Lo scandalo Datagate risale al 2013: in una intervista al Guardian, un ex consulente informatico, Edward Snowden, entrato in possesso di un numero enorme di file mentre lavorava per la Booz Allen Hamilton e per la Nsa, azienda che collabora con il Dipartimento della difesa e i servizi d’intelligence degli Stati Uniti, denunciò attività di spionaggio a danno di ignari cittadini statunitensi e stranieri da parte dell’agenzia statunitense, sin dal 2001.
Una raccolta indiscriminata di tabulati telefonici di milioni di cittadini statunitensi, ottenuti con la complicità di aziende di telecomunicazioni e senza l’autorizzazione dei giudici. Poco dopo si scoprì che anche gli utenti di Google, Facebook, Apple e altre aziende statunitensi erano stati messi sotto controllo, nell’ambito di un programma di sorveglianza di massa chiamato Prism. I dati raccolti erano stati registrati e catalogati grazie a un software segreto, chiamato Boundless informant.
Intanto, per motivi di sicurezza, Edward Snowden era stato costretto a nascondersi a Hong Kong, prima, e in Russia, dopo.
A fine giugno, il Guardian scrisse che esistevano chiare responsabilità da parte dei governi: la Nsa, National security agency, aveva controllato dati e metadati anche grazie ad un altro programma, Stellar Wind (pare autorizzato dalla legge del 1978, il Foreign intelligence surveillance act, reintrodotta da Bush nel 2004 e prorogata da Obama nel 2012).
I servizi segreti statunitensi (e britannici) avrebbero intercettato i telefoni di centinaia di migliaia di passeggeri sui voli Air France e di altre compagnie aeree. Poco dopo, il sito Cryptome rivelò che gli Usa avevano intercettato anche decine di milioni di telefonate in Italia e in Spagna e la Germania scoprì che anche il telefono della cancelliera Angela Merkel (molti leader si resero conto di essere stati intercettati per anni!).
L’Nsa si difese. Prima cercando di negare la raccolta dei dati sensibili, poi, davanti all’evidenza, affermando che era uno strumento essenziale nella lotta al terrorismo (citando il caso di quattro persone, residenti a San Diego, condannate nel 2013 per aver aiutato un gruppo terroristico somalo, al Shabaab. Una strategia che si era rivelata presto sbagliata: la Corte d’appello aveva dichiarato queste affermazioni “in contrasto con i documenti classificati”).
A gennaio 2014, lo scandalo costrinse il presidente Obama ad annunciare profondi cambiamenti all’Nsa. Ma ci volle più di un anno perché, nel giugno del 2015, il Congresso approvasse una legge che ribadiva che i tabulati telefonici potevano essere controllati solo dopo l’autorizzazione di un giudice. Il nocciolo della questione è proprio questo: per fare tutto questo è necessaria l’autorizzazione della magistratura o le varie agenzie di “sicurezza” possono farlo da sole, magari inviando una semplice nota che fa riferimento ad una legge antiterrorismo ad un qualche ufficio ministeriale?
Affermando che i file finiti nelle mani di Russia (e Cina?) mettevano in pericolo gli agenti segreti in missione, Snowden venne rinviato a giudizio con l’accusa di spionaggio. Le autorità e alcuni media fecero di tutto per distruggere l’immagine e la reputazione dell’ex consulente informatico.
Ma, dalla località segreta in cui si nascondeva (si dice a Mosca), Snowden rilanciò affermando che “In nessun caso la sorveglianza di massa ha dato un contributo rilevante nelle indagini contro il terrorismo”, anzi, spesso i controlli di massa avrebbero portato fuori strada le indagini e non sarebbero serviti a prevenire gli attentati!
Oggi, a distanza di sette anni dalla prima denuncia, il caso Snowden è tornato a far parlare di se: la Corte d’Appello Usa ha riconosciuto che il programma di intercettazioni di massa delle telefonate degli americani da parte della National security agency americana (Nsa) era illegale e che i leader dell’intelligence mentirono cercando di giustificare il proprio operato pubblicamente.
Per i giudici, le intercettazioni di milioni di telefonate effettuate senza mandato, avrebbero violato il Foreign Intelligence Surveillance Act.
“Non avrei mai immaginato che sarei vissuto per vedere i nostri tribunali condannare le attività della Nsa come illegali e nella stessa sentenza vedermi attribuito il merito per averle rivelate”, è stato il commento di Edward Snowden in un tweet.
La sentenza colpisce duramente i vertici dell’intelligence americana. Ma secondo l’American Civil Liberties Union la condanna della Nsa è una “vittoria per i diritti alla privacy”.
In tutto il mondo la violazione della privacy è ormai una costante e chi lo fa spesso si nasconde dietro l’alibi della “sicurezza nazionale”. Esemplare il caso dell’Olanda. Due anni fa, in attesa di approvare una legge che avrebbe dato ad alcune agenzie nazionali poteri simili alla Nsa, vennero raccolte più di 380.000 firme e venne indetto un referendum, ma solo consultivo. Dalla consultazione popolare emerse la volontà popolare di non approvare questa legge (sebbene con una maggioranza risicatissima).
Tutto inutile: il Parlamento ha approvato lo stesso la legge. Molte associazioni dei diritti umani sono scese in campo per dire No: nella sua relazione annuale sul paese, Amnesty International ha condannato la legge, sottolineando che i nuovi poteri affidati alle agenzie di sicurezza violerebbero le leggi sui diritti umani, “A luglio è stata adottata la legge sui servizi d’intelligence e sicurezza, che ha conferito loro vasti poteri di sorveglianza, minacciando i diritti alla riservatezza, alla libertà d’espressione e alla libertà dalla discriminazione” si legge nel rapporto.
Tutto inutile: il Parlamento ha continuato nel suo cammino (nell’indifferenza quasi totale del Parlamento e della Commissione UE), approovando una legge che permette ad alcune agenzie di effettuare intercettazioni anche senza l’autorizzazione della magistratura: “Non è escluso che i dati di civili innocenti possano essere raccolti durante un’indagine. Tuttavia, non appena si scopre che questi dati non sono rilevanti, vengono immediatamente distrutti.
Ciò riguarda dal 95 al 98 percento dei dati. […] I dati che rimangono devono essere scartati entro e non oltre tre anni, a meno che non siano rilevanti per lo studio”. AIVD (l’Agenzia di Sicurezza e Intelligence olandese) e il Servizio militare di intelligence hanno quindi la possibilità di ottenere informazioni da qualsiasi device (smartphone, computer, smart-tv). Un modus operandi che mina il concetto stesso di privacy e la sicurezza dei dati a livello internazionale dato che il database segreto di ogni cittadino può essere condiviso con le intelligence di paesi stranieri senza prima filtrarlo.
Ma non basta: per far capire a tutti chi comanda in Olanda, il Parlamento ha deciso di abrogare la legge sui referendum consultivi (forse per non correre il rischio di dover prendere decisioni impopolari?).
La legge sul trattamento dei dati è stata approvata ed è operativa. Ancora una volta, dati e metadati possono essere prelevati e gestiti senza l’autorizzazione della magistratura. Informazioni apparentemente innocue ma in realtà importantissime (specie se raccolte e analizzate in massa). Forniscono un quadro perfetto delle abitudini dei cittadini, delle loro amicizie, del tipo di lavoro che svolgono e molto altro. In altre parole informazioni utilissime ma no per la sicurezza ma forse per scopi sociali e commerciali.
Anzi, ad Aprile 2020, è stato istituito un comitato per utilizzarne i dati per la lotta al Covid 19 (!). Un gruppo di lavoro ristretto che avrà tra i propri compiti “l’ammodernamento dei poteri dei servizi e il rafforzamento delle garanzie”. E c’è già chi parla di una nuova legge per estendere il potere di controllo di questa legge: “Con solo i metodi di intelligence tradizionali come il monitoraggio, l’osservazione, la ricezione di conversazioni telefoniche dalle onde radio e dal traffico radio e intercettazioni mirate, l’AIVD e il MIVD minacciano di perdere informazioni”.
Magari anche “effettuando intercettazioni “via cavo””, come si legge sul sito del ministero. Almeno ufficialmente per l’identificazione precoce di attacchi pianificati, radicalizzazione, attacchi informatici e spionaggio. https://www.rijksoverheid.nl/onderwerpen/bevoegdheden-inlichtingendiensten-en-veiligheidsdiensten/vraag-en-antwoord/waarom-is-een-nieuwe-wiv-nodig
Tutto giusto. Almeno fino a quando, anche qui, non verrà fuori che questi dati erano usati per altri scopi. Ma per questo bisognerà aspettare un nuovo Edward Snowden…