La verità è che in questo Paese non esiste la memoria. I fatti, le situazioni, gli eventi, le persone passano come se nulla fosse. Dopo un immancabile clamore mediatico degno, in taluni casi, del mercato di Portaportese ci si dimentica tutto. Maggio 2019 (già 6 anni fa) scoppia il c.d. Caso Palamara dal nome del magistrato che viene preso con le “mani nella marmellata” delle nomine e che viene fatto oggetto (solo lui, cosa da notare e da annotare) sia di provvedimenti disciplinari sia di procedimenti penali.
Perché altro costume del Bel Paese è quello di cercare il “Mostro” ed il “Responsabile perfetto”, mettendolo alla berlina e nel frattempo dare la possibilità a molti di uscire dalla porta di servizio. Il Sistema, come poi verrà scritto magistralmente da Alessandro Sallusti (Direttore de Il Giornale) e dal Dott. Luca Palamara in un libro verità (che fece tanto scalpore, ma che siccome diceva la verità è stato praticamente dimenticato), gestiva le nomine degli uffici giudiziari attraverso il sistema delle correnti.
Le correnti sono alla base delle scelte dei magistrati in ruoli apicali ed in particolare in ruoli apicali nelle Procure ed in certe sedi che, per loro natura, sono importanti ( e danno rilevanza e visibilità): Roma su tutte, ma anche altre città come Napoli, Milano, Torino, Palermo, Bologna e via a scalare. Dalla inchiesta nata con lo scandalo c.d. Palamara l’unico a pagare è stato appunto il Dott. Luca Palamara e qualche altro magistrato ha avuto conseguenze meno rilevanti. Ma al di là di quanto riportato negli atti e nelle mirabili pagine dei due libri sul tema degli stessi autori vi è un dato inoppugnabile che esce da questa vicenda: le correnti all’interno del CSM condizionano la nomina e la scelta di magistrati “graditi” alle varie correnti.
I ben pensanti ed i soloni che ci sono sempre in queste occasioni subito dissero che, in realtà, si era scoperta l’acqua calda, ma così non era; non era acqua calda ma materiale probatorio assai surriscaldato e bollente, anzi, infuocato. L’inchiesta aveva messo a nudo ed alla ribalta che i magistrati italiani che andavano a rivestire i ruoli di vertice ed in particolare in Procure chiave del Paese (perché questo è il “tarlo” che attanaglia la Magistratura che non vuole la separazione delle carriere) erano soggetti ben individuati che erano “graditi” alla “spartizione” politico-giudiziaria delle correnti.
Questa è la verità. Infatti, dove venne fuori il problema più grande? Venne fuori alla nomina del Procuratore di Roma che, come diceva un noto politico della prima Repubblica, il Presidente Giulio Andreotti, vale la bellezza di tre ministeri. Il Potere e la sua spartizione, questo è emerso dalla inchiesta Palamara. E la prima domanda che ci si deve porre è se è lecito che il potere giudiziario si muova con questi criteri. L’inchiesta sul “Sistema” (come fu definito) fece emergere il frazionamento delle correnti e l’essenza di appartenere ad esse (addirittura con il coinvolgimento di membri dell’allora CSM in carica). Ha dimostrato che, in realtà, il sistema correntizio dei magistrati governava le nomine nei vari uffici giudiziari ed era (in taluni casi) scisso dal merito e dalle qualità del singolo magistrato.
Luca Palamara era stato il Presidente di ANM (Associazione Nazionale Magistrati), ovvero, una compagine sindacale che ha la rappresentanza dei magistrati e che al suo interno è divisa e frazionata in correnti “politico-sindacali” che, con qualche approssimazione, si rifanno all’arco costituzionale (come si diceva, in maniera desueta, un po’ di tempo fa). Occorre fare alcune ulteriori e non inutili considerazioni in merito all’ANM. In primo luogo, è nella sua rappresentanza (quasi) sempre rappresentata da un segretario che è un Procuratore (o un sostituto).
Non è un mistero che l’ANM è “gestito” da procuratori e che il ruolo del “procuratore” è prominente rispetto a quello del giudice. L’ANM – come è stato dimostrato dalla inchiesta sul c.d. “Sistema Palamara” – ha una forte influenza (o aveva) proprio in base alle correnti sulla “gestione” degli incarichi e l’attribuzione delle nomine in ruoli e settori della Giustizia apicali. Ovvero – sperando di essere chiari – ANM (e la sua frammentazione “politico-sindacale”) si riflette nella compagine togata all’interno del CSM (che è organo di valore costituzionale). Il CSM (per la compagine togata) è quasi del tutto espressione della rappresentanza di forza “politico-sindacale” che promana da ANM. Questo è un passaggio cruciale e sostanziale: un organo costituzionale quale il CSM che è l’autogoverno della Magistratura ed è il simbolo della sua indipendenza è formato nella sua compagine togata da magistrati che sono “teleguidati” nelle votazioni per il CSM da ANM.
Ecco il potere di ANM: il governare i membri togati del CSM secondo logiche non di merito, ma di appartenenza prima di tutto del magistrato che entra a far parte del CSM e poi del magistrato che viene incaricato. Il motivo per il quale ANM è “forte” è questo. Vi è da capire se tutto ciò sia legittimo in un contesto ed un assetto costituzionale. Occorre affrontare un ulteriore tema: il ruolo del magistrato. Se è vero che a nessun cittadino può essere impedito di avere un credo religioso, una idea politica e di manifestare è pure vero che il magistrato è un soggetto che si inserisce in un quadro molto più complesso che è rappresentato dalla tripartizione dei poteri.
Il potere giudiziario a cui è demandata l’applicazione della legge e l’esecuzione della giustizia in nome del popolo sovrano è formato a sua volta da persone che hanno le loro individualità. Non sono pubblici dipendenti qualsiasi e sono soggetti che operando si muovono nell’alveo del rispetto della legge promanata dal Parlamento e che amministrano la giustizia secondo la legge nell’interesse del popolo italiano. La loro funzione è molto chiara e le riforme che sono alle porte nulla toccano di ciò (anzi, semmai, le rafforzano).
Il punto è, semmai, un altro: i magistrati nella loro espressione di diritti individuali (anche quello sindacale) hanno snaturato il ruolo imparziale che è una prerogativa dell’ordine giudiziario e del singolo magistrato. Qui siamo ad un bivio – che è stato ampiamente superato e debordato con il “Sistema Palamara” – o si sceglie una magistratura libera ed indipendente da favori anche politici o ci dobbiamo abituare a magistrati “sindacali” che stridono e si contrappongono con il ruolo istituzionale del potere giudiziario ai tre poteri.
Il Presidente della Repubblica nomina il primo ministro, ratifica le leggi poi pubblicate in Gazzetta Ufficiale ed è Presidente del CSM. Esso è il garante istituzionale e costituzionale della tripartizione ed imparzialità dei poteri. Pertanto, la questione principale è che ANM, divisa in correnti politiche, incide sulle elezioni dei membri togati del CSM e, quindi, pone l’equilibrio necessario per una forza numerica che svolge in due settori: gli incarichi apicali (ribadiamo, soprattutto, della Procura) ed i procedimenti disciplinari. Con tali condizioni ANM ha il controllo reale ed effettivo del CSM e i magistrati che vogliono fare carriera o non vogliono subire sanzioni disciplinari devono adeguarsi ai desiderata delle correnti presenti in ANM. Tutto quanto, diciamo, sappiamo che verrà negato, ma il “Sistema Palamara” dimostra il contrario e la manifestazione improvvida e, forse, anche qualcosa di più, nelle varie corti d’Appello del 25.01.2025 dimostra che i nostri dubbi sono ampiamente fondati.
Questo è il reale motivo della opposizione di parte della Magistratura rispetto alle riforme votate dal Parlamento della Repubblica italiana. Quindi, ben venga la separazione delle carriere, la formazione di due CSM, il sorteggio segreto dei membri togati (che evita la spartizione), una nuova normativa (legge ordinaria) sulla responsabilità per colpa grave dei magistrati e la formazione di collegi distrettuali di Corte di Appello che decidono. La protesta della Magistratura (di alcuni magistrati) contro riforme votate dal Parlamento (eletto con il voto parlamentare) è una cosa mai vista che pone grandi temi di riflessione sia istituzionale sia costituzionale.
Non è questione – come sostengono alcuni – di sottomissione della Magistratura (ed in particolare del PM) al potere esecutivo è questione molto più complessa e tali atti possono andare a ledere il rapporto istituzionale tra i poteri. Le leggi vengono presentate, discusse ed approvate dai rappresentanti votati dal popolo e se esse riguardano la magistratura non può la stessa compiere atti di contrasto ad un altro potere. È un atto inconcepibile e contro la Costituzione.
Peraltro, nel caso specifico, va detto che denota anche la strumentalità di tale iniziativa, visto che l’art. 104 Cost. non è toccato dalla riforma. Ma il punto vero è il metodo. Il punto vero è che questa riforma è necessaria per restituire proprio alla Magistratura quel ruolo super parte che le compete. La Magistratura deve uscire da logiche di “fazione” ed essere quello che i costituenti volevano: un potere autonomo ed indipendente al servizio del popolo sovrano.