Il primo dato che salta agli occhi, almeno in Italia, è quello relativo all’astensione: meno di un italiano su due è andato a votare. Alla fine, hanno votato poco più del 49% degli aventi diritto al voto. Un dato preoccupante sotto diversi punti di vista. Prima di tutto perché conferma il crescente disinteresse degli italiani alle questioni dell’UE. Una situazione che peggiora anno dopo anno, elezione dopo elezione. Nel 2014, alla chiusura dei seggi, aveva votato il 57,22% degli aventi diritto. Nel 2019, quando si votò solo di domenica, alle urne andò il 54,5% degli elettori. Ora non è andata a votare nemmeno la metà degli aventi diritto. Un dato che potrebbe essere sovrastimato: che in realtà in moltissimi seggi si votava anche per eleggere sindaci e consiglieri comunali e in alcune regioni si votava anche i rappresentati al governo regionale. Questo significa che molti di quelli che hanno votato per il PE potrebbero averlo fatto solo perché erano già nei seggi. Un effetto traino confermato da un’analisi del Cise dalla quale emerge una netta differenza atra l’affluenza alle urne presso i comuni dove si votava anche per le amministrative e quella nei comuni dove si votava solo per le europee.
La scarsissima affluenza alle urne nel nostro Paese fa parte di un fenomeno più generale di crescita dell’astensionismo molti aspetti preoccupante. Vuol dire che i cittadini non credono più in questa istituzione né nel modo in cui attuare la forma di democrazia rappresentativa che sono le elezioni. In altre parole, ad essere venuta meno è la fiducia degli elettori nel proprio potere di far valere i propri diritti in ambito decisionale.
A questo si aggiunge un’altra considerazione non meno importante: chi andrà a governare lo farà con una maggioranza assolutamente risicata. Secondo i dati ufficiali, il primo partito in Italia dovrebbe essere Fratelli d’Italia con il 28,59% delle preferenze (seguito dal PD con il 25,58%). Ma queste percentuali non tengono conto dell’elettorato ma dei voti. In termini assoluti, questo significa che il partito più votato in Italia (quindi quello che avrà più seggi al Parlamento europeo) ha avuto una percentuale dei voti poco superiore al 14% del totale. In assoluto il primo partito, con oltre il 50% delle astensioni, sarà il partito degli indifferenti. Ma per loro nessuno ha pensato ad una presenza in Parlamento. Risultati nazionali Italia | Risultati delle elezioni 2024 | Risultati delle elezioni europee 2024 | Parlamento europeo (europa.eu)
Una realtà che potrebbe essere conseguenza di molti fattori. A cominciare dal fatto che in realtà il potere del Parlamento europeo è completamente diverso da quello del Parlamento nazionale e così in molti paesi Ue: in realtà il potere del Pe è solo di ratifica. A livello di UE, il potere, maggiore è nelle mani della Commissione europea. Ma (altro aspetto importante quando si parla di democrazia rappresentativa) i membri della Commissione non sono scelti dagli elettori europei. Solo il presidente della Ce è eletto ma dal Parlamento europeo. E quasi sempre rispettando la regola non scritta secondo la quale viene scelto il candidato proposto dal partito di maggioranza in Parlamento, che, è bene ricordarlo, non è un partito con un proprio riferimento nazionale, ma un gruppo nel quale convergono i delegati europei. Già perché un’altra delle cose importanti che nessuno dice mai sul Pe è che, istituzionalmente, una volta eletti, i delegati dei vari paesi europei non rappresentano più il proprio paese, ma il proprio gruppo politico. Con conseguenze sulle scelte adottate che è possibile immaginare.
La sempre più bassa affluenza alle urne per scegliere i propri “rappresentati” al Parlamento europeo mette di fronte ad una domanda: ha ancora senso continuare con questo modo di fare, con un sistema che è Unione solo quando si tratta di imporre sanzioni e regole ma che poi è costituito da una diversità di sistemi di gestione senza precedenti? Basti pensare che anche per le elezioni sono stati seguiti sistemi elettorali differenti. Diverse le giornate per il voto all’interno dei paesi dell’ “Unione”, diversa l’età minima per andare a votare, diverso perfino il concetto di diritto o dovere di votare (in tre Stati dell’UE andare a votare è un dovere non solo un diritto e chi non lo fa può incorrere in pesanti sanzioni).
Ha senso continuare tutto questo? O non sarebbe meglio tornare a quella che di fatto è l’UE: un enorme mercato unico dove le merci circolano liberamente, spesso anche quelle provenienti da paesi extra UE (si pensi gli accordi con paesi come il Viet Nam, giusto per fare un esempio)? E se qualcuno dovesse dire che non è così, sappia che esiste un articolo del TUE, articolo 50, che parla proprio di questo….Visti i dati sull’affluenza al voto forse sarebbe il caso per gli italiani di cominciare a fare i conti sulla convenienza a rimanere dell’UE. Ma di questo nessun candidato alle elezioni europee ha detto nulla ai propri elettori.