Un giorno in pretura (1954), un film memorabile

Articolo di Gordiano Lupi

Regia: Stefano Vanzina detto Steno. Soggetto: Lucio Fulci. Sceneggiatura: Lucio Fulci, Steno, Alessandro Continenza, Giancarlo Viganotti e Alberto Sordi. Fotografia: Marco Scarpelli. Montaggio: Giuliana Attenni. Musica: Armando Trovajoli. Produttori: Dino De Laurentiis, Carlo Ponti, Gianni Hecht Lucari. Interpreti: Peppino De Filippo, Walter Chiari, Sophia Loren, Ubaldo Lay, Silvana Pampanini, Alberto Sordi, Leopoldo Trieste, Armenia Balducci, Paolo Carletti, Tuti Pandolfini, Virgilio Riento, Amalia Pellegrini, Vincenzo Talarico, Maurizio Arena, Maria Piazzai, Venantino Venantini, Tania Weber, Giulio Calì e Cesare Bettarini. Durata: 97’. Bianco e Nero.

Un giorno in pretura (1954) è un film memorabile che gode di molti sequel e pessime imitazioni, basato sui casi di cronaca quotidiana che si presentano al giudice Peppino De Filippo. Commedia a episodi sceneggiata da Lucio Fulci, Sandro Continenza, Alberto Sordi, Giancarlo Viganotti e Steno, collegata da alcuni personaggi ricorrenti come il giudice e il testimone. Molto bravi gli attori: Alberto Sordi, Leopoldo Trieste, Walter Chiari, Ubaldo Lay, Sophia Loren e Silvana Pampanini. Momenti sexy cominciano ad affiorare: Armenia Balducci tradisce il marito, l’ex soubrette Pampanini adesca clienti e Walter Chiari redime Sophia Loren. Alberto Sordi è protagonista di un episodio molto originale con il personaggio di Nando Moriconi, il povero borgataro con il mito del Kansas City, che nuota nudo in un fiumiciattolo. Gualtiero Jacopetti interpreta – non accreditato – un affascinante avvocato.

La pellicola rappresenta un esempio imitato negli anni Settanta e Ottanta, un raccoglitore di casi giudiziari che fanno da cartina di tornasole per raccontare la vita italiana. Peppino De Filippo ascolta casi di abbandono del tetto coniugale, preti che fanno a botte nei bar, resoconti di tradimenti, storie di ex ballerine che adescano clienti e altri esempi di varia umanità. Gli episodi sono un vero e proprio spaccato di vita italiana del dopoguerra, trasudano neorealismo da ogni fotogramma, ma percorrono una via propria, quella della commedia a episodi che racconta la vita.

Walter Chiari è un ottimo prete che per difendere il denaro dei suoi ragazzi provoca una rissa in un bar e redime una bella borseggiatrice come Sophia Loren. Leopoldo Trieste è un fidanzato integerrimo, figlio di un deputato democristiano non rieletto, che vuol difendere la sua reputazione in tribunale ma si fa soffiare la fidanzata da un avvocato galante. Alberto Sordi è un aitante ragazzone accusato di aver nuotato nudo in una marrana e dà vita al personaggio di Ferdinando Meniconi, americano de Roma, che nel successivo Un americano a Roma (1954) si chiamerà Moriconi. Un’invenzione geniale, come idea e interpretazione, che trasferisce al cinema il sogno di tanti giovani italiani che vivono una realtà modesta, immaginando Kansas City e il mito statunitense. L’episodio più poetico ha come protagonisti Peppino De Filippo e Silvana Pampanini ed è costruito tra ricordi e dissolvenze. Il giudice assolve una vecchia fiamma, un mito del passato, l’ex ballerina Gloriana, accusata di adescamento, perché ricorda quando in tempo di guerra danzò per loro prima di andare al fronte. Il giovane soldato dovette cederle la stanza per dormire, ma la donna salvò il suo onore facendo credere a tutti di aver passato la notte con lui. Ottimo il finale con il giudice che discutere la sua decisione con il busto di Cicerone. “Non è così facile assolvere o condannare, caro Cicerone. Questi non sono mostri, ma povera gente!”, dice. Arriva la domenica e il giudice decide di andare allo stadio per veder giocare il figlio nella Lazio. Non sopporta che il ragazzo guadagni molto più di lui senza aver mai voluto studiare, ma adesso pensa che forse ha fatto bene perché recita un ruolo più semplice del suo. Nei posti popolari il pretore incontra Ferdinando Meniconi, condannato per atti osceni il giorno precedente, e tra loro comincia una rissa che come per gli altri casi di poco conto finirà in pretura.

Un giorno in pretura segna la nascita della commedia a episodi ed è pura commedia all’italiana che fa sorridere con amarezza e al tempo stesso fa pensare. La pretura è vista come il luogo dove gli italiani confessano i loro vizi, si dirimono piccole controversie di ogni giorno, si svelano retroscena di un mondo piccolo fatto di tradimenti, furti, prostituzione e arte di arrangiarsi. Affiorano i primi elementi di commedia erotica alta con le sequenze rubate di Armenia Balducci che tradisce il marito e si mostra parzialmente senza veli mentre riceve l’amante in casa propria. Altri elementi sexy una borseggiatrice come Sophia Loren che nasconde il malloppo nelle giarrettiere e Silvana Pampanini, affascinante ballerina che canta per i soldati in succinti abiti di scena. 

Mi faccia causa (1984) di Steno è una sorta di stanco remake di Un giorno in pretura, interpretato da Christian De Sica, Stefania Sandrelli, Gigi Proietti, Enrico Montesano, Giorgio Bracardi, Franco Fabrizi, Maurisa Laurito e Franco Javarone. Il pretore Pannisi (De Sica) vede sfilare una serie di sfortunati casi umani, piccoli delinquenti e truffatori sui quali è chiamato a decidere con indulgenza. Questo abusato meccanismo mostra la corda sin dalle prime sequenze e dà vita a una prevedibile commedia a episodi che si regge sulla bravura degli interpreti. Stefania Sandrelli rappresenta la componente erotica della pellicola come impiegata statale che arrotonda lo stipendio facendo massaggi molto particolari. Gigi Proietti è un ladro che diventa amico del figlio del derubato, mentre Enrico Montesano è un pugile suonato che porta sfortuna… Tra i protagonisti della varia umanità incontriamo un disoccupato che tira a campare, un mafioso, due tifosi di calcio, ladruncoli, imbroglioni e falsi testimoni. Non tutti gli sketch sono riusciti. La sceneggiatura è di Enrico Vanzina, ma il film non ha lo smalto del lavoro di riferimento e i collegamenti con l’attualità sono modesti. Non sarà l’ultimo, né il peggiore degli imitatori di un modello inimitabile.

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