La persona che scrive questo articolo ha 29 anni, non è disillusa e fa parte di una generazione che è stata accusata da molti di tutti i Mali del mondo. Tra cui: una scarsa voglia di fare, una poca attenzione al mondo che ci circonda, una mediocre preparazione al contesto sociale politico in cui ci troviamo.
E quando le accuse hanno consumato le parole che le hanno veicolate, ci sono stati i rimproveri silenziosi: gli sguardi di disgusto e disapprovazione quando qualcuno ti guarda solo perché sei al cellulare, o perché cammini per le vie della tua città con gli amici. La colpa della sconfitta della precedente generazione deve essere riscatta da qualcuno, o da qualcosa. Ciò che non tutti hanno potuto fare per la società, è andato a formare una voragine di rimorsi e aspettative sulla generazione, la mia, colpevole di non averne soddisfatto le aspettative. O, talvolta, nemmeno di averle messe in evidenza. E ciò riguarda tutto: trovare un lavoro fisso, migliorare la politica, fare una famiglia entro tot anni, trovare una casa, prendere un mutuo, avere sei bambini, sistemarsi.. e così via. Sono le aspettative e i rimproveri di persone che in anni decisamente migliori e laboriosi, hanno trovato luogo e radici in un mondo favorevole e propenso a credere nelle persone, a concedere lavori senza avere esperienza, a finanziare nelle imprese, a fidarsi nei giovani.
Ciò oggi è impensabile; o quanto meno, lo è ma bisogna venire a patti con chi si parla. Il lavoro non è mai regalato, e viene reso chiaro dall’alto tasso di disoccupazione in Italia, ma ora è passato sotto ulteriori filtri per migliorare le assunzioni. Filtri, che per altro possono risultare sbagliati, antiquati addirittura dannosi se si vuole promulgare una politica di assunzioni. Nonostante ciò, la mia generazione è pregna di persone che vogliono mettersi in gioco e sfidare la spada di Damocle che pende sulla loro testa. “Trovare un lavoro fisso” è diventata una frase di pari significato de “ho vinto alla lotteria”. Ma se per quanto concerne la lotteria riguarda la fortuna di comprare il biglietto vincente, nel lavoro ci si prepara con una formazione rigida ed eclettica, e la possibilità di incontrare persone che credono, senza giudicare a partire da ovvietà, chi si trova davanti.
Sono tanti i giovani che parlano, che progettano, che propongono idee, che si muovono nella direzione di costruirsi un futuro migliore, roseo e soddisfacente. E se le azioni non bastano, e se non cedere alle provocazioni dei politici che definiscono i giovani dei “mammoni”, che cosa serve? Davvero bisogna credere sempre e solo nella raccomandazioni? O, esiste anche qualcosa di più?
Se la speranza è l’ultima a morire, di certo non verrà preceduta dai giovani. Né dal loro cosmo di potenzialità.
Né dalla loro dignità.
Grazie a Francesco Petroni. Lui capirà.
Foto: arcipelagomilano.org