La soldatessa alla visita militare (1977) e La soldatessa alle grandi manovre (1978) completano l’esperienza di Nando Cicero con il sottogenere militare. I due film sono una variante erotica dei mini filoni delle insegnanti e delle dottoresse, visto che portano battute e situazioni sceniche in un ambiente da caserma. La soldatessa alla visita militare (1977) è scritto e sceneggiato da Nando Cicero, Francesco Milizia e Annie Albert, la fotografia è di Giancarlo Ferrando, il montaggio di Daniele Alabiso, le musiche sono di Piero Umiliani e le scenografie di Elio Micheli. Luciano Martino torna al vecchio ruolo di produttore per conto di Dania Films. Interpreti: una stupenda Edwige Fenech al massimo della sua bellezza nei panni della dottoressa Eva Marini, Renzo Montagnani come irresistibile colonnello Fiaschetta, Fiorenzo Fiorentini, Alvaro Vitali, Michele Gammino, Leo Gullotta, Jacques Stany, Renzo Ozzano, Enrico Beruschi, Mario Carotenuto, Tiberio Murgia e Lucio Montanaro.
La Fenech rivendica il diritto a indossare gli abiti militari e viene arruolata come ufficiale medico dopo una dichiarazione di stampo femminista. Nella finzione siamo in un campo militare della Sardegna, ma in realtà è soltanto una cava di pietre all’Isola d’Elba e alcune sequenze sono girate a bordo dei traghetti che coprono la tratta giornaliera Piombino – Portoferraio. Da ricordare Alvaro Vitali mentre spia un mini strip di Edwige Fenech a bordo della nave che conduce i militari a destinazione. Al campo Zeta la truppa diretta da un grande Renzo Montagnani sta lavorando per una delicata esercitazione. I soldati costruiscono un tunnel che li porta a una spiaggia per nudisti, dove incontrano un Tiberio Murgia doppiato in inglese e in costume adamitico. Renzo Montagnani inaugura la macchietta del colonnello Fiaschetta, un militare pasticcione con la fissa del sesso che parla in dialetto napoletano. Da notare che Montagnani non è mai doppiato, la sua bravura è soprattutto quella di passare senza difficoltà da personaggi che si esprimono in dialetto veneto ad altri toscani e milanesi. Un inedito Leo Gullotta con barbetta e occhiali è un folle capitano medico pieno di tic nervosi che zoppica e azzarda esperimenti sulla truppa. Peccato che venga doppiato. La responsabilità di aver costruito una truppa di assatanati sessuali è tutta sua e di Montagnani perché mettono gli ormoni nel rancio. Gullotta si soddisfa sessualmente con una bambola gonfiabile che gli viene portata via prima da Montagnani, poi da Vitali che usa il mastice invece della vasellina e ci resta attaccato. Nino Terzo è l’infermiere assistente di Gullotta, per tutto il film strabuzza gli occhi e mostra la sua espressione caratteristica con la voce afona. Alvaro Vitali è un petomane impenitente e un masturbatore incallito che dà il via in grande stile a una poetica scorreggiona.
Michele Gammino è una divertente figura di pastore sardo che completa un quadro di reclute fuori dal comune. Renzo Ozzano interpreta un simpatico sergente sfigato che comanda Vitali, Montanaro e altre reclute indisciplinate. Enrico Beruschi è un prete imbranato che si fa tentare dalle belle donne e ricorre a docce gelate per calmare i bollori. La vita militare va avanti tra marce spossanti e piedi puzzolenti, i soldati sono terribilmente arrapati e ognuno si arrangia come può, tra bambole gonfiabili e masturbazioni. Alvaro Vitali è così superdotato che Leo Gullotta gli chiede quanto paga di una tantum e a un certo punto si mette a spaccare i mattoni con il membro. Da citare anche la scena in cui Vitali fuma le sigarette con il sedere e quando mette la testa nell’orina per calmare i bollori. Vitali dà il meglio di sé dopo aver mangiato un orribile spezzatino preparato da Fiorenzo Fiorentini che procura spetazzamenti vari a tutta la truppa. Mitica la battuta di Vitali: “Er gulash? Ma vaffangulash!”. Questa parte del film è davvero folle, composta di comiche corsette e scorregge scandite a tempo di musica, puro stile Cicero. Possiamo dire che la commedia scorreggiona italiana tocca il suo culmine con le trovate surreali di Nando Cicero. Il film mostra le grazie della Fenech ma non troppo. Si raggiunge il massimo quando la bella dottoressa arriva al campo e scatena le voglie represse dei soldati. Edwige Fenech ha un aspetto giovanile, porta capelli lunghi arricciati ed è una femminista in un ambiente di uomini, perché è la prima donna volontaria a fare il servizio militare. Nel 1976 era un’idea rivoluzionaria quella di vedere soldati in gonnella, c’era una legge in discussione in parlamento, adesso rientra nella normalità. Cambiano i tempi, visto che la ferma obbligatoria è stata abolita e per i giovani di oggi un film come questo può sembrare insolito, ma è utile per capire la storia del nostro costume. Nella parte centrale della pellicola la Fenech scompare, con la scusa tecnica che è stata fermata al commissariato di polizia dopo che un turista le ha toccato il sedere. Il turista è il bravo caratterista Dante Cleri, che serve per fare un discorso femminista mettendo alla berlina chi predica bene e razzola male, anche perché con la Fenech ci prova pure il poliziotto. La parte al campo Zeta senza la Fenech perde mordente, la sua assenza si nota, pure se Cicero si abbandona alla descrizione della vita militare al ritmo di scherzi folli. Citiamo una pisciata sul colonnello Montagnani, i piedi al formaggio dopo una corsa, il sedere di Lucio Montanaro scambiato per quello di una donna, le allucinazioni di Montagnani che vede culi di donne al posto della bandiera italiana. Quando la Fenech raggiunge il campo cattura l’attenzione della truppa e sfoggia uno splendido abito color rosso fuoco. Fiorentini prende le misure (ovvio che sono 60 – 90 – 60) per cucire alla dottoressa una divisa adatta e infine le fa indossare un paio di sexy short con giacchetta coloniale. A questo punto la Fenech si fa una gran doccia – la parte più erotica del film -, con la dottoressa insaponata da capo a piedi che mostra seno e sedere a una truppa eccitata capitanata da Ozzano, Vitali e Montanaro. Fenech: “Non avete mai visto una donna?”. Vitali: “Bona così, no!”. Pure le scene che seguono sono da ricordare, soprattutto quando arriva Montagnani, ordina l’attenti e alla Fenech cade l’asciugamano che le scopre il petto. I soldati fanno l’adunata e la dottoressa raggiunge il piazzale con l’asciugamano in vita al posto della divisa. Montagnani si lascia andare a una serie di “Oddio” e “O la Madonna” e vede culi ovunque. Montagnani ci prova a farsi la bella dottoressa, ma l’unica cosa che rimedia è un calcio nei testicoli dopo averle palpato il seno. Un’altra parte divertente è la festa al campo dove per mancanza di donne gli uomini ballano tra loro. Quando arriva la Fenech tutti fanno a gara per danzare con lei e Gammino è il più irruente nel cercare di farsi la dottoressa. Per punizione il soldato viene incatenato a un palo ma la Fenech non è insensibile alle attenzioni del pastore sardo, solo che va ripulito a dovere. La dottoressa lo civilizza, lo rende umano e nelle sequenze finali se lo porta a letto. Arriva una squadra di soldatesse capitanata da Mario Carotenuto e gli uomini al massimo dell’eccitazione le scambiano per mignotte con tutto quel che ne consegue. Michele Gammino si porta a letto la Fenech, ma è meglio dire il contrario, visto che è la bella dottoressa ad accaparrarselo. Molta la pubblicità indiretta, come sempre a base di Vidal, J&B, Punt e Mes e via dicendo. Un film erotico divertente, ricco di trovate folli e surreali, in puro stile Nando Cicero. Una vera pochade che si conclude con il caos al campo tra soldati infoiati che si fanno le reclute e la Fenech sotto le lenzuola insieme a Gammino.
La soldatessa alle grandi manovre (1978) ha un cast tecnico identico al precedente, con la variante di Fiorenzo Fiorentini che collabora alla sceneggiatura. Pure gli attori principali non cambiano, con la Fenech nei panni della dottoressa Marini e Renzo Montagnani che è il colonnello Fiaschetta. Alvaro Vitali ci delizia con trovate volgari e una mimica inconfondibile, ma accanto a lui ci sono degni comprimari come Gianfranco D’Angelo (medico folle al posto di Gullotta) e Lino Banfi (prete al posto di Beruschi). Lucio Montanaro c’era anche nel primo film, ma qui il suo ruolo è più importante e fa da spalla a Vitali per inventare atroci scherzi ai danni del sergente Renzo Ozzano.
La dottoressa Marini deve indagare sul comportamento sessuale dei militari e verificare la presenza di un secondo cromosoma y che aggiunto alla coppia xy può dare luogo a deviazioni criminali. Per eseguire il compito viene insignita del grado di tenente e spedita alle grandi manovre con la solita truppa di mandrilloni infoiati. Michele Gammino è un bellimbusto impomatato che è stato dichiarato ben diciassette volte rivedibile e fa il galante con le donne. Per tutto il film dà il giro alla Fenech, pure se è lei che l’ha dichiarato idoneo e l’ha spedito al corpo. Fenech: “Lei ha un torace formidabile”. Gammino: “Anche lei!” e le scruta il seno che fa capolino dal camice bianco. Si parte subito bene con una battuta ammiccante, si prosegue con un processo farsa a un soldato condannato per aver violentato tre donne vecchie e brutte. La Fenech addormenta la corte con una lezione di anatomia e fa rinchiudere il soldato in manicomio criminale, perché dimostra che presenta uno squilibro ormonale dovuto al famoso cromosoma in più. Per studiare le abitudini sessuali dei militari la Fenech viene assegnata alla guarnigione comandata dal colonnello Fiaschetta. Durante il viaggio in treno per raggiungere la sede incontra Lino Banfi, prete del paesino siciliano dove è di stanza la guarnigione. Ci sono un paio di sequenze divertenti sul treno. La prima con la Fenech che fa piedino al sacerdote e poi si struscia a lui senza volere, la seconda con gli altri due passeggeri dello scompartimento che approfittano della galleria per toccare il sedere alla dottoressa e dare uno schiaffo al prete. Citiamo anche Tiberio Murgia, capostazione del paesino, con una bruttissima moglie che si fa toccare dai militari arrapati come Vitali e Montanaro. Montagnani è molto bravo nella parte dell’ufficiale napoletano sonnambulo e succube della madre che lo vorrebbe generale come il marito. Si traveste da donna, balla il flamenco, poi si dimentica le scarpette rosse e così conciato va a ricevere la Fenech. Gianfranco D’Angelo è un capitano medico di stampo nazista, incompetente e sadico, che toglie denti senza anestesia, cava gli occhi ai soldati e li fa impazzire dopo un’operazione di tonsille. I suoi metodi contrastano con i sistemi professionali della Fenech-Marini. Jimmy il Fenomeno è uno dei pazienti del capitano, diventato scemo dopo un’operazione, va da sé che la caratterizzazione di Origine Soffiano è sempre la stessa. Alvaro Vitali è un soldato operato dal capitano perché si faceva la pipì sulle scarpe e adesso se la fa nel viso. D’Angelo ha come infermiere l’immancabile Nino Terzo, che ricordiamo nella scena di peso e misurazione dei membri delle reclute. Terzo: “Questo è a forma di cavatappi”. D’Angelo: “Bene, mettilo da parte che ci apriamo le bottiglie”. Uno invece ce l’ha come un bambino di un anno – nel senso che è lungo come un piccolo infante – quindi va accorciato. Vitali e Montanaro scoreggiano a comando e insidiano con i loro scherzi lo stremato colonnello. Citiamo la tavoletta elettrica del cesso, la carta vetrata al posto della carta igienica e le vespe nel bagno, ma sono molte le scene cult di un film che è un vero florilegio di volgarità irresistibili con protagonisti i due soldati ribelli. Divertenti anche le loro disavventure con un’improbabile donna-leopardo e con altre donne bruttissime che tentano di avvicinare. Torna la poetica di Cicero sulle donne orrende, pure ricercate dagli uomini, una costante comica nel suo cinema a base di trovate slapstick. Da citare la scena in cui Vitali inghiotte per errore pallini da caccia, infine spara a raffica dal sedere dopo che ha mangiato pasta e fagioli. Il caratterista Franco Caracciolo, truccato da donna, è la cameriera Gesuina che il padre obbliga a indossare (per sicurezza) mutande di lamiera. Salvatore Baccaro con il suo aspetto mostruoso interpreta un fidanzato geloso abbandonato dalla compagna e per poco non ammazza Montagnani che ha dato della puttana alla sua bella. Il rapporto di odio – amore tra Montagnani e la mamma si esterna durante gli episodi di sonnambulismo, lui non vuol fare il generale ma la mamma insiste. Lino Banfi è bravo nelle vesti di Don Pagnotta, un prete dalle voglie ancora non sopite ed è uno dei punti di forza del film. Banfi fa un po’ di tutto per campare, persino il carpentiere per conto dell’esercito e Montagnani lo chiama per dividere in due la sua stanza dove vuol fare alloggiare la dottoressa Marini. Banfi deve accudire alcuni bambini poveri e malnutriti che la Fenech visita in infermeria, per loro si procura un po’ di roba da mangiare. Michele Gammino è un soldato raccomandato che riceve le donne in camera, si tratta come un principe e fa il galante con la dottoressa. A un certo punto scopre che lei è venuta al campo per un’inchiesta sulle abitudini sessuali dei militari, allora si finge depresso e non più attratto dalle donne per interessarla. Afferma che la vita militare gli provoca problemi erotici e sessuali, depravazioni e perversioni, sogna uomini nudi che fanno proposte oscene. La Fenech è molto nuda, si concede alla vista dello spettatore tra docce disinibite e striptease imprevisti dietro specchi malandrini. La scena dello specchio double face si ripete più volte ed è una scusa eccellente per mostrare le grazie della bella attrice ignara di spogliarsi davanti all’intero reggimento. Molto bella anche quando veste la mimetica e gira per il paese facendo dire a Montagnani: “Quello non è un culo è una tagliola!”. La parte conclusiva del film registra una comica esercitazione con Montagnani che fa di tutto per perdere e non essere promosso generale. Nel finale aumenta anche il contenuto erotico quando Gammino si rivela innamorato della Fenech e le strappa i vestiti di dosso. La scena ricorda il finale de L’insegnante viene a casa di Tarantini, pure se qui l’erotismo è stemperato dalla grande comicità e c’è meno violenza. Lo strappo dei vestiti è reciproco e consenziente, pure se assistiamo a sequenze molto sexy con Gammino che palpa il seno della bella dottoressa e le accarezza le cosce distesa sul letto. La pochade si conclude con il generale avversario che beve acqua purgativa e scacazza a più non posso. Montagnani vince la prova e viene promosso generale per la gioia della mamma e contro la sua volontà. Gammino e la Fenech espongono il cartello “Quarantena” e continuano a scopare. Nando Cicero si conferma regista geniale e trasgressivo, autore ideale per commedie scollacciate come questa, pure se alla fine non sa trovare di meglio che far finire la Fenech tra le braccia del bel maschio latino impersonato da Michele Gammino.
Tra i titoli successivi che possiamo ricondurre alla commedia sexy “militare” ricordiamo L’infermiera nella corsia dei militari (1979) di Mariano Laurenti e La dottoressa ci sta col colonnello (1980) di Michele Massimo Tarantini entrambi con Nadia Cassini. Si tratta di film di scarso valore che ricalcano le orme tracciate da Nando Cicero nella trilogia militare con protagonista Edwige Fenech.