Pietro Mennea – La freccia del Sud è un film che fa bene al cuore, perché ci ricorda che un tempo ci sono stati gli eroi, i campioni veri, da imitare e da additare come simboli per i nostri figli. Impegno e dedizione erano il loro credo, riuscivano a coniugare passione per lo sport e studi universitari, amavano donne vere e non veline televisive, si comportavano come atleti e non come personaggi da Isola dei famosi. Pare impossibile ma un tempo simile è esistito, ché ricordo di averlo vissuto, il mio idolo era Sandro Mazzola, ma Gianni Rivera e Aldo Agroppi – piombinese come me – non erano da meno. Bando alle nostalgie, parliamo di cinema.
Ricky Tognazzi è il regista migliore per raccontare lo sport, sin dai tempi di Ultrà (1991), ora specializzato in fiction e miniserie Tv, ma capace di portare l’atmosfera del vero cinema sul piccolo schermo. Mica è così facile, soprattutto non è da tutti, fa piacere vedere come ci riesca bene, come già avevamo apprezzato ne Il caso Enzo Tortora (2012). Tognazzi è anche regista che sa parlare al cuore, come ha dimostrato in Canone inverso (2000), capace di costruire storie di un certo spessore partendo dalla realtà, soprattutto se collabora alla scrittura Simona Izzo, sceneggiatrice e regista di grande valore. “Ricordati Pietro, tu ti sei ispirato a migliaia di generazioni e migliaia di generazioni si ispireranno a te”, afferma Luca Barbareschi – ispirato interprete del ruolo di Luciano Vittori – ed è il leitmotiv di un film che racconta la breve ma intensa vita di Pietro Mennea (1952 – 2013), tratta da La grande corsa (autobiografia scritta dallo stesso atleta), sfruttando la consulenza di Luciano Vittori e Manuela Olivieri, oltre alla collaborazione del giornalista Gianni Minà.
Fonti di prima mano, quindi, assolutamente verificate e certe, pur se un po’ romanzate – ma non troppo – per esigenze spettacolari. Il regista ci mostra Mennea poco prima della gara dei 200 metri piani di Mosca 1980, al termine della quale diventerà campione olimpico, e da lì ripercorre a ritroso le tappe di una carriera esaltante, che lo portano da Barletta alla conquista del mondo. Interpreti bravissimi, sia Riondino nei panni del protagonista che Barbareschi come credibile Vittori, un personaggio vero, ben delineato a base di gesti (le sigarette) e sfumature (il carattere burbero). Bene anche Elena Radonicich nei panni di Manuela, amore di una vita conosciuta all’Università e sostegno nei momenti difficili per un uomo che meritava una donna fuori dal comune.
Ottima fotografia dai toni pastello, bei flashback onirici e tuffi nel passato con mirabile descrizione pittorico – scenografica degli anni Settanta – Ottanta. Montaggio non consequenziale, che raggiunge l’obiettivo di narrare la vita del campione, tra salti biografici coerenti e decisivi. Il film ha avuto il sostegno di Apulia Film Commission e le riprese sono state effettuate in otto settimane a Casamassima (Bari), Barletta, Bisceglie, Formia e nella Repubblica Ceca. Guardatelo, ché su Rai Replay lo trovate ancora. Fatelo vedere ai vostri figli. Visti i tempi lo scambieranno per una pellicola di fantascienza…