Molti giovani non sanno scrivere in corsivo

Articolo di C. Alessandro Mauceri

Secondo uno studio condotto dal Policlinico Umberto I di Roma e dall’Università La Sapienza, nelle scuole primarie italiane, un ragazzo su cinque ha difficoltà nello scrivere in corsivo.

Un problema che non riguarda solo gli studenti italiani. Anche negli USA sono stati riscontrati casi analoghi. Il cosiddetto “corsivo unito”, a lungo considerato un’arte morente, negli Stati Uniti d’America, è tornato ad essere oggetto di ampi dibattiti dopo che alcuni studi avevano dimostrato il  reale valore di questo stile di scrittura per l’apprendimento e le implicazioni globali del suo abbandono oltre che i potenziali benefici per il cervello degli studenti.

Recentemente alcuni Stati USA hanno reso obbligatorio l’insegnamento del corsivo nelle scuole. Ultima ad unirsi a questo gruppo di Stati a stelle e strisce, la California: anche qui, tra una crisi legata agli incendi e una siccità divampante è stata resa obbligatoria l’istruzione in corsivo. Secondo la neuroscienziata californiana Claudia Aguirre, “sempre più ricerche neuroscientifiche supportano l’idea che scrivere in corsivo, soprattutto rispetto alla dattilografia, può attivare specifici percorsi neurali che facilitano e ottimizzano l’apprendimento generale e lo sviluppo del linguaggio”. Anche Kelsey Voltz-Poremba, professore associato di terapia occupazionale presso l’Università di Pittsburgh, è dello stesso avviso: “Quando la scrittura a mano è più autonoma per un bambino, gli consente di dedicare più energia cognitiva a capacità visuo-motorie più avanzate e di avere risultati di apprendimento migliori”.

Karin James, professoressa di scienze psicologiche e cerebrali all’Università dell’Indiana, ha condotto ricerche sull’apprendimento del corsivo da parte di bambini dai quattro ai sei anni. I suoi studi avrebbero confermato che imparare le lettere tramite la scrittura a mano è in grado di attivare nel cervello parti che non vengono attivate digitando su una tastiera. E tra queste un’area nota per svolgere un ruolo nella lettura.

Un’altra ricerca condotta da Virginia Berninger, professoressa di psicologia educativa all’Università di Washington, ha confermato che corsivo, scrittura a stampatello e dattilografia utilizzano funzioni cerebrali correlate ma diverse.

Tutti questi risultati pongono di fronte ad un quesito: se la conoscenza della scrittura in corsivo è così importante, come mai la si è abbandonata? Il punto è che l’insegnamento del corsivo, negli Stati Uniti d’America come in altri paesi, non è standardizzato in tutti i distretti scolastici e la sua importanza non sarebbe riconosciuta da tutti gli insegnanti. “Quasi due dozzine di Stati  hanno aggiunto un requisito per l’insegnamento della scrittura corsiva per i gradi da tre a cinque nei loro standard educativi statali”, ha dichiarato Kathleen S. Wright, fondatrice e direttrice esecutiva di The Handwriting Collaborative , un’organizzazione educativa che insegna approcci di best practices per l’insegnamento della scrittura in corsivo agli studenti. “Tuttavia, questo non è un requisito che viene imposto o finanziato, quindi l’insegnamento di tutte le forme di scrittura a mano non viene affrontato in modo coerente”.

“Nel nostro programma di scrittura a mano basato sulla comunità per i giovani in età scolare presso l’Università di Pittsburgh, abbiamo notato che spesso i genitori si lamentano che i loro figli hanno difficoltà a scuola e che non hanno imparato a scrivere perché usano principalmente il computer o [un] dispositivo simile”, ha dichiarato Voltz-Poremba. I movimenti necessari per digitare sono gli stessi indipendentemente dalla lettera che viene digitata, afferma. Questo impedisce ai più piccoli la possibilità di sviluppare capacità di elaborazione sensoriale che derivano dalla formazione e dalla comprensione delle lettere.

Anche in Canada il corsivo era diventato obsoleto. Ma nel 2023 le istituzioni hanno adottato un cambio di “programma”: il Ministero dell’Istruzione dell’Ontario, ad esempio, ha ripristinato il requisito di insegnamento della scrittura corsiva.

Tra i paesi dell’OECD, confrontando le classifiche globali del 2022 del Programma per la valutazione internazionale degli studenti (PISA) per il rendimento in lettura dei quindicenni, è emerso che gli Stati Uniti d’America erano al nono posto, molto indietro rispetto a paesi come Singapore, al primo posto, e Giappone, al terzo, paesi dove gli studenti erano al top anche nelle prove di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM).

Sebbene in alcuni paesi dell’Europa occidentale (come Spagna, Portogallo e Francia) la scrittura corsiva sia ampiamente insegnata, i risultati sono molto diversi tra loro. Nel Regno Unito, la  revisione della ricerca Ofsted del governo britannico ha confermato che “il curriculum nazionale richiede ai bambini di imparare la scrittura a mano non unita [ovvero il corsivo] prima di iniziare a usare alcuni dei tratti diagonali e orizzontali necessari per unire le lettere”. In altri paesi la situazione è diversa. In Svizzera si insegna solo la scrittura di base. Nel 2016, anche la Finlandia ha eliminato la scrittura corsiva nelle scuole.

Una diversità di approcci che è sintomo di scarsa condivisione delle politiche in questo settore così importante. La scrittura a mano viene spesso vista come un’alternativa alla tastiera del computer.

E in Italia? Qui i ricercatori, dopo aver analizzato i dati raccolti per due anni, sono giunti  a conclusioni sorprendenti: il 21,6% dei minori è a rischio di sviluppare problemi di scrittura, il 10% presenta una scrittura “disgrafica” e circa il 5% soffre di disturbi specifici come quelli legati alla coordinazione motoria o alla dislessia (i disturbi di apprendimento vanno dal 5% al 15%).

Secondo gli esperti, si tratta di problemi che potrebbero essere legati all’utilizzo eccessivo dello stampatello su smartphone e computer, ma anche dal metodo di apprendimento adottato nelle scuole. “Se per la lettura è assodato che il metodo di apprendimento più efficace per tutti i bambini è quello fono-sillabico, per la scrittura non si è ancora aperto il dibattito educativo”, hanno dichiarato gli autori della ricerca. Gli studiosi hanno identificato tre-quattro stili di scrittura utilizzati per insegnare il corsivo a scuola, ma spesso alcuni di questi sono ritenuti inutili e obsoleti.

Il punto è che la scrittura in corsivo non è un’abilità innata maacquisita. Un’abilità che richiede metodi d’insegnamento che si soffermino sullo sviluppo di dimensioni che vanno dalle abilità visuo-spaziali alla motricità fine, dalla corretta impugnatura della penna o della matita ad una corretta postura.

In altre parole, scrivere parole in corsivo unendo le lettere dell’alfabeto è più complicato che scriverle in stampatello. Per questo in alcune scuole primarie le maestre non insegnano più il corsivo e alle medie è troppo tardi per apprendere questi automatismi in modo naturale. La conseguenza è che spesso i ragazzi che arrivano in prima media non sanno scrivere in corsivo.

Anche alcune metodologie didattiche sono controproducenti: l’uso delle LIM ha fatto sì che spesso non ci siano più insegnanti obbligati a scrivere alla lavagna in corsivo.

Così l’uso del corsivo nella scrittura, fino a qualche decennio fa assolutamente naturale (nelle scuole si insegnava “calligrafia” ovvero bella scrittura) oggi fa discutere. Alcuni lo considerano una prassi antiquata, altri lo vedono come una difesa estrema per evitare la compromissione delle capacità cognitive e dello sviluppo del pensiero nei bambini. “Se non gli viene insegnato, non possono imparare” ha dichiarato una mamma su un gruppo, “Far imparare a tutti i bambini il corsivo perché alcuni non vogliono impegnarsi in seguito è una perdita di tempo per i bambini che stanno imparando contro la loro volontà”.

Resta da capire quanti leggeranno questo articolo scritto in corsivo.

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