Benvenuti nel Sud di Mario Fortunato (Bompiani, 2020), in questa specie di piccola Macondo mediterranea. Ma se lì è tutto incandescente, modellato dalla feroce lussureggiante tropicale immaginazione di Marquez, qui, nel Sud di Fortunato, tutto invece è più soave, aereo, bagnato da una luce crepuscolare, soffusa, la luce del ricordo. La vita del Notaio, dell’Avvocato, di Tamara, del Farmacista, di figli fratelli che hanno attraversato il secolo fino all’erede Valentino, l’intreccio di gioie dolori solitudini morti che ne costituisce la trama, cade sotto lo sguardo delicato, amorevole di Fortunato. Persino le asperità di una terra dolorosa e arsa si sciolgono nella sua lingua rotonda. È la lotta tra ricordo e oblio, il tentativo di salvare qualcosa “al processo di inesorabile rovina a cui va sempre incontro il nostro passato”, il tentativo di raccogliere un’eredità, a forgiare la Macondo calabrese di Fortunato. Il ricordo, questa materia friabile ed evanescente, è l’unico ritorno possibile per Valentino, spinto lontano da “questa terra di barbari” (come la etichetta Tamara), che asseconda con la sua vita il destino di abbandono a cui da sempre è condannato il sud, un ricordo prima negato e poi ritrovato. L’unico ritorno possibile per Valentino è ripercorrere a ritroso le vite che lo hanno preceduto, consapevole che sostare nel campo della memoria significa sostare su un confine scivoloso, il confine tra realtà e sogno. La geografia del ricordo è contigua con le chimere del sogno.
Dentro questo vortice di vite assieme toccate dalla storia e da essa respinte, c’è una sorta di iceberg, che appare e scompare, si inabissa e torna a bucare la superficie, fino a diventare la sostanza stessa della vita di Valentino, la sua vocazione. L’amore per i libri, l’amore per la letteratura, che è assieme impasto di realtà e possibile, assieme fedeltà alla terra e suo continuo tradimento.
“Se prima apparteneva alla categoria di quegli esseri irragionevoli e precari che chiamiamo amanti, adesso Valentino si era iscritto a un gruppo più ristretto ma altrettanto irragionevole e precario, quello dei lettori. Scoprì la letteratura e la amò come aveva fatto con Cecè. Tuttavia non sostituì una cosa con l’altra, non collocò i libri al posto dell’amico, perché l’amore è sempre più grande di chi si ama e pertanto seppe che poteva amare entrambi. In pratica, mise lui il mondo alla rovescia”.
Sud ci consegna un atto di amore per la letteratura. Per il privilegio che è la sua sostanza. Più della storia, più delle tombe, più dei monumenti, è la letteratura l’illusione capace di custodire lo scarabocchio, il geroglifico assieme prezioso e inconsistente, labile come una scia di fumo, che è la vita. La vita di tutti noi.
Foto: Dino Ignani