Dal 2003, ogni anno, il 10 ottobre, si celebra la Giornata mondiale contro la pena di morte. Non in tutti i paesi del mondo, però: ancora oggi, sono 56 i paesi nei quali è legittima (anche se quelli dove realmente vengono eseguite condanne a morte sono meno). Dei paesi che hanno messo al bando la pena capitale (142), sette l’hanno vietata salvo per reati eccezionali (in tempo di guerra, ad esempio) e trenta sono abolizionisti de facto dal momento che pur essendo ancora vigente non sono state eseguite condanne a morte da almeno dieci anni.
La pena capitale è ancora comune negli USA: solo pochi giorni fa, in piena corsa per le presidenziali, per mezzo di una iniezione letale è stato ucciso Christopher Vialva condannato per essere tra gli esecutori di un duplice omicidio avvenuto nel 1999, quando aveva solo 19 anni. Molti hanno visto questa decisione come un gesto politico visto che Vialva è afroamericano e che la corsa alle elezioni presidenziali è ormai in vista del traguardo.
Nonostante l’ostinazione di Washington e del Giappone (tra i paesi occidentali) di fare ricorso alla pena capitale, nel 2019, le esecuzioni capitali sono diminuite. Lo scorso anno ci sono state 657 esecuzioni (quasi due al giorno), un numero altissimo ma minore rispetto a quello degli anni precedenti (690 nel 2018 e 993 nel 2017).
Discorso diverso quello che riguarda la Cina: nessuno sa quante sono, ogni anno, le esecuzioni capitali in Cina (ma si stima che siano moltissime). Anche in Vietnam i dati relativi alle esecuzioni sarebbero coperti dal segreto di stato.
In Europa la pena di morte è stata abolita in tutti gli stati tranne due, dove non è più praticata, e uno, la Bielorussia, dove invece è ancora legale. Ultimo paese a mettere a bando la pena di morte il Kazakhstan. Anche la Russia ha emesso una moratoria sulla pena di morte (l’ultima esecuzione risale al 1999).
Unione europea e Consiglio d’Europa hanno ribadito la propria opposizione alla pena capitale in ogni circostanza e ne hanno chiesto l’abolizione universale. In occasione di questa ricorrenza, agli stati del Consiglio che non hanno ancora aderito ai protocolli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e al secondo protocollo facoltativo, e al Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, è stato rinnovato l’invito a promuovere un dibattito aperto sugli ostacoli che bloccano il loro cammino verso l’abolizione.
L’UE cerca di combattere la pena di morte in doversi modi, ad esempio, vietando il commercio di merci e prodotti che potrebbero essere utilizzati per la pena di morte e aiutando le organizzazioni della società civile nei paesi che ancora applicano la pena di morte, a svolgere azioni di documentazione e di sensibilizzazione. L’Unione europea, come osservatore permanente dell’ONU, agisce anche in altri modi. Nel 2015 ha votato una risoluzione sulla pena di morte che condannava il suo uso per sopprimere l’opposizione, oppure per ragioni di credo religioso, omosessualità e adulterio.
La Coalizione mondiale contro la pena di morte ha dedicato il 2020 al “diritto alla rappresentanza legale effettiva”. “È essenziale che i sistemi giudiziari forniscano le risorse per preparare una difesa effettiva, compresi, se necessario, efficaci servizi di traduzione e interpretazione”, si legge nel documento ufficiale. La violazione di questo diritto fondamentale colpisce soprattutto le fasce più deboli della società, persone che spesso non hanno i mezzi per permettersi avvocati esperti.
Fu proprio questo uno dei motivi che, nel 2003, spinse la Coalizione Mondiale Contro la Pena di Morte (che riunisce organizzazioni non governative internazionali, ordini degli avvocati, sindacati e governi di tutto il mondo che parteciparono al Primo Congresso Internazionale contro la pena di morte a Strasburgo, nel 2001), a chiedere di dedicare una giornata internazionale a questo annoso problema per sensibilizzare gli stati che ancora mantengono la pena di morte.
(Foto di www.artspecialday.com)