Fatto «per seguire la canoscenza»:
diario di un’esperienza che attraversa «il bel paese là dove ‘l sì suona»
«E la bella Trinacria, …»
(Paradiso, VIII, 67)
[…] l’isola del foco,
ove Anchise finì la lunga etate».
(Paradiso, XIX, 131-132)
Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l’Adice percosse,
(Inferno. XII, 4-5)
Il prossimo 5 settembre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella città di Ravenna, aprirà le celebrazioni del settecentesimo anniversario (1321-2021) della morte di Dante Alighieri. La dipartita del sommo Poeta da questo mondo verso «l’amor che move il sole e l’altre stelle (Paradiso, XXXIII, v. 145) avvenne nella città «bizantina» il 13 o 14 settembre.
Nell’anno accademico 1994-1995 assieme a poco più di otto, dieci colleghi molto probabilmente preso per incantamento ho seguito il corso di Filologia e critica dantesca diretto magistralmente dal professore Nicolò Mineo. L’amore, la passione, lo studio per la conoscenza e lo studio del più grande poeta della letteratura italiana ed europea sono nati nella stanza-studio del professore Mineo.
Il Sommo Poeta e la sua poetica sintetizzano sì le tendenze, i gusti, i topoi, la cultura – tout court – della letteratura italiana delle Origini ma è soprattutto la «forza innovatrice» (Ferroni) della Comedia a figurare e a fondare un nuovo mondo letterario e linguistico («ex linguis gentes, non ex gentibus linguae exortae sunt») quale quello italiano.
La lettura, l’analisi, lo studio dei canti danteschi era illuminato da uno dei grandi libri del Novecento: Letteratura europea e Medio Evo latino. Un manuale classico, enciclopedico tradotto e pubblicato in italiano dopo quaranta anni dalla sua prima edizione (Berna, 1948). Un libro straordinario che oltre a operare un’analisi storico-strutturale e comparativa delle metafore e dei temi dall’Antichità ai nostri giorni fronteggia e in parte risponde alla difficilissima domanda (come superare la «cultura della crisi» in Europa e dell’Europa?) suggerendo di attraversare l’intera letteratura occidentale dai Greci al Novecento: «[…] ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici».
Attraversato ed irrobustito dalle lettere umane e divine (ho conseguito anche il Grado accademico di magistero in scienze religiose grazie al quale lavoro come docente di religione) la poesia e il magistero dantesco accompagnano la mia identità di membro della Società Dante Alighieri – Comitato di Bolzano ed anche di intervistatore/esaminatore PLIDA. La mia continua formazione (Bildung) ed edificazione umana e professionale riceve anche dalla Divina Commedia e dalla sua eccezionalità una forza, un’energia (enèrgheia) che feconda e mette in moto uno specifico processo vitale. Essa rappresenta bene la parabola e il cammino dell’umanità nella sua totalità. È un’opera unica anche per la sua stretta connessione didascalico-educativa tesa alla felicità; è il contenuto d’una straordinaria esperienza volta sempre ad «alzare le vele per correr miglio acque».
La vita, le esperienze, le opere dell’Alighieri hanno una incredibile ed ineffabile capacità di relazione con le nostre più svariate esistenze. Nella figura di Dante (poeta, esule, ambasciatore, papà) e nella sua variegata (per stile, lingua, genere letterario, ecc…) opera ognuno di noi trova una parte di sé. La letteratura, in generale, la Commedia in particolare sono un tesoro di parole, emozioni, colori, luci, ombre che ampliano l’esplorazione dei mondi delle nostre identità: «[…] ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici»..