Vacanze come maturazione dell’«io», del «noi» Una conversazione con il sociologo, professor Francesco Pira

Articolo di Pietro Salvatore Reina

Il docente: “così per avere ragione si spara a donne uomini, alla verità con le fake news e non riusciamo più a trovare le ragioni della verità, la strada dell’amore, la bellezza della libertà. Mi piacerebbe che tutto si ribaltasse come accade nei film o nei sogni. Invece la realtà ci pone davanti un quadro a tinte molto fosche e soprattutto ci fa credere che stiamo costruendo il peggiore dei mondi per i nostri figli e nipoti. Ne parlo spesso con i miei studenti e a loro chiedo di non perdere la voglia di cambiare il mondo.

A ridosso della notte delle stelle cadenti e del Ferragosto (parola che deriva dalle feriae Augusti) viviamo, per la maggior parte, un periodo di riposo, di vacanza. Un momento dell’anno caratterizzato non solo dalle Olimpiadi – nell’antico mondo ellenico le Olimpiadi (la prima si svolse nell’anno 776 a.C.) segnavano una «tregua» ovvero una cessazione dei conflitti, una «tregua» mai rispettata, purtroppo, nella nostra età contemporanea ad eccezione di due eventi assai significativi da ricordare: il 25 dicembre 1914 i soldati tedeschi e britannici “saltano i combattimenti” e disputano un’amichevole di calcio e, infine, durante i giochi invernali del 2018 svoltesi nel Sud Corea le delegazioni di Corea del Nord e di Corea del Sud sfilano sotto la stessa bandiera che raffigura l’intera penisola coreana in blu su sfondo bianco.

Quest’articolo-intervista con il saggista Francesco Pira, professore associato di Sociologia dell’Università di Messina, vuol essere un momento di confronto nel quale tentare di riuscire a imparare, a indirizzare, a gustare al meglio le nostre esistenze sempre più in balìa del virtuale e non del reale (la lezione del professore e del suo «maestro» Zygmut Bauman è sempre più che mai attuale!).

Con l’editore Antonio Liotta

D.: In queste ore, professore Pira, stiamo vivendo scontri razzistici e notti di violenze in tutto il Regno Unito. L’attacco dello scorso 7 ottobre sta provocando un altro genocidio. Al conflitto israelo-palestinese non possiamo ricordare la guerra in Ucraina e l’imminente attacco iraniano contro Israele. Le sirene suonano sempre più spesso e il grido della pace appare sempre meno forte, silente. Che cosa sta succedendo all’Uomo?

R.: Papa Giovanni Paolo II diceva che la pace richiede quattro condizioni essenziali: verità giustizia, amore e libertà. Ho, le confesso, una sensazione di smarrimento. Non riusciamo più a credere e a trovare nella nostra quotidianità queste quattro condizioni essenziali. Siamo alla totale assuefazione davanti ad immagini terribili. Vediamo immagini di morti atroci, di donne, bambini e anziani uccisi senza una ragione. Fame, distruzione, miseria e tutto sembra piegarsi alla ragione di chi vuole e deve governare il mondo. Di pace non si parla più. Non è all’ordine del giorno. Abbiamo paura di quello che sta accadendo ma non riusciamo più a trovare la forza per ritrovare quelle quattro condizioni essenziali. L’uomo sembra essere affetto da cattivismo. La nostra società, come dice il professor Byung-Chul Han che insegna filosofia all’Università di Berlino è diventata società dell’indignazione e quindi una società sensazionalistica, priva di compostezza, di contegno. Questo filosofo ci fa riflettere sul fatto che l’insistenza, l’isteria e la riottosità tipiche della società dell’indignazione non ammettono nessuna comunicazione discreta, obiettiva, nessun dialogo, nessun discorso. E così per avere ragione si spara a donne uomini, alla verità con le fake news e non riusciamo più a trovare le ragioni della verità, la strada dell’amore, la bellezza della libertà. Mi piacerebbe che tutto si ribaltasse come accade nei film o nei sogni. Invece la realtà ci pone davanti un quadro a tinte molto fosche e soprattutto ci fa credere che stiamo costruendo il peggiore dei mondi per i nostri figli e nipoti. Ne parlo spesso con i miei studenti e a loro chiedo di non perdere la voglia di cambiare il mondo.

D.: Il 6 agosto 1945 una bomba atomica rade al suolo la città Hiroshima e qualche giorno dopo, il 9, anche la città di Nagasaki è distrutta. Come è possibile che l’umanità non impari dalla Storia? Nelle pieghe di questa lezione non appresa si nasconde e si spiegherebbe il nessuno di causalità che non sappiamo «chi siamo, cosa vogliamo e dove vogliamo andare»?

R.: Si è come se non fosse mai accaduto questo e molto altro. Penso per esempio alla mia visita ai campi di concentramento in Polonia. Crudeltà, violenza, stragi. Ogni giorno si consumano, ieri come oggi. E noi non riusciamo a reagire. Di recente in un mio articolo scientifico nella Rivista multidisciplinare Itinerarium, diretta da professor Gianni Russo, ho provato a spiegare come anche tutti i processi comunicativi hanno una logica fortemente individualizzata ed egocentrica. E come la condivisione di valori in funzione del raggiungimento degli obiettivi sociali condivisi appare indebolita. Le tensioni sociali a cui stiamo assistendo ci mostrano come una componente chiave della definizione stessa di capitale sociale appaia fortemente fragilizzata. Questo indebolimento delle strutture relazionali appare come conseguenza di quello che possiamo definire come il paradosso dell’innovazione digitale, dove un’apparente logica della trasparenza collegata al concetto di disintermediazione, mostra come le piattaforme si basino invece sulla mancanza di trasparenza. Ormai nulla è più trasparente. In questa nuova dimensione evolutiva è fondamentale interrogarsi per comprendere quali siano le necessità dell’uomo e come l’uomo sia in grado ad accostarsi alla Fede e ai valori. E mi piace richiamare la pastorale Verso una piena presenza (maggio 2023) che propone una riflessione comune sul coinvolgimento dei cristiani con i social media. Un interrogativo che riguarda più la società nel suo insieme, su come sia in grado di costruire un’etica all’interno di una nuova governance capace di guidare questi processi, per recuperare la tensione verso la ricerca della verità pilastro del processo di costruzione identitaria di ciascun individuo e della sua essenza fatta di capacità di pensiero autonomo. Quanti di noi possono dire oggi di pensare ed agire autonomamente?

Antonello Piraneo, direttore de La Sicilia

D.: Può anticipare, alle sue lettrici e ai suoi lettori, i temi e gli argomenti del suo prossimo volume in uscita in questi giorni dal titolo PIRAterie corredato da una prefazione di Antonello Piraneo, direttore del quotidiano La Sicilia e da una postfazione, scritta dalla cara amica e collega, per chi scrive ma anche per tante lettrici e lettori de Il salto della quaglia, la professoressa Merelinda Staita?

R.: La ringrazio tantissimo per l’opportunità, molto ghiotta, di parlare di questo libro edito da Medinova dell’editore medico, Antonio Liotta, con la prefazione del Direttore Piraneo e la postfazione della poetessa e scrittrice Staita. Entrambi sono due cari amici a cui sono legato. Nella mia introduzione cito Italo Svevo che sostiene: “la scrittura appare come l’unico strumento capace di rendere il soggetto pienamente consapevole della propria esistenza”. Un’idea che condivido e che mi appartiene. Non bisogna mai avere paura di scrivere, perché la scrittura è un’arma potente che ci aiuta a comprendere gli altri e sé stessi. Un’analisi profonda che pone le sue radici nei posti più sconosciuti dell’anima e del cuore. La penna e oggi la tastiera equivale ad un’assoluta introspezione interiore per chi scrive e per chi legge. Sono felice dell’uscita del terzo volume con le mie «PIRAterie» che riprende idealmente quel viaggio temporaneamente interrotto il 25 aprile 2021, data dell’ultimo articolo contenuto nella raccolta PIRATERIE 2 La Vendetta – riflessioni sulla social esistenza quotidiana.

Grazie alla disponibilità del Direttore Responsabile del quotidiano La Sicilia, Antonello Piraneo, voglio indurre gli altri e me stesso a riflettere su quanto sta accadendo. Il libro è stato suddiviso in otto sezioni e racconta la nostra società contemporanea.

Ormai da più di due anni, Mark Zuckerberg ha annunciato il suo progetto che è quello di offrire una nuova veste alla sua holding che include le piattaforme più famose al mondo: Facebook, Messenger, Instagram e Whatsapp.

Il nome che Zuckerberg ha scelto, per realizzare il suo sogno virtuale, è Meta abbreviazione di Metaverso. Una sorta di monitoraggio algoritmico che conosce quello che ci piace e ci profila ciò che può interessarci. Tutto si muove nella dimensione del Metaverso, compreso il nostro stesso avatar. Un “luogo” in cui è difficile distinguere reale e virtuale, dove tutto sembra realizzarsi e prendere forma con estrema semplicità.

Ma non solo. A far discutere è l’Intelligenza Artificiale che ha annullato le definizioni che valevano fino a poco tempo fa. Siamo andati oltre: dalla spontaneità e immediatezza della comunicazione vis-à-vis, che metteva in gioco l’intero individuo con il suo corredo di elementi di comunicazione non verbale e linguaggio del corpo, siamo passati al corpo che diventa oggetto e strumento per la rappresentazione di un discorso che, nell’intento di chi lo produce, vuole essere un messaggio di cui si ha un controllo totale.

Professoressa Merelinda Staita

Il Metaverso e l’Intelligenza Artificiale sono ancora due universi ancora poco conosciuti. Il loro sviluppo è in una fase embrionale, ma è già chiaro il loro impatto nella vita dell’uomo. Molte sono le ipotesi su come le macchine ci sostituiranno, ma soprattutto il tema centrale è l’etica dell’Intelligenza Artificiale. Cosa potranno fare i robot? L’Intelligenza Artificiale potrà prendere il posto dell’uomo? L’uomo saprà educare l’Intelligenza Artificiale? A preoccupare sono le ricadute etiche che aspettano ancora delle risposte come ad esempio: sui contenuti falsi generati dall’Intelligenza Artificiale, sulla difficoltà di attuare controlli, sulla violazione della privacy, sulla discriminazione nei confronti di alcuni standard di bellezza, sull’occupazione e sulle aspettative della società.

La digitalizzazione come processo e la velocità con cui la tecnologia produce nuovi strumenti hanno fatto si che mai come in questa epoca storica siamo sommersi da una over-produzione di dati che devono essere decifrati, interpretati e compresi. Un cambiamento epocale che riguarda soprattutto le persone perché, come sostiene il Professore Luciano Floridi, vivono on life.

Nella prefazione il Direttore Piraneo scrive che “PIRAterie non è soltanto il titolo di una fortunata rubrica che ci aiuta a rendere le pagine del giornale che ho il privilegio di dirigere più ricche, più vive, più “corsare”. LA SICILIA, da sempre, ha quest’ambizione: andare ben oltre le cronache ed essere sponda per animare dibattiti, stimolare riflessioni. E Francesco Pira con il suo puntuale corsivo assolve proprio a questo compito. Ma PIRAterie, giocando con il nome dell’Autore, è soprattutto un’intuizione felice, nata prima che ci rendessimo conto di vivere in una società liquida, figlia e schiava dei social. Nel suo appuntamento settimanale, infatti, Pira scandaglia tra le pieghe delle cronache per fare emergere piccole grandi contraddizioni, vizi e vezzi di noi italiani, anzi di noi umani”.

E la professoressa Staita nella postfazione sussurra: “la sensazione che ho provato, leggendo gli articoli del Prof. Pira, è quella di individuare “tante maschere e pochi volti”, perché la rete, molto spesso, porta alla perdita di ogni freno inibitore e a manifestare una delle nostre tante identità nascoste. PIRAteria dopo PIRAteria, vengono analizzati aneddoti, dati precisi e puntuali, percentuali scientifiche e ricerche condotte in diverse parti del mondo che il Prof. Pira, da buon sociologo e giornalista, ha saputo restituire ai lettori grazie ad una scrittura fluida e comprensibile a tutti”.

L’augurio che faccio a me stesso è che possano leggerlo in tanti. E grazie davvero per questa opportunità di presentarvi questo nuovo lavoro in anteprima.

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