Se i giovani non praticano lo sport è anche responsabilità degli adulti

Articolo di Francesco Pira

Gli adolescenti in Italia fanno meno sport e la responsabilità viene attribuita alla tecnologia. I nuovi mezzi di comunicazione vengono ritenuti responsabili e in particolare l’utilizzo dello smartphone. I social network ossia le cosiddette “piazze virtuali” propongono numerose ipotesi e la tecnologia viene condannata. Di fatto, le cause sono anche altre. Basti pensare alla carenza di strutture idonee allo svolgimento delle attività sportive.

C’è una linea di demarcazione che segna il crollo della pratica sportiva da parte degli adolescenti: il tempo della pandemia. Già nella mia ricerca, pubblicata nel libro “Figli delle App”, questo dato veniva fuori in maniera controvertibile.

Lo sport aiuta a crescere, se lo si interpreta in maniera decoubertiana, che si gioca per partecipare e non per vincere. Ma la società ipertecnologica proietta i nostri ragazzi verso la vetrinizzazione costante e impone loro di essere vincitori e mai vinti. Spesso anche incitati dai genitori

Lo scorso anno, l’agenzia ANSA ha pubblicato i dati diffusi dall’UNICEF in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, rivolta al tema della salute mentale e psicosociale. “Nel mondo 1 adolescente su 7 fra i 10 e i 19 anni soffre di problemi legati alla salute mentale e secondo i dati di un sondaggio il 50% si sente triste, preoccupato, o angosciato”.

La pandemia ha aggravato la situazione e ha evidenziato numerose problematiche. Secondo il rapporto UNICEF nel mondo quasi 46.000 adolescenti muoiono a causa di suicidio ogni anno – più di uno ogni 11 minuti. Principalmente si tratta di giovani tra i 15 e i 19 anni.

Cosa è successo durante la pandemia? Marta Vischi, sul portale vitaminevaganti,com, ci offre una risposta: “La pandemia del triennio 2020-2022 probabilmente ha innescato e velocizzato un cambiamento (che secondo molti e molte era già in atto), portando numerose persone a fare sport online e/o a utilizzare mezzi digitali per praticare attività sportiva a livello amatoriale”.

Allenarsi a casa da soli, senza alcun contatto diretto con le altre persone, può avere delle conseguenze come l’isolamento e l’impossibilità di instaurare nuovi legami.

Le percentuali delle ultime ricerche ci mostrano che i giovani fanno poco sport in Italia. Cosi come riporta il portale nxwss.com, “Gli adolescenti italiani fanno sempre meno sport, sono troppo distratti dalle nuove tecnologie”, è senza dubbio l’affermazione più ricorrente (e altrettanto scorretta) quando si analizza il binomio giovani-sport”. E ancora: “Le statistiche ci mostrano giovani più sedentari e il più recente report Istat del 1° dicembre 2022 evidenzia come la pratica sportiva di tipo continuativo nella fascia di età compresa tra i 13 e i 17 anni è crollata dopo la pandemia”.

Ma non è tutto. Le differenze sono anche geografiche. Secondo la Svimez (Associazione per lo Sviluppo dell’industria del Mezzogiorno) e l’Uisp (Unione italiana Sport per tutti): “Il 22% dei ragazzi del Centro Sud non pratica alcuno sport, a fronte di una percentuale più bassa (15%) rilevata nel Centro Nord. Una situazione che si estende anche alle fasce di età più adulte, dove il numero dei sedentari nel Mezzogiorno rimane purtroppo alto. In Campania, ad esempio, solamente un cittadino su cinque (20.2%) pratica sport con continuità o in modo saltuario”.

Lo sport garantisce numerosi benefici. In particolare, la pratica sportiva riduce la criminalità giovanile e permette ai giovani di condurre una vita sana, rinunciando ad alcune abitudini scorrette. Oggi, i giovani in Italia fanno meno sport e la responsabilità viene attribuita alla tecnologia. I nuovi mezzi di comunicazione vengono ritenuti responsabili e in particolare l’utilizzo dello smartphone. I social network ossia le cosiddette “piazze virtuali” propongono numerose ipotesi e la tecnologia viene condannata.

Di fatto, le cause sono anche altre. Basti pensare alla carenza di strutture idonee allo svolgimento delle attività sportive.

La Conferenza WithubXEunews ha evidenziato che: “L’Italia è uno dei Paesi con meno impianti sportivi disponibili per numero di abitanti. Ben 131 ogni 100.00 abitanti, 2.4 volte in meno della Francia e 4.6 volte della Finlandia. Il 60% delle strutture sarebbe stato edificato più di 60 anni fa”. Ma non solo. “L’Italia è uno dei Paesi europei che destina il minor numero di fondi allo sport, posizionandosi al 16esimo posto della classifica con una spesa pari allo 0.46% del Pil”.

La scuola ha un ruolo importantissimo, perchè dovrebbe favorire la pratica sportiva degli studenti, anche in orari extrascolastici e sfruttando le risorse del PNRR. Purtroppo, secondo l’ISTAT “il 22% dei ragazzi che praticano attività sportiva a livello amatoriale smette di fare sport durante le superiori. Va peggio, invece, per gli atleti agonisti, dove la percentuale sale addirittura all’80%”.

Allora, quali azioni bisogna intraprendere? Il digitale nello sport può aiutare tantissimo, ma occorre saperlo sfruttare al meglio. Media digitali e lo sport reale possono cooperare e convivere. Dobbiamo trovare un modo per far convivere media digitali e sport. La società ha le sue responsabilità e tutti dobbiamo esserne consapevoli, perché non siamo ancora in grado di recuperare i valori che abbiamo perso. Dobbiamo lavorare per dar vita ad un nuovo assetto culturale e antropologico.

Il percorso da seguire deve puntare alla prevenzione con l’impiego di task force interdisciplinari che rispondano sulla base delle loro conoscenze e competenze. Ci troviamo davanti ad una grande sfida che è quella di affiancare tutti i settori più importanti del nostro Paese come: il mondo dell’informazione, il sistema dell’istruzione e della conoscenza.

Ci vuole un nuovo sistema di reti, capace di creare centri di ascolto e di supporto. Non può e non deve mancare il personale qualificato pronto ad aiutare i giovani più insicuri, più soli e più fragili. Le problematiche che devono essere affrontate sono tante ed è necessario che tutti gli attori della società siano disposti a collaborare insieme per dare vita ad una vera e propria rivoluzione educativa.

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