“Il principe di Roma”, un Canto di Natale in salsa romana

Articolo di Gordiano Lupi

Edoardo Falcone mette in scena un Canto di Natale in salsa romana, con accenni a Luigi Magni e ai film della Roma papalina, brevi riferimenti al Marchese del Grillo, tentativi di commedia in costume e di commedia fantastica. Ridere non si ride mai, sceneggiatura prevedibile, soggetto ai minimi termini, da Dickens dei poveri. La storia ruota attorno alle gesta dell’avido Bartolomeo Proietti (Giallini) – detto sor Meo – che vorrebbe un titolo nobiliare; per tale scopo è disposto a pagare fior di denaro, in compenso tratta tutti malissimo, come se fosse Scrooge, non ha rispetto per chi lavora, non fa la carità, non ha un guizzo di generosità e di amore. Il principe Accorambi (Rubini), invece, è un nobile spiantato, dissipatore di ricchezze, pieno di buffi da saldare, che cerca di dare in sposa sua figlia al ricco sor Meo per farlo diventare principe. La figlia del nobile va da sé che è innamorata di un altro mentre per sor Meo stravede la governante di casa ma lui non la considera, almeno sino al finale prevedibilissimo. In tutto questo ci sono i tre fantasmi – tra questi un bravo Timi – che mostrano al sor Meo come stanno davvero le cose e che fine farà se continua ad agire per solo interesse. Fiaba trasteverina è stata definita questa pellicola inutile che più inutile non si può; visto che la morale è identica al Canto di Natale di Charles Dickens basta andare a rileggere un classico, oppure (se fa troppa fatica) andare a rivedere una delle tante versioni (persino quella di Topolino!) della stessa storia che sono state sceneggiate per il cinema. Che senso ha la versione di Falcone, visto che non aggiunge niente all’originale (anzi, toglie!), se non l’ambientazione in una Roma papalina, tra l’altro piuttosto raffazzonata? Lo spettatore attento nota subito che il film è molto teatrale, girato per lo più in disadorni interni, mentre gli esterni sono tutti in primo piano per delimitare il campo e cercare di non lavorare di scenografia più del dovuto. Tutto è anonimo in questo film, dalla fotografia anticata al montaggio televisivo, passando per una colonna sonora quasi assente. Tra gli interpreti spiccano Giallini (che fa Giallini, ormai), Rubini (al minimo sindacale), Timi (ispirato Giordano Bruno) e Bevilacqua (dinamica nei panni di Teta, la serva innamorata del sor Meo), tutto il resto è coreografia. Presentato fuori concorso al Festival di Roma, la speranza è che serva almeno – ma non accadrà – a far riscoprire il cinema di Luigi Magni, il vero cantore della Roma papalina, autore di pellicole fondamentali ambientate ai tempi del Papa Re. Al cinema, per fortuna, ce l’eravamo (volutamente) perso, ché film simili sono puro television movie, la visione su grande schermo non aggiunge niente. Trasmesso su SKY il 20 agosto 2023, visto su Rai 1 in prima TV, il 9 ottobre 2024. Adesso è su RaiPlay ma ve lo potete perdere.

Regia: Edoardo Falcone. Soggetto: Charles Dickens (ispirato a Il Canto di Natale), riscritto da Edoardo Falcone, Marco Martani. Sceneggiatura: Edoardo Falcone, Paolo Costella. Fotografia: Fabio Zamarion. Montaggio: Luciana Pandolfelli. Musiche: Michele Brega. Scenografia: Paola Comencini. Costumi: Mary Montalto. Produttori: Mattia Guerra, Stefano Massenzi, Andrea Occhipinti. Produttore Esecutivo: Tommaso Arrighi. Case di Produzione: Lucky Red, Rai Cinema, SKY Italia. Distribuzione (Italia): Lucky Red. Paese di Produzione: Italia, 2022. Durata: 92’. Genere: Commedia. Interpreti: Marco Giallini (Bartolomeo Proietti), Giulia Bevilacqua (Teta), Sergio Rubini (principe Accoramboni), Filippo Timi (Giordano Bruno), Emanuele Salce (Duca Patrizi), Giuseppe Battiston (Papa Alessandro VI), Denise Tantucci (Beatrice Cenci), Andrea Sartoretti (Eugenio), Liliana Bottone (Domizia), Massimo De Lorenzo (Duilio), Antonio Banno (Gioacchino), Maurizio Lops (marchese Roviano), Patriazia Iorio (Camilla), Duccio Camerini (dottor Bonfiglio).

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