L’Abate Don Mercurio Ferrara: un illuminato riformatore dell’istruzione nel Regno delle Due Sicilie

Articolo di Francesco Ferrara

La figura dell’Abate Don Mercurio Ferrara (1785-1866) emerge come quella di un intellettuale illuminato e riformatore nel panorama culturale del Regno delle Due Sicilie durante la prima metà del XIX secolo. Il suo contributo più significativo si colloca nell’ambito della riforma dell’istruzione pubblica, dove dimostrò una notevole apertura verso metodi didattici innovativi e una profonda comprensione dell’importanza dell’educazione come strumento di progresso sociale.

Nato a Piana degli Albanesi nel 1785, in una famiglia di tradizione religiosa greco-albanese (il padre era un sacerdote di rito greco), formatosi al Seminario Italo- Albanese, fondato dal Venerabile Servo di Dio Padre Giorgio Guzzetta, nel quale studiò tra gli altri Francesco Crispi, Ferrara si distinse fin da giovane per le sue capacità intellettuali e organizzative. La sua formazione, che univa la tradizione religiosa alla cultura classica, gli permise di sviluppare una visione ampia e moderna dell’istruzione, che si sarebbe rivelata fondamentale nel suo successivo ruolo di riformatore.

Il suo primo incarico significativo come direttore della Real Stamperia nel 1806, quando aveva appena ventun anni, dimostra il precoce riconoscimento delle sue capacità. Questo ruolo gli permise di essere al centro della vita culturale siciliana, in un periodo di grandi trasformazioni. La Real Stamperia era infatti un centro nevralgico per la diffusione della cultura e delle idee nel Regno, e Ferrara seppe gestirla con una visione moderna e dinamica.

Ma è nel campo dell’istruzione che l’Abate Ferrara dimostrò la sua più grande lungimiranza. Come segretario della Commissione di Pubblica Istruzione, presieduta dall’Abate Domenico Scinà, si fece promotore di importanti riforme didattiche. Il suo interesse per il “metodo del mutuo insegnamento” o “metodo lancastriano” è particolarmente significativo. Nel 1822 pubblicò due opere fondamentali: “Sul Metodo Normale che si osserva in Sicilia e sul metodo lancastriano” ed “Esame di un opuscolo pubblicato dall’Abate Pizzolati in difesa del metodo normale di Sicilia”, nelle quali analizzava e confrontava i diversi sistemi didattici.

L’adozione del metodo lancastriano, introdotto dal governo borbonico nel 1817, rappresentava una vera e propria rivoluzione pedagogica per l’epoca. Questo sistema, che prevedeva l’utilizzo degli alunni più capaci come tutori dei compagni meno avanzati, era particolarmente innovativo per diversi motivi. In primo luogo, permetteva di gestire classi numerose con risorse limitate, un aspetto cruciale in un’epoca in cui l’istruzione pubblica stava iniziando a diffondersi. In secondo luogo, introduceva un elemento di partecipazione attiva nel processo di apprendimento, anticipando concetti pedagogici che sarebbero stati sviluppati molto più tardi.

La modernità del pensiero di Ferrara si evidenzia anche nella sua capacità di comprendere l’importanza di un approccio sistematico all’organizzazione scolastica. Come “Uffiziale di carico” presso la Real Segreteria per gli Affari ecclesiastici in Sicilia, contribuì a strutturare un sistema educativo più ordinato e efficiente.

Il suo impegno culturale non si limitò all’ambito educativo. Nel 1830, come Segretario generale, fu incaricato di creare una biblioteca e un museo, dimostrando una visione moderna del ruolo delle istituzioni culturali nella società. Il suo lavoro nella redazione dell’inventario del Regale Museo d’Antichità e belle Arti nella Regia Università degli Studi di Palermo (1836) testimonia un approccio metodico e scientifico alla catalogazione e conservazione del patrimonio culturale.

La sua opera “Viaggio a Pestum”, pubblicata nel 1827, lo colloca tra i “grandi viaggiatori” del suo tempo, rivelando un interesse per l’osservazione diretta e la documentazione dei beni culturali che anticipa metodi moderni di ricerca archeologica e storico-artistica.

Un aspetto meno noto ma significativo della sua biografia è la sua appartenenza alla Carboneria (tessera n. 753 della Tribù Carbonara), che rivela il suo orientamento progressista e il suo impegno per il rinnovamento sociale e politico. Questa adesione agli ideali liberali si conciliava con il suo ruolo ecclesiastico in modo originale, dimostrando una capacità di sintesi tra tradizione e innovazione tipica degli intellettuali più illuminati del suo tempo.

L’attività dell’Abate Ferrara si inserisce in un periodo cruciale per la storia dell’istruzione nel Regno delle Due Sicilie. Il Concordato del 1818 e il decreto del 1821 avevano rafforzato il ruolo della Chiesa nell’educazione, ma Ferrara seppe interpretare questo ruolo in modo progressista e innovativo. La sua visione dell’istruzione come strumento di progresso sociale si rivela particolarmente moderna, soprattutto considerando il contesto storico in cui operava.

Come esaminatore di lingua greca e membro della commissione di pubblica istruzione di Palermo, Ferrara contribuì anche al mantenimento di alti standard accademici e alla valorizzazione della cultura classica, dimostrando come tradizione e innovazione potessero coesistere in un progetto educativo moderno.

La sua morte, avvenuta a Palermo il 3 gennaio 1866, chiuse una vita dedicata al rinnovamento culturale e educativo della Sicilia. Il fatto che il suo atto di morte fu redatto dall’allora assessore al Comune di Palermo, prof. Avv. Luigi Sampolo, testimonia il riconoscimento della sua importanza nella vita culturale dell’isola.

L’eredità dell’Abate Ferrara continua a essere rilevante oggi. I suoi contributi alla riforma dell’istruzione, il suo impegno per l’innovazione didattica e la sua visione di un’educazione inclusiva e efficace anticiparono molte delle questioni che ancora oggi sono al centro del dibattito pedagogico. La sua capacità di coniugare tradizione e innovazione, il suo approccio sistematico all’organizzazione scolastica e la sua comprensione del ruolo sociale dell’istruzione lo rendono una figura di notevole modernità.

Il fatto che venga citato in numerosi studi contemporanei, dalla storia dell’Università di Palermo agli studi sulla scuola popolare ottocentesca, dimostra come il suo pensiero e la sua opera continuino a essere rilevanti per comprendere lo sviluppo dell’istruzione pubblica in Italia. La sua figura rappresenta un esempio illuminante di come, anche in periodi storici complessi, sia possibile promuovere il rinnovamento culturale e sociale attraverso l’innovazione educativa.

La modernità del pensiero dell’Abate Ferrara risiede soprattutto nella sua comprensione del ruolo dell’istruzione come strumento di progresso sociale e nella sua capacità di proporre e implementare riforme concrete per realizzare questa visione. In un’epoca in cui l’accesso all’istruzione era ancora limitato, il suo impegno per metodi didattici innovativi e per un’organizzazione efficiente del sistema scolastico rappresentava una visione decisamente avanzata, che in molti aspetti mantiene la sua attualità anche nel contesto educativo contemporaneo.

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