Sarebbe facile parlare della politica estera italiana criticando l’attuale inquilino della Farnesina, ma i problemi dell’Italia partono da molto lontano e non appaiono facilmente risolvibili. L’Italia sembra non nutrire alcuna propensione verso la geopolitica e la politica estera e ha in pochi anni perduto tutte le sfide che le si ponevano nel Mediterraneo, il “mare nostrum”.
Dopo che la Francia ha deciso di abbattere il regime di Gheddafi, la Libia, la nostra quarta sponda, è ormai una partita che ci riguarda ben poco, e viene decisa da turchi, russi e francesi. La stessa Turchia avanza minacciosamente nel Mediterraneo, stringe accordi persino con l’Albania, su cui non riusciamo ad avere lo stesso peso nonostante gli storici rapporti, e minaccia le trivellazioni dell’Eni.
In ambito europeo la situazione non è migliore. All’interno dell’Unione Europea la nostra rilevanza è scarsa, e oggi anche i partiti anti-europei si sono resi conto che senza l’approvazione dell’Europa non è possibile governare nel nostro paese. Ma questa Europa è sempre più a trazione tedesca, con una Germania che con i casi Navalny e il sostegno alle proteste in Bielorussia sembra voler dettare nuovamente legge anche nei rapporti dell’UE con l’esterno, soprattutto in chiave anti-russa.
In tutto questo l’Italia è ormai presa dai problemi di casa propria, senza riuscire da tempo ad ottenere successi all’esterno, né a mostrarsi come una potenza credibile, ma più che altro rischiando di diventare un terreno di caccia per le reali potenze che si stanno facendo largo in questi anni. È grave non essere in grado di esprimere una qualche iniziativa nel Mediterraneo e vedere la Grecia ben più attiva di noi nel proteggere i propri interessi. La cosa paradossale è che l’Italia sembra non avere questi o altri interessi, dato che l’unica preoccupazione in politica estera pare quella di fermare le ondate migratorie.
Il lungo intervallo di tempo sotto l’ombrello della Nato ci ha fatto credere che l’immobilismo in politica estera non abbia delle conseguenze tangibili e che le guerre e gli scontri per l’egemonia siano solo un vago ricordo del passato, ma molto sembra tuttavia muoversi all’esterno. Potenze che devono fronteggiare crisi interne, come la Russia e la Turchia, sembrano voler compensare i problemi in casa con una politica imperiale da cui noi, soprattutto nel secondo caso, rischiamo di finire schiacciati.
C’è una mancanza di visione strategica in Italia e poca comprensione nell’opinione pubblica dell’importanza di quello che succede al di fuori del nostro cortile di casa. Per alcuni paiono questioni lontane dalla vita di tutti i giorni, per un’altra parte della società sono solo proclami da retorica nazionalista. Entrambi sottovalutano il fatto che non avere alcuna presa sulla Libia significa non avere alcun controllo sul flusso migratorio di cui parlavamo sopra, per fare un semplice esempio, e lasciare agli altri la possibilità di minacciare di destabilizzarci controllando le rotte e gli scafisti. Perdere il rapporto privilegiato che abbiamo con l’Albania, per farne un altro, significa lasciare l’iniziativa ad altri in uno stato che si trova a un braccio di mare da noi, ad una distanza potenzialmente minacciosa. Ancora più immediate sono le conseguenze della nostra mancanza di forza e credibilità in Europa.
Questi, come altri casi, dimostrano come tutto è interconnesso e la politica estera ha delle conseguenze sulla politica interna.
Noi però lo abbiamo dimenticato.