Oggi argomentare a destra è complicato per molti fattori e per molteplici ragioni. I riflettori di chi osteggia la cultura di destra e le opinioni politiche e sociali della destra ha buon gioco nel rappresentare la destra semplicemente come “Fascismo”. Si potrebbe dire, senza timore di smentita, che i detrattori della destra siano i primi ad essere affascinati dal Fascismo e dalla sua ideologia. Hanno sempre il Fascismo come paradigma per la destra, ritengono che così facendo la gente non dia il proprio consenso al partito, oggi, denominato Fratelli d’Italia che impersona la “Destra al Potere”. Una visione la loro (dei detrattori) miope delle cose con un utilizzo del linguaggio elementare che palesa l’inconsistenza del contenuto medesimo. L’Italia pare non voler superare gli schieramenti che, di fatto, sono delle mere semplificazioni e delle estremizzazioni semplicistiche.
Destra e sinistra, fascismo e comunismo, BR e NAR e via dicendo senza fine e senza un fine. Ovvio che, questa è la nostra Storia. Ovvio che chi scrive ha ben chiara l’evoluzione estremista di destra e di sinistra che hanno portato sangue e dolore nella casa degli italiani e che va osteggiata e condannata sempre. Gli anni ’70 e ’80 sono una lunga stagione del terrore, nella quale gli estremi politici si confrontavano non nelle aule del Parlamento, ma nelle piazze, nelle strade, nei vicoli con armi più o meno convenzionali o con mazze e bastoni ma fanno feriti e morti. Quello non era – e non è mai stato – un confronto politico, ma è stata la “stagione” del terrore e della rabbia (suicida). Si, suicida perché con la violenza si è generata altra violenza che, di fatto, ha allontanato questi gruppi dalla popolazione e dalla massa, come era naturale e giusto che fosse. La stagione del terrore è stata la riprova che il nostro Paese – grazie anche a uomini politici di assoluto valore ed alto senso dello Stato, si è salvato dalla deriva violenta ed ha mostrato al Mondo di essere una democrazia matura. La Storia non si rinnega e non si dimentica, la Storia si studia.
Le frange più intransigenti del sistema hanno perso ed hanno perso perché hanno versato il sangue di martiri ed eroi della democrazia , hanno reso orfani e vedove, hanno violentato la società civile. Hanno perso perché la violenza in politica non paga, le rivoluzioni dal 1789 in poi si sono risolte in disfatte politiche, militari ed ideologiche in ogni Paese siano state fatte. Tutte le rivoluzioni hanno bruciato come brucia un fuoco di paglia con la sola differenza se a bruciare è un piccolo cumulo di paglia o un pagliaio intero; ma sempre paglia è, e si esaurisce. Oggi, l’Italia è saldamente nella Europa, è nella moneta europea, è soggetto (e guida) la politica europea, è soggetta ai provvedimenti legislativi e giudiziali europei, è inserita in un contesto di rapporti che non possono essere eliminati, anzi, devono essere implementati e migliorati, ma non negati od ostacolati. Occorre la fermezza dei valori e dei principi ma anche la duttilità dell’Utile e la fierezza del Giusto che in politica si coniuga sempre con il Bene Sociale. L’Italia, oggi – ragionamento complesso e semplice insieme – è un Paese che per le sue relazioni ed i suoi legami non fa molta differenza (internazionale) se è governata da un partito progressista o da un partito conservatore.
Questa è la verità che non si vuole dire agli elettori per ragioni di consenso, di voti, di svendita di un Paese che si ritiene immaturo ma che non lo è affatto. La nostra Nazione non vuole conoscere il bipolarismo e di tutto ciò vi è una ragione storica che poggia sulle forze che hanno dato origine alla liberazione dal nazi-fascismo e che hanno dato vita alla Carta Costituzionale. Le forze politiche uscite dalla guerra di liberazione dal nazi-fascismo hanno voluto mantenere nei decenni (ed in parte ancora oggi) una identità politica e di approccio culturale ai temi politici di carattere individuale e singolo. Di qui, la netta distinzione dei partiti politici, ma (nella prima Repubblica) la loro pronta sinergia a trovare punti di contatto per formare governi di “coalizione”. Con ciò veniamo ad un altro tema essenziale e tutto italiano: nella prima Repubblica c’erano le coalizioni, adesso, ci sono le alleanze. Qual è la differenza essenziale e perché il sistema delle “coalizioni” ha retto così a lungo, mentre quello delle alleanze mostra segnali già oggi di cedimento?
La “coalizione” di partiti che appoggiavano i vari governi dal 1948 in poi sino ad oltre il 1994/1995 sono soggetti identitari ed identificabili ben diversi tra loro. Questa loro diversità e specificità – come detto – nasce dalla guerra di liberazione e dagli scranni del Parlamento che ha dato vita alla Carta Costituzionale. Diversità ed identità, ma forte e deciso riconoscimento della dignità e parità dell’avversario (mai nemico). Ci pare inutile parlare delle profonde differenze che segnavano ideologicamente le distinte posizioni, ma ci pare essenziale citare il rispetto e la considerazione delle tesi (non condivise) dell’avversario. La situazione determinante nella prima Repubblica è che i partiti si presentavano agli elettori in modo “individuale” e proponevano le loro tesi (peraltro ben note) e solo dopo, alla luce del programma di Governo scritto dal Primo Ministro incaricato, valutavano se appoggiare o meno l’Esecutivo nascente. Sembra poco, ma quanto detto determinava che i partiti restavano saldamente nei loro limiti e principi e fornivano il loro apporto solo in base ad un progetto di governo.
Quindi, se uno dei partiti di governo, ovvero che appoggiavano il Governo, decideva (in uno o più progetti governativi) di astenersi o, addirittura, di votare contro il Governo, questo rimaneva saldo se aveva i numeri oppure cadeva, ma il partito non vedeva fallire il proprio programma progetto politico. Il partito restava ben saldo nelle sue idee ed ideologie. Non entrava in crisi il sistema. Adesso si tenta di scimmiottare questo sistema senza capirlo. Il sistema delle alleanze tra partiti e movimenti tra loro eterogenei crea un problema di non poco conto. Si ha una realtà identitaria del partito che, però, si “fonde” in un programma preelettorale con forze con le quali ha una “simpatia” politica, pur rimanendo identitario come partito. In questo gioco si creano programmi macedonia, alleanze di per se fragili, ma soprattutto, i partiti (o movimenti) restano tali come fossero “attori in cerca di autori”. Le alleanze venendo all’oggi portano distinzioni e con se delle gravi fragilità. Le fragilità sono dettate in primo luogo dal fatto che sono formazioni tra loro eterogenee e tra loro (nel loro interno) che guardano sempre e comunque al partito (movimento).
Questo amalgamarsi, ma non troppo è il grave difetto delle alleanze e quando il Governo nato da una alleanza “salta” (viene sfiduciato) a perdere non c’è solo (tanto) l’alleanza quanto il partito. Cosa questa che non accadeva con le coalizioni di Governo, dove il partito metteva a disposizione la sua forza politica e non la sua identità politica. Sono cose diverse tra loro e tracciano solchi distinti. Non apprezzarlo può essere un grave errore. Fatte queste doverose precisazioni e distinzioni si deve riprendere il ragionamento da quello che manca in questo Paese, ovvero, un reale Movimento Progressista ed un reale Movimento Conservatore. A questo, dopo il 1994 si pensava da parte di Silvio Berlusconi, ma (e non certo per sua responsabilità) ciò non si è realizzato. Ed allora quale destra vorrei per il mio Paese? In primo luogo, dobbiamo archiviare e collocare in soffitta i termini “destra” e “sinistra” che evocano “fascismo” e “comunismo”. Evocano due forme di governo totalitario e non democratico. Non più destra o sinistra, ma Conservatori e Progressisti.
Non più strizzare l’occhio o giustificare atti violenti sia che provengano dall’ala “fascista” sia da quella “comunista”. La parte conservatrice deve guardare ai diritti dei cittadini, proteggerli dalle forme di criminalità e barbarie urbane che dilagano, limitare l’ingresso degli extracomunitari per il semplice motivo che diventano manovalanza per la criminalità organizzata, ridurre il deficit creando leggi che pur controllando le illegalità determinino una rinnovata crescita imprenditoriale, abbassamento del costo del lavoro e lavoro a tempo con valorizzazione del merito, una sanità pubblica e privata che siano integrate, un reale abbattimento delle imposte, una eliminazione delle imposte sulle prime e seconde case, un reale controllo sul flusso di denaro (a nero) che varca la frontiera (mercato del nero ed indotto, di colf e badanti), norme a tutela della infanzia e terza età, realizzazione di strutture socio-residenziali per i non abbienti (con un occhio particolare agli italiani), reale e concreta depenalizzazione dei reati meno gravi ed una giustizia più rapida, creazione di centri studi privati che affianchino le università pubbliche, rateizzazioni dei crediti d’imposta dello Stato verso le imprese medio-piccole e liberi professionisti per almeno 10 anni, compensazione dei crediti di imposta con gli importi da pagare da parte dello Stato per i fornitori e molto altro da progettare ed attuare.
Insieme ad un Movimento Conservatore che premi l’identità italiana nel rispetto dei Diritti dell’Uomo e delle Carte Costituzionali, nel rispetto degli impegni europei e nel rispetto della nostra Costituzione. Un Movimento Conservatore che guardi alla crescita del Paese ed alla sua identità come Stato tra gli Stati. Mi auguro, con tutto il cuore, che mia figlia possa vedere questo passaggio epocale dove i partiti si fanno Movimento ed il Movimento si fa più vicino alle necessità della popolazione. La destra è valore ed è democrazia. Se non è ciò non deve essere. Una cosa, però, deve essere ben chiara: i partiti politici come soggetti individuali oggi (in Italia) sono solo roccaforti di singoli ed espressione del “capo” e questo non ha alcun futuro. La politica deve tornare ad essere progetto di una vita collettiva possibile e non uno spot continuo e costante di un manipolo di “vassalli” più o meno fedeli. La politica deve volare alto ed avere ambizione di Governo e non ridursi al chiacchiericcio del fatto di cronaca e della legge spinta per saziare la sete di quello o dell’altro. La politica non è solo l’arte del possibile ma deve essere l’arte dell’accoglienza di progettualità e forze nuove e linfe nuove. Il tutto scisso dall’interesse personale che vedo solcare gli scranni dei Palazzi e il tutto scisso dal vantaggio elettorale che c’è solo per la buona politica.