La storia incredibile di Aleksander Doba, detto Olek

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Pensate ad una persona che ha deciso di fare un giro in barca. Non un giro qualunque: la traversata dell’Oceano Atlantico. Immediatamente il pensiero va ad una delle grandi navi da crociera che solcano i mari di tutto il mondo. Vere città galleggianti con migliaia di cabine, decine di negozi, ristornati, punti d’incontro e un numero incalcolabile di piscine.

Ma quella persona vi blocca subito e vi dice che è vero che ha deciso di attraversare l’Oceano Atlantico, ma vuole farlo da solo. La mente comincia a pensare a quei velieri super-tecnologici che solcano i mari con una sola persona a bordo spinti dai venti e dalle correnti oceaniche che nessuno (finora) è mai riuscito a dominare. Di nuovo, il percorso mentale viene fermato e ci viene detto che lo farà, sì, ma su una barca a remi poco più lunga di un canotto. Non molto diverso da quelli che d’estate vediamo caricare sul tetto delle macchine dalle famiglie che cercano refrigerio sulle spiagge. Poi come se non bastasse, ci viene detto che lo farà non una sola volta ma più volte, l’ultima delle quali alla tenera età di settant’anni!

A questo punto, è normale pensare che qualcuno ha deciso di prenderci in giro. Com’è possibile che una persona ultrasettantenne possa attraversare l’oceano da sola, su una barchetta a remi e non una ma diverse volte?

Invece è tutto vero. Quella persona esiste. Il suo nome è Aleksander Doba. Olek per gli amici. Nato vicino Poznàn, in Polonia, nel lontano 1946, da giovane la sua vita è “normale” (ma cos’è normale?). Si laurea in ingegneria meccanica. Poi trova lavoro in un’azienda di prodotti chimici. Le sue avventure si limitano a qualche scampagnata nel weekend. Nient’altro.

A quasi quarant’anni, quando molti cominciano a pensare alla vecchiaia, in lui succede qualcosa. Durante una gita aziendale, fa una breve escursione in kayak. All’improvviso si accorge che il suo scopo nella vita non è quello che ha fatto fino a quel momento. Senza pensarci due volte, molla tutto. Comicia a dedicare tutto il suo tempo al kayak. Pochi anni dopo, nel 1999, sempre in kayak decide di attraversare il Mar Baltico. Viaggia per oltre 4mila chilometri con altri canoisti più giovani. Non è lui che segue loro: sono gli altri che cercano di stargli dietro. Lo seguono anche, poco tempo dopo, nella circumnavigazione del lago Baikal. Nel 2003, a 53 anni, vince i campionati “universitari” polacchi di kayak. Ma non gli basta. Niente sembra soddisfare la sua passione da esploratore. Così decide di partire dal Ghana per arrivare in Brasile, con un altro compagno su due kayak: l’idea è vogare separati durante il giorno e legare le due barchette di notte per dormire. Qualcosa va storto e il viaggio non dura molto. Olek decide allora che non farà mai più un viaggio in compagnia. Nel 2010, alla tenera età di 64 anni (!), parte dal Senegal diretto al Brasile. Con lui solo Olo, il suo kayak. Arriva stremato, ma arriva. E non si ferma: decide di continuare la sua avventura spingendosi lungo il Rio delle Amazzoni.

Tornato in Polonia molti pensano che la sua carriera da esploratore avventuriero sia finita lì e che abbia deciso di appendere la pagaia al chiodo. Invece, decide di attraversare di nuovo l’Oceano Atlantico in kayak ma questa volta percorrendo una tratta più lunga, da Lisbona fino alla Florida. La partenza è prevista per ottobre 2013. Per dissuaderlo, la moglie minaccia di non accompagnarlo al porto di partenza. Olek salpa lo stesso. Dopo mesi di remate estenuanti qualcosa si rompe. Non lui, il suo telefono satellitare. È costretto a inviare un segnale di soccorso. Una nave greca lo raggiunge per soccorrerlo, ma lui rifiuta ogni aiuto. Chiede solo che gli riparino il telefono. E riparte.Poco dopo, è costretto a fermarsi di nuovo, questa volta alle Bermuda per ripararsi dai venti sfavorevoli e per riparare il timone del kayak, anche lui vecchiotto ma indistruttibile. Riprende il suo viaggio e voga fino alla Florida dove viene accolto con grandi onori.

Riceve il premio People’s Choice Adventurer of the year dalla National Geographic Society: alla cerimonia di premiazione si presenta in jeans e si rifiuta di ringraziare in inglese.

Ma il richiamo del mare è troppo forte. A maggio 2017, riparte per una nuova avventura: la traversata dell’Atlantico al contrario, dalla costa ovest verso la costa est, dal New Jersey alla Francia. Rema per 110 giorni, tra tempeste e venti che lo costringono ad accettare l’aiuto di un mercantile di passaggio. Ma anche questa volta niente riesce a fermarlo: rifiuta ogni proposta di essere portato a terra, torna in acqua e porta a termine la traversata.

In mare Olek ha sofferto la noia. La vedeva come una forma di demenza: “Centinaia, migliaia, forse milioni di ripetizioni. In questi momenti, racconta dopo, il vero ostacolo da superare sono i pensieri. Il cervello viene rimosso dal processo”. Era così disorientato che ha iniziato a urlare “in modo da poter sentire”. Quando non riusciva a dormire, cosa quasi impossibile visto lo spazio angusto spazio nel kayak e le onde che lo sbattevano di qua e di là, Olek racconta di aver cercato conforto pensando a sua moglie, ai figli, alla nipotina, ai genitori morti. Racconta di aver parlato con le tartarughe e con gli uccelli che si posavano sul kayak per riposarsi.

Il suo insegnamento più importante è che, molte volte, la sfida che dobbiamo superare non è fisica. Per Olek la terza età sembra non esistere: smesso di attraversare l’Oceano Atlantico, si dà ai lanci con il paracadute e al volo con l’aliante (alla fine accumulerà 250 ore di volo).Ma il brivido dell’esplorazione non gli dà pace. Così decide di scalare il Kilimanjaro. Nel 2021, parte per la sua nuova avventura. Il 22 febbraio 2021, a settantaquattro anni, Aleksander Doba raggiunge la vetta del Kilimanjiaro. La scalata lo ha stremato. É stanco, ma felice. Si siede per riprendere fiato. I compagni di scalata lo chiamano per una foto. Ma lo trovano morto.

Di Olek non serve ricordare i premi, i record (pare detenga una decina di Guinnes World Records). Di lui resta l’esempio di un uomo che non ha mai cercato fama, prime pagine o spot pubblicitari. Di un uomo che non è mai fermato. Nemmeno davanti al tempo. Di lui resta il suo pensiero. A chi gli chiedeva come avesse organizzato i tempi durante le traversate dell’Oceano Atlantico rispose: “Non sono un tedesco, che pagaia sempre alle 9 del mattino”, “sono polacco. Io remo quando voglio”.

Ecco forse è proprio questo l’eredità più importante che ci ha lasciato Olek. Nessuna ostentazione, nessun clamore, nessuna voglia di apparire (nonostante la fama raggiunta, non si è mai candidato alle politiche del proprio paese o alle europee!). Quello che ha fatto, Olek lo ha fatto per se stesso. Nella sua ultima traversata oceanica, poco prima di arrivare in Francia, realizzò alcuni video con una piccola telecamera. Non per farne un documentario. Solo per rivederli con i suoi cari. Lui stesso raccontò: “Li abbiamo guardati nel suo salotto insieme a Gabriela (la moglie)”. “Tra tre settimane avrò 71 anni”, dice Olek in una di queste riprese, “Se sopravvivo”.

FOTO: Ricardo Bravo

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