Cornetti alla crema (1981) vede Sergio Martino collaborare con Romolo Guerrieri e Franco Verrucci per soggetto e sceneggiatura. Produce Luciano Martino. Edwige Fenech è protagonista indiscussa coadiuvata da un eccellente Lino Banfi, ma ci sono pure Gianni Cavina, Marisa Merlini, Milena Vukotic, Armando Brancia, Maurizio Tocchi, Marina Bellini, Luigi Leoni, Filippo Evangelisti e Salvatore Iacono. Poche sequenze inquadrano la bellezza senza veli di Michela Miti che di lì a poco imperverserà nella serie Pierino (1981 – 82) al fianco di Alvaro Vitali. Cornetti alla crema è una pochade raffinata che presenta Lino Banfi nelle vesti del sarto per preti Domenico Petruzzelli, sposato con l’infelice Milena Vukotic e padre di un figlio piuttosto in carne. Gianni Cavina è il migliore amico di Lino Banfi ma è pure un playboy rumoroso che abita al piano superiore dello stesso condominio. Il sarto conduce una vita ordinaria e morigerata, tra preti da vestire, cardinali che fissano appuntamenti e una famiglia che dà poche soddisfazioni. Un giorno va a Rovigo per un ordine di abiti talari e conosce per caso un’affascinante cantante lirica (Edwige Fenech nei panni di Marianna Tribalzi) che si innamora di lui. La Fenech però ha un fidanzato di nome Ulrico, un forzuto e geloso giocatore di football americano che la tallona e le impedisce di lasciarsi andare. A un certo punto la cantante si reca a Roma per un’audizione, il sarto la deve ospitare nella casa dell’amico e cerca di gestire una doppia vita in due appartamenti diversi. Finisce che la moglie di Banfi s’innamora dell’amico playboy e va a letto con lui, mentre il povero sarto va sempre in bianco e le busca di santa ragione dal fidanzato della Fenech. Il finale mostra Lino Banfi in carrozzella ingessato da capo a piedi che ha perso l’uso della parola. Martino lo fa precipitare addirittura giù per una scalinata ironizzando su La corazzata Potëmkin (1926). L’intreccio del film si ispira alla pochade teatrale e alla rivista, soprattutto per quel che riguarda il personaggio del fidanzato geloso e forzuto. La commedia degli equivoci è il punto forte della pellicola, una vera e propria pochade condominiale tra portieri curiosi, vicini impiccioni, donne che vanno e vengono da un appartamento all’altro. L’accoppiata Fenech-Banfi è ai massimi livelli, la Vukotic è brava nel ruolo della moglie insoddisfatta e Cavina non stona affatto in un ruolo per lui poco usuale. Lino Banfi è insuperabile nella solita parte da pugliese infoiato e nevrotico che grida, impreca e invoca i santi con ridicoli ritornelli in italo-barese. Ricordiamo la sequenza in Vaticano quando non sa dove fare pipì e riempie di urina una bottiglia di cristallo che contiene un amaro prodotto dai frati. Il bello è che subito dopo un cardinale lo invita a bere da quella stessa bottiglia. Gianni Cavina è l’amico inseparabile che se non scopa una volta al giorno gli viene il raffreddore e che fa tremare il lampadario di Banfi quando salta sul letto con l’amante di turno. Poche parole sulla Fenech che si spoglia quasi per niente, ma d’altra parte la sua carriera è a un bivio, lei preferisce scegliere copioni più raffinati e commedie all’italiana di stampo classico. L’era dell’erotico-pecoreccio sta volgendo al termine. In questo film è una cantante lirica un po’ svampita e viene doppiata in veneto, sia quando canta che quando parla. Notevoli i suoi vestiti, forse un po’ kitsch ma elegantissimi: un completo azzurro con cappellino, un abito bianco e uno nero su cui sfoggia enormi cappelli. La pettinatura è una messa in piega classica e il colore dei capelli tende al rosso, gli occhi castani sono quelli di sempre, il sorriso è talmente penetrante che ipnotizza lo spettatore. Edwige Fenech è al culmine di una bellezza matura e le sue doti di recitazione comica sono notevolmente affinate. Vedere si vede poco: qualche sbirciata alle cosce nude sotto un vestito provocante, una mise in sottoveste di seta bianca e slip di pizzo, un paio di tette scoperte. Niente di più. Una parte sexy è quella con un gruppo di mignotte travestite da suore che danzano e ascoltano la Fenech durante una finta audizione per cantare in chiesa. La musica è rock allo stato puro e la Fenech canta ubriaca e seminuda prima di rientrare a casa per fare gli aeroplani e il cavallino con Banfi. Tra lei e Banfi le cose non vanno bene perché la prima volta è lui che fa cilecca e la seconda è lei che si addormenta. La Fenech finisce a fare la ragazza pon-pon del football americano e soddisfa la sua voglia di cantare. Un film per tutti che risulta ancora oggi di piacevole visione. Cornetti alla crema non ha mai avuto niente a che spartire con il cinema erotico ed ebbe un grande successo di pubblico. A proposito di questo film riporto il giudizio di un critico cinematografico come Giovanni Buttafava su Edwige Fenech: “L’unica tra le bellone plastificate tipo Rizzoli, Russo, Miti (ma metteteci pure la Giorgi, e anche la Muti) che dia l’impressione di porgere il proprio corpo al desiderio delle platee con torpore ironico e sornione, con una grazia quasi paesana”. A parte che non comprendo cosa sia “il torpore ironico e sornione”, però detto da Buttafava per la Fenech era di sicuro un complimento. Il film è una raccolta di gag indovinate che vengono dall’avanspettacolo e per le quali Banfi è molto tagliato. Il film invece non piace a Mereghetti che lo demolisce in due battute: “Le grazie incontestabili della Fenech e le battute opinabili di Banfi, per una piatta commedia all’italiana”. Farinotti rincara: “una commediola di nessuna originalità”. Morandini invece conclude che “se vi piace Banfi è la farsa che fa per voi, un film volgare ma in modo sano”. Date retta a me che di cinema ne ho visto tanto e di tutti i tipi, il film è molto divertente, soprattutto non altre pretese se non quella di divertire. Mica come certe commedie italiane contemporanee pretenziose e stucchevoli che non si sa bene se siano farse vestite da commedia o viceversa. Cornetti alla crema è farsa pura e semplice, pochade alla Feydeau. Da rivedere!
“Cornetti alla crema”, un film molto divertente
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