La storia di Gino Girolimoni è un esempio eclatante di errore giudiziario al punto che ancora oggi per indicare un pedofilo spesso viene usato il sinonimo di Girolimoni. Si tratta di un caso così misterioso che Luciano Trevisan ha deciso di romanzarlo ne Il mostro di Roma, pubblicato dal Giallo Mondadori. La storia vera è molto drammatica ed è circoscritta agli anni 1924 – 1927, in un’Italia per niente abituata a simili eventi di sangue. Una dopo l’altra cadono sotto le mani di un mostro alcune bambine di età dai due ai sei anni. Il primo crimine risale al 31 marzo 1924 e il suo terribile teatro sono i giardini di Piazza Cavour. Emma Giacobini, una bambina di quattro anni, viene rapita (di sicuro a scopo di libidine ma per fortuna non accade niente) e poi ritrovata dalla madre che si mette sulle sue tracce. Il crimine non va a compimento perché la donna, non si sa come, riesce a strappare dalla mani dell’uomo la figlioletta. La donna denuncia il fatto alla polizia, ma è in stato di shock, non vede in faccia l’uomo, ricorda solo che può avere un’età attorno ai cinquant’anni e una corporatura robusta. Un mese dopo si registra un caso analogo, questa volta la vicenda criminosa ha come scenario via Paola e per protagonista Armanda Leonardi, una bambina di due anni. Uno sconosciuto tenta di strappare via dalle mani della madre la bambina, ma la reazione della piccola a base di urla e calci costringe alla fuga il lestofante che scappa prima di essere raggiunto da alcuni passanti. Sino a qui i casi finiti bene, ma adesso comincia il calvario degli omicidi di bambini compiuti da un mostro imprendibile. Il giorno dopo, nei pressi di San Paolo fuori le Mura, viene scoperto il cadavere di Bianca, una bambina violentata e subito dopo strozzata da un folle. Il fatto provoca scalpore e angoscia a Roma e in tutta Italia, ma la paura e la psicosi di massa raggiungono livelli incontenibili alcuni mesi dopo, quando viene rapita Rosina Pelli, un’altra bambina di quattro anni. Passa solo un giorno che il suo cadavere viene ritrovato strozzato e violentato vicino a una fornace di Monte Mario. Il 30 maggio 1925 è la volta di Elsa Berni, una bambina di sei anni, mentre scende le scale di casa in via Porta Castello per andare a prendere l’acqua a una fontana, scompare senza lasciare traccia di sé. Viene trovata il giorno successivo strangolata e stuprata sul greto del Tevere, a due passi dal Vaticano, sotto il muraglione della Lungara. Il popolo comincia a gridare al mostro e si scatena una psicosi collettiva che individua un presunto colpevole in un sacrestano, “chiacchierato per le sue cattive abitudini”. L’uomo si uccide sconvolto dalle pesanti accuse ma non è lui il mostro che invece torna a colpire altre volte e sempre a Roma. Un killer territoriale, dunque, e anche abbastanza organizzato e spinto da motivazioni sessuali. Uccide soltanto bambine, un killer pedofilo. Gli inquirenti non sanno che pesci prendere e mettono una taglia sul mostro con il solo effetto perverso di convincere molte persone ad accusare degli innocenti. Il 26 agosto 1925 abbiamo un nuovo rapimento di una bambina di appena un anno e mezzo che si chiama Celeste Tagliaferri. Il killer la sequestra nella sua abitazione in via dei Corridori, nel rione Borgo, vicino a dove erano già avvenuti i precedenti fatti di sangue. La bambina viene ritrovata poche ore dopo ancora viva sulla via Tuscolana, seminuda, con una ferita al basso ventre e un fazzoletto annodato al collo. Forse il killer è disturbato prima di compiere il macabro rituale e abbandona il fastidioso fardello. La bambina però muore quasi subito perché la ferita è troppo grave e non si rimargina. Il 12 febbraio 1926 è la volta di Elvira Coletti di sei anni che viene portata lungo il Tevere e violentata, ma scampa alla morte, riesce a scappare dalle mani del folle e a dare l’allarme. Purtroppo anche lei è in stato di profondo shock e le informazioni che riesce a dare non sono di nessun aiuto per gli inquirenti. Il 12 marzo 1927 il killer porta a compimento un lavoro lasciato interrotto nel 1924 quando gli era fuggita dalle mani Armanda Leonardi. Il Mostro di Roma si apposta nelle vicinanze di casa sua, la bambina adesso ha cinque anni, spia il momento giusto e la rapisce. La madre di Armanda fa in tempo a vederlo ma non a fermarlo, l’unica cosa che dice è che si tratta di un uomo vestito con eleganza che indossa cappello nero e ombrello. Armanda viene ritrovata il giorno dopo sull’Aventino, sul suo cadavere ci sono tracce di violenza carnale e come tutte le altre è stata strangolata. Il regime fascista è in grande difficoltà: ha promesso ordine e pulizia e si ritrova tra le mani questa patata bollente, un vero e proprio killer di bambine. Mussolini è furente: “Il rapitore delle bambine sta mettendo in difficoltà la mia politica. È riuscito persino ad avvelenare il recente giubileo, mentre sto tentando la conciliazione con il Vaticano. Il bruto va trovato assolutamente, non si debbono più uccidere le figlie del popolo”. A capo della polizia c’è un certo Arturo Bocchini che riceve un imput molto chiaro. Bisogna trovare non “il colpevole”, ma “un colpevole basta che sia” ed è così che la polizia arresta Gino Girolimoni, trentotto anni, scapolo, donnaiolo impenitente, sempre ben vestito, elegantissimo, uno che spende molto per le donne, quasi tutto quello che guadagna. È la sua passione per le ragazzine a metterlo nei guai e quando fa gli occhi dolci a Olga Naticchiola, una cameriera di appena tredici anni, lei ne parla con i padroni che informano subito il commissariato di zona. Gli agenti si appostano e pedinano per qualche giorno Girolimoni e quando lo vedono a bordo della sua Peugeot che fa lo spavaldo con la giovane serva lo arrestano. Non ci sono dubbi, è lui l’adescatore di bambine, uno che tenta di farsela con una ragazzina di tredici anni non può essere che il pericoloso pedofilo che ha messo in ansia tutta Roma. Tra l’altro viene fuori anche la voce popolare che Girolimoni è un uomo che ha l’abitudine di soffermarsi a guardare le bambine e a offrire loro delle caramelle. Pure un ex compagno di caserma di Girolimoni conferma la sua passione per le bambine ed è un falso testimone, come verrà provato nel corso del processo.
Vale la pena riportare come viene descritto dalla pubblica accusa il presunto killer di bambini: “Gino Girolimoni, nato nel 1889 a Roma, un benestante degenerato, sottoposto a stringenti interrogatori ha mostrato il più ripugnante cinismo, negando sempre e dimostrando quell’audacia e quella scaltrezza che aveva già dimostrato nei suoi orribili delitti. Ma contro di lui stanno le prove schiaccianti, e in particolare gli atti di ricognizione eseguiti con le numerose persone che lo avevano precedentemente veduto e che lo hanno riconosciuto senza possibilità di equivoci e di inganno”. L’accusa ha già trovato il colpevole, per loro è tutto chiaro e il mistero del Mostro di Roma pare risolto. La mattina dell’8 maggio 1927 i giornali titolano in prima pagina e a caratteri di scatola: “Il mostro è Girolimoni”, “Arrestato il bruto di Roma” e così via. Un editorialista invoca: “Mettete al muro Girolimoni!”. Per fortuna che ci sono il coraggioso magistrato Rosario Marciano e l’avvocato Ottavio Libotte, che in dieci mesi smantellano il fantasioso castello di accuse messo in piedi dal duo Bocchini-Angelucci con la benedizione del duce. Gino Girolimoni viene scarcerato l’8 marzo 1928 perché riconosciuto estraneo ai fatti, ma non riesce ad avere una piena riabilitazione. L’immagine del mostro lo accompagnerà sino alla morte avvenuta nel 1961 e anche se alla fine della guerra il caso è stato riaperto sono stati trovati solo altri indiziati degli orrendi crimini, ma mai il vero colpevole.
Gino Girolimoni muore solo e in povertà, ma da uomo libero e innocente (pure se nessuno gli crede) nel novembre del 1961. Nell’immaginario collettivo è rimasta l’idea indelebile di un Girolimoni terribile killer delle bambine, solo perché fu dato grande risalto alla cattura. Il silenzio stampa decretato dal duce invece ha impedito la piena riabilitazione di un uomo che ha vissuto sempre evitato da tutti e con addosso il peso di omicidi non commessi. Da notare che lo Stato non ha mai concesso una lira di indennizzo al povero Gino Girolimoni, neppure dopo la caduta del regime fascista. Nessuno ha mai offerto una riparazione economica a Girolimoni, così come le piccole vittime sono rimaste invendicate e i loro omicidi restano ancora senza un colpevole. E purtroppo, a parte il cinema o la narrativa che si sbizzarriscono di fronte a simili enigmi della storia, nessuno potrà più darglielo.
IDENTIKILLER
Dati anagrafici:
Gino Girolimoni (1889 – 1961), ma il povero fotografo romano non era il vero mostro, la sua vicenda è la storia di un errore giudiziario voluto dal regime fascista.
Carriera omicida (Fedina Penale)
Uccide alcune bambine di età dai due ai sei anni. I delitti del mostro prevedono: rapimento, violenza carnale e strangolamento. Le vittime sono quattro, mentre in tre casi le ragazzine scampano alla morte.
Ultimo crimine commesso:
Il 12 marzo 1927 il killer uccide Armanda Leonardi. Il Mostro di Roma rapisce la bambina di cinque anni, la violenta, la strangola e abbandona il corpo privo di vita sul greto del Tevere.
Com’è finita:
Viene arrestato Gino Girolimoni, inguaiato dalla sua passione per le ragazzine e da alcune false testimonianze, ma non è il vero colpevole. La stampa dà grande risalto al suo arresto ma non parla quasi per niente dell’errore giudiziario e della successiva scarcerazione. Per la gente comune Girolimoni sarà per sempre il Mostro di Roma.
Armi utilizzate e rituali macabri:
Il killer uccide con le mani nude. Strangola la vittima dopo averla violentata. Abusa sessualmente di ragazzine di quattro – cinque anni, quindi è il primo killer pedofilo della storia del crimine italiano.
Analogie con altri serial killer:
Come molti altri serial killer uccide con le mani nude per provare un contatto morboso con la sua vittima.
Profilo psicopatologico (parere del CRIMINOLOGO)
Il Mostro di Roma è un killer territoriale, abbastanza organizzato e spinto da motivazioni sessuali. Uccide soltanto bambine, è un killer pedofilo. Difficile fare un profilo criminologico preciso perché non è stato mai catturato.
Bibliografia – Siti web
Luciano Trevisan Il mostro di Roma, Giallo Mondadori.
Film connessi
Un grande film di Damiano Damiani girato nel 1972 intitolato Girolimoni, il mostro di Roma e interpretato da un ottimo Nino Manfredi ha fatto conoscere questa storia anche alla mia generazione. Damiani riproduce in un suggestivo bianco e nero tutta l’atmosfera del periodo fascista e racconta le vicissitudini di un innocente fotografo che viene arrestato con l’accusa infamante di essere un omicida di bambine. Tra l’altro nel periodo in cui viene girato il film si sta consumando un altro simile errore giudiziario (in parte voluto) che riguarda l’anarchico Pietro Valpreda. La storia è kafkiana e il regista è molto bravo a trasferirla sul grande schermo affascinando il pubblico a una vicenda reale che Nino Manfredi sa interpretare da par suo. Il periodo del ventennio fascista viene ricostruito con molto realismo e anche la psicosi del mostro che si diffuse tra la popolazione è ben trasfusa nella pellicola. Gabriele Lavia interpreta il vero killer, un individuo sgradevole affetto da turbe sessuali e da un soffocante amore materno che lo protegge dal mondo esterno pure quando si accorge che è lui il mostro. La sceneggiatura del film è frutto della collaborazione di Damiano Damiani, Fulvio Gicca Palli e Enrico Ribulsi. Il cast è di alto livello e vede impegnati Nino Manfredi, Gabriele Lavia, Guido Leontini, Orso Maria Guerrini, Anna Maria Pescatori, Luciano Catenacci, Mario Carotenuto e Claudio Nicastro. Forse in parte ha ragione Morandini quando dice che “il film mette troppa carne al fuoco e vuole far coesistere un racconto naturalistico con la ricostruzione di un’isteria di massa, un dramma alla Brecht con l’analisi tra dittatura, magistratura e stampa, i riferimenti di cronaca e altri misfatti del regime, i rimandi al caso dell’anarchico Pietro Valpreda per la strage milanese del 1969 che aprì la via alla strategia della tensione e la risoluzione di un caso che nella realtà non fu mai chiarito”. Per noi resta un ottimo film, con luci e ombre, ma un lavoro interessante, per capire il dramma di un ingenuo fotografo arrestato con un’accusa infondata. Ricordiamo ancora l’espressione spaurita di Nino Manfredi in un parco romano mentre avvicina una bambina e la madre gliela sottrae. Girolimoni sarà per sempre il Mostro di Roma, pedofilo e assassino di bambini.