Semplicità fa rima e si sposa con serenità. Il concetto può apparire scontato, ma non lo è affatto. La semplicità non è la banalità o l’esiguità, ma è la totale (o quasi) mancanza di pesi. I pesi che portiamo e che portiamo molto spesso per impegno o per ripicca. La semplicità è non avere pesi inutili. Spogliarsi di qualsiasi orpello e carico che possa, in ogni momento, spingere il nostro io nel fondo del mare. La semplicità è la responsabilità solo per le cose che valgono e che determinano il nostro benessere. La semplicità è la fonte della conoscenza del nostro io e del nostro animo.
Siamo privi di pesi o con pesi accettabili quando riusciamo a fare a meno delle cose materiali. Sono le cose materiali che ci portano pesi. Sono loro che condizionano il nostro esistere. Allora, analizziamo cosa è veramente necessario per vivere con semplicità. Un lavoro che piace e gratifica, uno stipendio adeguato (ma non esorbitante), una casa dove tornare, affetti e volti che vogliamo nella nostra vita e ci rasserenano. Seguire le nostre passioni e lasciare liberi i sogni di volare. Chi non sogna è già morto. Occorre sempre avere l’animo aperto e la mente libera. Comprendere che le cose che ci fanno veramente felici sono poche.
Alla base della semplicità vi è la serenità d’animo che proviene proprio dalla consapevolezza di quanto sopra descritto. La serenità è uno stato che discende dalla consapevolezza dell’essere umano di essere parte di un tutto, ma di non essere mai ed in nessun caso, il centro del progetto universale. Essere al centro è un peso; siamo, comunque, ai margini. L’animo umano non ha bisogno di pesi, ma di piccoli sogni quotidiani realizzati. La prima caratteristica dell’uomo sereno è l’uomo sano nel corpo e tale serenità la si apprende solo con una forma di alimentazione basata sulla natura. Noi siamo ciò che mangiamo.
Ma anche la malattia non è un accidente, la malattia è uno stadio. L’essere malato è uno stadio dell’essere vivo. La malattia vista come la negazione della salute è un ossimoro. La vita è tutto: salute e malattia. Ma, ovviamente, in un mondo del profitto si esercita (in grande) quello che gli spartani facevano con la Rupe Tarpea. La semplicità è l’accettazione del futuro ed il vivere l’ora, l’oggi, il presente. Il passato non può essere vissuto, il futuro non è detto che si vivrà, il presente è l’unica entità che conta veramente. Nel vivere il presente con semplicità si raggiunge quella serenità d’animo a cui ogni anima rasserenata tende. Solo il presente salva dall’abisso degli errori del passato e dal precipizio della “paura” del futuro.
Solo così si realizza una semplicità che porta alla serenità. A tutto ciò, si contrappone il mondo del denaro e dell’arrivare a traguardi cedevoli, come il mero “successo” dato dalla ricchezza o dalla fama. Due fiere che avvelenano l’uomo e lo rendono schiavo. Non siamo nulla e non saremo mai nulla. Diamo valore a dei sassi e ci scambiamo dei “pezzi” di carta che chiamiamo denaro. Nulla è il nostro primo nome. Proprio nella semplicità questo nulla perde forza e si inabissa sino a scomparire. Non si è sereni avendo, ma si è sereni quando il nostro scopo è la semplicità del vivere e l’eliminazione dei pesi inutili (o peggio, dannosi). Nulla è più pericoloso della cupidigia e dell’arrivismo.
Nulla è più accogliente del vivere con semplicità e nella natura. Abbiamo creato cattedrali e città. Avremmo dovuto preservare le uniche cattedrali e città degne di questo nome: le foreste, le piante tutte di questo pianeta. Utopia tutto questo? Forse è utopia, ma forse negli anni potrebbe rivelarsi l’occasione mancata da chi si credeva al centro e non era che un accidente.