Traduzione, letteratura e musica. Ma è possibile far viaggiare parallelamente queste diverse, benché simili, sensibilità?

Articolo di Imma I.

La traduzione è sempre una nota dolente per qualsiasi opera, l’autore spera infatti che sia rispettata fino in fondo la sua sensibilità, sia che si tratti di letteratura, di cinema, o di musica.

Sono moltissimi i lavori che in ristampa devono essere modificati perché il traduttore non ha reso bene un concetto, o si è lasciato trasportare dalla superficialità del momento nel tradurre una singola parola. È anche vero che, quello del traduttore, non è affatto un mestiere semplice, occorre estrema sensibilità per rendere perfettamente sovrapponibile quello che lo scrittore voleva dire nella sua lingua originale.

È il dilemma di fronte al quale si trovano spesso a discutere i critici letterari: si può trasferire davvero bene in lingua occidentale un autore orientale?

La risposta non è ancora assolutamente certa. Eppure, c’è un mondo ancora più sottile dove le traduzioni sono più che necessarie per le evocazioni dei paesaggi immaginari, ed è il mondo musicale.

Dico spesso che letteratura e musica viaggiano parallele. Ma è possibile far viaggiare parallelamente queste due diverse, benché simili, sensibilità? Non mi riferisco solo alle traduzioni delle canzoni da un paese all’altro, ma anche alle trasposizioni in musica da un’opera letteraria a un testo orchestrato.

Una delle figure di riferimento per la mia vita e per la mia carriera è stata sicuramente Fernanda Pivano, abile traduttrice, donna di cultura e di lettere, è stata testimone diretta di eventi importantissimi per la crescita culturale del nostro Paese. Storica la sua amicizia con Fabrizio de André, e c’è un motivo per cui li cito insieme, questo motivo è l’album del cantautore genovese “Non al denaro non all’amore né al cielo”, completamente dedicato a Edgar Lee Masters e ispirato al suo “Spoon river”, testo letterario reso in italiano proprio dalla bravissima traduttrice genovese.

Lo stesso De André in un’intervista alla Pivano confessa come fosse rimasto colpito dall’opera di Lee Masters, perché in ognuno di quei personaggi aveva trovato un po’ di sé:

“È chiaro che la virtù mi interessa di meno, perché non va migliorata. Invece il vizio lo si può migliorare: solo così un discorso può essere produttivo”.

Sono moltissimi gli artisti, i cantautori, italiani che hanno trovato ispirazione nella letteratura, interpretandola e rendendola in versi secondo il loro stile; anche Angelo Branduardi, sapiente cantore dalle melodie rinascimentali, si è cimentato con abili traduzioni. Ne sono un esempio i suoi lavori: “Confessioni di un malandrino”, per il cui testo si è ispirato proprio a una poesia di Sergej Esenin; e il suo nono album “Branduardi canta Yeats”, dedicato completamente all’opera di William Butler Yeats, mettendo in musica dieci poesie dello scrittore irlandese.

Sul fronte estero è più difficile affrontare il tema delle traduzioni, la maggior parte dei musicisti ha trasposto in musica opere già nate in lingua inglese o americana, fanno eccezione i Velvet Underground che con la loro “Venus in furs” musicano l’opera dell’autore ucraino Leopold von Sacher-Masoch.

Il profondo e sublime David Bowie, invece, in “The Supermen”, si ispira a “Così parlò Zarathustra” di nietzschiana memoria. Atmosfere arabeggianti per il post-punk dei “The Cure”, con la canzone ‘Killing an Arab’, tratta dal romanzo “L’Étranger” (Lo straniero) di Albert Camus, la canzone fu presentata come il loro primo singolo in assoluto.

Anche i Police traggono ispirazione da un’opera diversa dalla loro lingua e lo fanno attraverso le parole di ‘Don’t stand so close to me’ rifacendosi alla “Lolita” di Vladimir Nabokov.

I Dire Straits ci provano con ‘Telegraph Road’ ispirandosi a Knut Hamsun, il norvegese premio Nobel per la letteratura nel 1920. Riescono benissimo, anche i Rolling Stones, con ‘Sympathy for the Devil’, contenuta nell’album Beggars Banquet, e ispirata a “Il Maestro e Margherita”, dello scrittore russo Mikhail Bulgakov.

Arriviamo al grunge dei Nirvana che nella loro ‘Scentless apprentice’ si rifanno a “Il Profumo” di Patrick Süskind. Per andare a cercare nelle opere di nicchia c’è anche il concept album “Zarathustra” dei Museo Rosenbach, tutto ispirato all’opera di Nietzsche, proprio come succede per il già citato David Bowie.

Il Teatro degli Orrori canta e ricorda “Majakovskij”, mentre i Marlene Kuntz ricordano Osip Mandel’štam, nella loro “Osja, amore mio”. Franco Battiato, oltre ad aver trasposto magnificamente in italiano ‘La canzone dei vecchi amanti’ del cantautore francese Jacques Brel, si concede anche ritmi orientali con il testo di ‘Apriti Sesamo’, che si rifà a “Le mille e una notte”.

Meravigliose scoperte ci riserva la letteratura, magnifici panorami se si affianca alla gioia della musica, effetti notevoli e vibranti se il tutto serve a toccare corde sublimi dell’animo umano e a riavvicinare le culture attraverso l’arte antica della traduzione

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