“Sono sempre stato un personaggio scomodo e ho filmato la realtà senza cedere a compromessi”, ha detto Gualtiero Jacopetti durante la conferenza stampa di presentazione della serata in suo onore organizzata dalla Fondazione Cinema per Roma. Niente di più vero. Basta vedere l’accanimento con cui certa critica intellettuale e di sinistra ha sempre distrutto i suoi film innovativi e trasgressivi.
Jacopetti ha incontrato la stampa alla considerevole età di novant’anni dopo essere stato per anni vituperato e relegato a un fastidioso ruolo di polemista fascista. Non è cambiato perché la lucidità e l’animosità polemica sono quelle di sempre. Si è scagliato contro il cinema italiano che giudica prigioniero di due mali difficili da estirpare come provincialismo e ideologia.
“Il nostro cinema affronta sempre le stesse storie che al di là delle Alpi non vengono capite. Devo confessare che anche oggi, quando vedo in programma un film italiano, mi passa la voglia di andare a vederlo. È una mia mancanza, lo ammetto, che forse nasce dal ricordo che ho del cinema degli anni Sessanta e Settanta”.
Il Comune di Roma ha celebrato un illustre cittadino di adozione, pure se Jacopetti è toscano di Barga, lucchese purosangue, per natura e carattere polemico e scomodo. Il regista vive in via Monte alle Gioie, una stradina che si arrampica su una collina davanti al parco di Villa Ada, la Villa Savoia dei romani meno giovani. La sua casa è all’ultimo piano di una palazzina anni Cinquanta, un piccolo attico con una terrazza piena di fiori e nidi di merli, un vero e proprio rifugio per un regista dimenticato.
“I critici italiani hanno definito il mio cinema come trash. All’estero Mondo cane e Africa addio sono oggetto di culto e di studio. In Italia mi hanno dato del fascista, del razzista, mi hanno accusato persino di strage per le riprese di Africa addio. Fui calunniato, perseguitato, denunciato: impiegai un anno per dimostrare la mia innocenza e alla fine sono stato assolto con sentenze che vennero pubblicate a pagina ventisette dai giornali che mi avevano distrutto. Ero invidiato, credo, perché ero un bell’uomo che piaceva alle donne, ero bravino come giornalista e come cinematografaro, me ne fregavo delle mode. L’Italia è un paese di provinciali e di conformisti, purtroppo”.
La serata in onore di Jacopetti ha mostrato alcuni film importanti come Mondo cane e Africa addio, che sono una pietra miliare della cinematografia italiana. Andrea Bettinetti ha fatto vedere al pubblico il suo documentario L’importanza di essere scomodo, prodotto da Gabriella Manfrè, ma pare che Jacopetti sia un personaggio ancora scomodo perché il film sulla sua vita non trova distributori.
Gualtiero Jacopetti che parla a ruota libera è irrefrenabile. “Quando Silvio Berlusconi ha vinto le elezioni, gli amici mi hanno chiamato per dirmi che finalmente era arrivato il mio momento e sarei tornato a fare film. Invece nessuno a pensato a me e io non ho mai cercato Berlusconi. Era inevitabile, lui è un apolitico, è uno che fa il suo mestiere.
Quando lo conobbi, era il 1981, lo trovai un seduttore, un uomo gradevole, generoso. All’epoca collaboravo con Il Giornale del mio grande amico Indro Montanelli, di cui lui era editore. Voleva offrirmi la direzione delle sue televisioni: mi aveva promesso carta bianca. Andai al Grand Hotel. Lui arrivò, la faccia era cambiata, mi disse: Sa, Jacopetti, i socialisti non la vogliono. Chiuso”.
Parla anche dell’accusa di fascismo che spesso gli è piovuta addosso. “Non sono mai stato fascista. Ho ancora le lettere dei partigiani ai quali ho salvato la vita. Sono un liberale alla Ostellino…”
Jacopetti ha trascorso una vita avventurosa, piena di colpi di scena, scandali, tradimenti, arresti clamorosi, entrate e uscite dalle prigioni africane, italiane, giapponesi. Accusato per due volte di aver violentato minorenni (Roma e Tokyo), processato per i film, per i documentari e per gli articoli. Jacopetti ritiene di essere stato vittima di assurde macchinazioni.
“Non ho mai fatto niente a nessuno. Sono sempre stato al centro di calunnie e montature. Non ho rimpianti per quello che ho vissuto. Sono innamorato della vita, del mare, delle piante. Sono amico delle mie ex. Mia figlia vive in Inghilterra ed è il mio vero amore assoluto. Non ho rancori né invidie”. Gualtiero Jacopetti è un uomo realizzato, anche se per essere celebrato e rivalutato in Italia ha dovuto attendere di compiere novant’anni.