenta di averlo fatto perché veramente abbiamo capito ancora che ci si vuole molto bene”.